Di Maio: “Un fondo per le startup anche con i soldi delle casse previdenziali”

Pubblicato il 06 Set 2018

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Dopo la recente audizione del ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio davanti alle commissioni riunite Attività produttive, Lavoro e Affari sociali della Camera, le forze di maggioranza tornano a parlare di Industria 4.0 con un intervento di Luca Carabetta, vice presidente commissione Attività Produttive, e Federico D’Incà, questore della Camera, entrambi del M5S, pubblicato su Agenda Digitale.

Mentre Di Maio aveva dichiarato che “Impresa 4.0, secondo l’ultimo rapporto Istat, sta funzionando” e aveva parlato di miglioramenti per quanto riguarda le procedure burocratiche, i due parlamentari parlano di “impatto limitato” del piano visto che “le imprese che ancora oggi non utilizzano tecnologie 4.0 né hanno in programma interventi futuri in tal senso rappresentano la grande maggioranza della popolazione industriale, pari all’86,9% del totale”, citando la recente indagine del Ministero dello Sviluppo Economico.

E anche per i celebrati incentivi le percentuali di utilizzo, aggiungono, non sono così alte. “Le imprese 4.0, infatti, dichiarano di avervi fatto ricorso nel 36,8% dei casi, contro il laconico 12,8% di quelle tradizionali. Capillare diffusione dell’innovazione tecnologica nel paese? No, troppo spesso semplice sostituzione di vecchi macchinari”.

Focus sulle persone

Secondo i due esponenti pentastellati l’accento deve essere posto più che sui macchinari pesanti sulle persone, le vere protagoniste di questa rivoluzione. Per questo occorre investire “nelle idee, nella formazione, nella creazione di reti tra stakeholder”. A partire dalle scuole superiori per arrivare a chi già lavora tutti devono essere coinvolti in un ampio processo formativo che vede al centro lo Stato Innovatore “efficiente, digitalizzato, sburocratizzato, aperto”.

Il fondo di venture capital

Per fare tutto questo ci vogliono però soldi che in Italia non ci sono. Per questo “il Parlamento opererà già da settembre attraverso un’indagine conoscitiva. Sarà aperto un canale diretto tra istituzioni e stakeholder per capire le problematiche del venture business e individuare possibili soluzioni”. L’indagine, che potrà attingere al vasto materiale di altri analisi simili che hanno scandagliato il mondo delle imprese innovative, si occuperà in particolare dei canali di finanziamento delle startup.

Ai capitali di rischio pensa anche il ministro Di Maio che in una recente intervista a Forbes ha ribadito l’idea del fondo d’investimento già avanzata di fronte alla commissione Attività produttive.

“Da settembre facciamo partire un fondo d’investimento di venture capital per le start up innovative che metta insieme investitori privati e Casse di previdenza dei professionisti che hanno fondi disponibili”. Per avere dettagli più precisi bisognerà verosimilmente aspettare la Legge di Bilancio visto che per ora non ci sono altre indiscrezioni sul fondo e gli unici rumor in materia parlano di una proroga degli incentivi con eventuali cambiamenti per l’iperammortamento e taglio del cuneo fiscale per le imprese 4.0, mentre qualche dubbio esiste sui fondi destinati alla formazione.

Il fondo, che avrà una struttura differente rispetto al già presente Invitalia Ventures, potrebbe essere una piattaforma sulla quale fare convergere i capitali delle casse previdenziali e, ovviamente visto che viene sempre citata, la Cassa Depositi e Prestiti.

Come investono gli enti previdenziali

Alcuni enti previdenziali però l’investimento in startup lo hanno già fatto. E’ il caso dell’Enpam, l’ente previdenziale dei medici e dei dentisti italiani, che è diventato il più importante venture capitalist italiano con i 150 milioni di euro (meno dell’1% del ricco patrimonio dell’ente) investiti nel fondo Principia III.

Da qualche tempo è stata attivata poi una collaborazione tra il Fondo Italiano d’Investimento, costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti, con Assofondipensione, l’associazione che rappresenta i fondi pensione negoziali nata per iniziativa di Confindustria e dei sindacati (Cgil, Cisl e Uil).

La Cassa Forense e Inarcassa (architetti e ingegneri) a fine 2015 avevano annunciato di essere pronte a investire 20 milioni nel Fondo dei fondi lanciato su iniziativa della Cdp a sostegno delle startup e lo scorso giugno Cassa Forense ha siglato un’intesa con il Fei (Fondo europeo per gli investimenti) per il supporto della crescita delle piccole e medie imprese europee. Ogni cassa possiede un suo regolamento e un diverso approccio agli investimenti anche sulla base dell’ammontare delle risorse gestite e molte vantano già investimenti significativi in in fondi di private equity/debt, real estate, infrastrutture ed energie rinnovabili. Il sito financecommunity.it ha pubblicato una tabella con le percentuali degli investimenti alternativi delle casse che vanno dal 5% dell’Enpav (veterinari) fino al 35,2% dei Notai con altre sette casse che vantano investimenti a partire dal 20% e oltre.

Altri attori importanti, stranamente non citati da Di Maio, sono i fondi pensione che, secondo Invest Europe, l’associazione che rappresenta a livello europeo private equity e venture capital, hanno contributo negli ultimi tre anni al 30% della raccolta europea in finanziamenti alle startup. In tutto questo però manca ancora la voce della Lega che è facile prevedere sarà particolarmente attenta all’eventuale coinvolgimento delle casse previdenziali.

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Luigi Ferro

Giornalista, 54 anni. Da tempo segue le vicende dell’Ict e dell’innovazione nel mondo delle imprese. Ha collaborato con le principali riviste del settore tecnologico con quotidiani e periodici

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