Dopo un 2021 con un rimbalzo record e un – nonostante tutto – buono, molto buono, 2022, l’industria manifatturiera italiana dovrà affrontare un rallentamento, già in corso in quest’ultimo trimestre dell’anno e per buona parte del 2023, per poi tornare a riprendersi l’anno seguente.
Insomma, dopo una fase post-pandemica che ha segnato un forte recupero, per la manifattura Made in Italy la prospettiva è quella di 12 mesi delicati e in frenata, ma già si vede la luce in fondo al tunnel e in fondo al 2023.
Sono le analisi e previsioni realizzate dal centro Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo e da Prometeia, contenute nel 102esimo rapporto Analisi dei Settori Industriali, questa volta intitolato ‘Le sfide per il manifatturiero italiano: lo scenario al 2024’, presentato in streaming online.
Un rapporto fitto di numeri, bilanci e stime per il prossimo biennio. Ecco le prime evidenze: l’industria manifatturiera italiana chiuderà il 2022 con un fatturato a prezzi costanti in crescita tendenziale del 2,1%, un tasso rivisto al rialzo rispetto alle stime di maggio e decisamente robusto dopo il forte rimbalzo vicino al 16% dello scorso anno. La spinta inflativa, accentuata dalla traslazione lungo le filiere dei rincari energetici, sosterrà un ulteriore consistente aumento del fatturato a prezzi correnti: +25,2% tendenziale.
E, fin qui, è il lato più positivo della medaglia. Poi c’è l’altro lato: i buoni risultati del 2022 “celano un forte rallentamento dell’attività negli ultimi mesi dell’anno, destinato a proseguire nella prima parte del 2023, che spingerà il fatturato manifatturiero italiano verso una contrazione prossima all’1%, nella media del 2023, a prezzi costanti, e un ridimensionamento della crescita a prezzi correnti, pari al +4,2%”, anticipa Gregorio De Felice, Chief economist e responsabile Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo.
Lo shock energetico si farà sentire anche sui conti delle imprese: con Ebitda margin in calo di circa 8 decimi di punto nel 2022 e di altri 9 nel 2023. Pochi settori manterranno uno slancio positivo nel 2023, a iniziare dalla Farmaceutica (+1,6% la stima di fatturato a prezzi costanti), e dai settori più attivati dalla transizione digitale ed energetica, Elettronica (+0,7%) ed Elettrotecnica (+0,6%).
Lo shortage delle materie prime causato dalla ripresa economica mondiale e dai colli di bottiglia lungo le catene globali del valore, e gli eccezionali rincari delle commodity energetiche, conseguenza del conflitto tra Russia e Ucraina, hanno determinato un aumento dei costi operativi senza precedenti storici recenti, con riflessi di accelerazione dei prezzi lungo le filiere.
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Un 2023 con numeri in calo
I cali più consistenti nel 2023 “riguarderanno i produttori di durevoli per la casa, Mobili ed Elettrodomestici, dopo l’exploit degli anni pandemici, e i produttori di intermedi, soprattutto Metallurgia e Intermedi chimici, penalizzati dalla prudenza nella ricostituzione delle scorte dei settori a valle, a iniziare dalla Meccanica, che sconterà gli effetti del rallentamento del ciclo degli investimenti sui mercati interno e internazionale”, sottolinea Alessandra Benedini, Principal di Prometeia. Tra i settori più in difficoltà anche il Sistema Moda, che potrà però contare sulla specializzazione del Made in Italy nell’alta gamma, segmento meno colpito dalle difficoltà di reddito.
A prezzi costanti ci sarà una riduzione dei ricavi dello 0,9%, mentre a valori correnti una crescita modesta (+4,2%).
La Meccanica (-1,9%) sconterà gli effetti del rallentamento del ciclo degli investimenti sui mercati internazionali e su quello interno, dove molti segmenti hanno raggiunto livelli record nel 2022, per poi tornare a beneficiare di un quadro di domanda più espansivo a partire dal 2024.
Calerà la domanda per consumi e investimenti
La spirale inflattiva innescata dal caro commodity ed energia e le conseguenti azioni delle banche centrali stanno determinando un progressivo raffreddamento della domanda per consumi e investimenti.
L’indice Istat che sintetizza il clima di fiducia delle imprese mostra, infatti, un generale aumento delle giacenze di prodotti finiti e un contestuale ripiegamento delle componenti attese sugli ordini e sulla produzione. La fase di rallentamento è già visibile nei dati di produzione industriale, che in Italia mostra comunque un andamento tendenziale (+1,1% nei primi otto mesi dell’anno) di gran lunga migliore rispetto alla Germania (-0,7%) e simile a quello della Francia (+1,4%).
Finora l’Italia ha fatto meglio di Francia e Germania
Francia e Germania hanno avuto, peraltro, una crescita della produzione nettamente inferiore a quella italiana negli ultimi due anni a mezzo: rispetto ai livelli pre-pandemici, infatti, il manifatturiero italiano segna un incremento dello 0,3% a fronte, rispettivamente, di un gap di -6% e -5,3% dei nostri maggiori competitor europei.
La compressione dei consumi e il rallentamento del ciclo degli investimenti, che non potrà essere pienamente controbilanciato dal sostegno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), portano verso una stima di contrazione del fatturato a prezzi costanti dell’industria manifatturiera nella media del 2023 (-1,1%).
Moderato rimbalzo dell’attività manifatturiera nel 2024
“Le attese di distensione del contesto interno e internazionale, sebbene in un quadro di elevati rischi al ribasso, portano a prevedere un moderato rimbalzo dell’attività manifatturiera, nell’ordine dell’1,9%, nel 2024 e un parziale recupero della redditività”, fa notare Ilaria Sangalli, Senior economist Industry research, studi e ricerche di Intesa Sanpaolo.
La ripresa potrà essere più intensa per i settori ancora indietro nel percorso di recupero post-Covid (Autoveicoli e moto e Sistema moda) e per quelli più legati alla doppia transizione green e digitale, come l’Elettrotecnica e la Meccanica.