Innovazione sostenibile

HybriBot, il robot bioibrido per la riforestazione

L’Istituto Italiano di Tecnologia, in collaborazione con l’Università di Friburgo, ha sviluppato un robot bioibrido per la riforestazione. Questo dispositivo biodegradabile, chiamato HybriBot, può trasportare semi di diverse specie vegetali, facilitando la riforestazione di vasti territori e contribuendo alla salvaguardia della biodiversità.

Pubblicato il 13 Mag 2024

HybriBot

L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), in collaborazione con l’Università di Friburgo, ha realizzato un HybriBot, un robot bioibrido composto da una capsula realizzata in farina con tecniche di micro-fabbricazione 3D e dalle due appendici naturali del frutto dell’avena in grado di muoversi in risposta all’umidità dell’aria.

Il nuovo dispositivo può ospitare al suo interno semi naturali di diverse piante, così da essere un vettore biodegradabile da usare nella riforestazione.

Il gruppo di ricerca ha eseguito già dei test con semi di pomodoro, cicoria e salcerella, uno dei fiori preferiti dalle api, che hanno portato allo sviluppo delle piante. Per l’invenzione è stata depositata la richiesta di brevetto.

Soluzioni robotiche per affrontare i cambiamenti climatici: come funziona HybriBot

HybriBot, descritto sulla rivista scientifica internazionale Advanced Materials, nasce nell’ambito del progetto europeo i-Seed coordinato da Barbara Mazzolai, Associate Director per la Robotica dell’IIT, e dell’ecosistema dell’innovazione RAISE (Robotics and AI for Socio-economic Empowerment) finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in Italia.

Prima autrice del lavoro è Isabella Fiorello, che dopo un periodo di ricerca all’IIT nel gruppo di Mazzolai, oggi è Junior Principal Investigator al Cluster of Excellence Living, Adaptive and Energy-autonomous Materials Systems (livMatS) dell’Università di Friburgo.

L’invenzione rappresenta un’ulteriore soluzione che il laboratorio di Bioinspired Soft Robotics dell’IIT, pioniere della robotica ispirata agli organismi viventi, in particolare delle piante, ha individuato per affrontare i problemi dovuti ai cambiamenti climatici, quali la necessità di riforestazione di ampie zone e la protezione della biodiversità.

Il sistema artificiale HybriBot ha la caratteristica di unire una componente naturale – le appendici del frutto dell’avena – con una artificiale, che agisce come navicella di trasporto per semi, mantenendo le capacità di movimento e di interazione con l’ambiente dell’esemplare naturale.

Le appendici dell’avena reagiscono alla presenza di umidità, il che genera il movimento della struttura sul suolo. Questo movimento continua finché, senza alcun controllo, la pianta si insinua in una fessura nel terreno dove si ferma, permettendo al seme di germogliare.

Le appendici ruotano, si incrociano e nell’intersezione accumulano energia elastica che, quando rilasciata, muove la capsula. Il movimento di HybriBot, quindi, non è supportato da batterie o altri sorgenti di energia aggiuntive.

La capsula artificiale pesa 60 mg, circa 3 volte il peso naturale. È stata realizzata partendo dallo studio di quella naturale e dalla costruzione di uno stampo con tecniche di micro-fabbricazione 3D. Il corpo artificiale è stato creato usando della farina, ricoperta di etilcellulosa per rendere la struttura impermeabile e stabile. Una volta pronta, la capsula può essere riempita con i semi di altre piante e con sostanze fertilizzanti.

L’utilizzo di materiali biodegradabili e di origine vegetale rende HybriBot un dispositivo a basso impatto ambientale; innocuo anche nell’eventualità che un animale lo possa mangiare. Il gruppo di ricerca ha provato l’efficacia della deposizione del seme, utilizzando semi di vario tipo, quali pomodoro, cicoria e salcerella, quest’ultimo particolarmente utile in apicultura; e in diversi tipi di suolo: terriccio, argilla e sabbia.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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