Incoraggiare la motivazione e l’investimento del lavoratore nell’interazione con i cobot, evitare esperienze di ansia o monotonia, specialmente in ambienti di lavoro altamente automatizzati, promuovere l’inclusione delle persone con autismo nel luogo di lavoro. Con questi obiettivi nel 2020 è stato finanziato nell’ambito del programma europeo Horizon 2020 il progetto Mindbot sotto la guida dell’Istituto Scientifico Medea.
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MindBot, un progetto che fonde tecnologia e psicologia
MindBot, che sta per “Mental Health promotion of cobot Workers in Industry 4.0”, fonde tecnologia e psicologia, con un focus su umanità e inclusione, sfruttando tecnologie capaci di interpretare gesti ed espressioni umane e un avatar per realizzare un cobot attento alla salute mentale dell’individuo. Il progetto ha coinvolto anche consulenti con disturbi dello spettro autistico.
L’obiettivo dei ricercatori dell’Area di tecnologie applicate del Medea era di creare ambienti di lavoro in cui la complessità e la difficoltà delle attività fossero allineate alle abilità e alle competenze dei lavoratori, per promuovere motivazione e coinvolgimento nell’interazione con i cobot.
I ricercatori non si sono limitati a esaminare le implicazioni tecnologiche dell’automazione, ma hanno anche analizzato l’impatto della robotica sulle persone e sui loro sentimenti, fino a progettare un prototipo di robot collaborativo “amico del benessere mentale” del lavoratore.
I partner del progetto MindBot
La squadra di ricerca ha coinvolto, oltre al coordinatore IRCCS Medea, partner specializzati in psicologia, organizzazione aziendale, riabilitazione, interfaccia cobot-operatore umano, intelligenza artificiale, sensoristica wearable, insieme a Kuka (uno dei maggiori produttori di robot) e al Ministero del lavoro croato.
Tra gli enti che hanno contribuito al progetto l’Università degli Studi di Milano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato STIIMA, Unità di Lecco), il centro tedesco di ricerca sull’intelligenza artificiale DFKI, l’Università croata di Rijeka, l’Università tedesca di Augsburg. L’azienda coinvolta, oltre a Kuka, è la belga Biorics NV.
La diversità delle competenze dei gruppi di ricerca coinvolti è stata fondamentale per lo studio dell’esperienza lavorativa da diversi angoli, garantendo che nessun elemento fosse trascurato.
Un cobot adattato alle esigenze del lavoratore
Nella prima fase del progetto, i ricercatori si sono focalizzati sulla definizione di un quadro generale della condizione psicofisica degli operatori che interagiscono con i robot collaborativi nelle catene di produzione delle piccole e medie imprese manifatturiere.
Per raccogliere il maggior numero di dati, sono state coinvolte diverse aziende in tutta Europa. In ogni azienda, oltre all’osservazione dell’interazione uomo-robot durante i turni di lavoro, è stata organizzata una raccolta di dati mirata a ottenere informazioni relative allo stato emotivo e fisico dei lavoratori.
La seconda fase ha visto la creazione della piattaforma MindBot, realizzata grazie all’integrazione di tecnologie capaci di interpretare gesti ed espressioni umane.
“Con il CNR abbiamo sviluppato un sistema di telecamere per monitorare l’operatore durante il lavoro”, spiega Fabio Storm, ingegnere ricercatore dell’IRCCS Medea. “Abbiamo quindi stimato in tempo reale l’utilizzo dell’energia mentale e il recupero di un individuo, utilizzando come input la frequenza cardiaca e i dati sul movimento dell’utente raccolti da un dispositivo wearable; attraverso un algoritmo abbiamo poi decodificato l’espressione facciale e la gestualità del lavoratore per riconoscerne gli stati emotivi. Infine abbiamo progettato Andrea, l’avatar del cobot: attraverso un modello computazionale per la riproduzione delle emozioni umane, abbiamo codificato le informazioni su cui basare l’espressione facciale del nostro avatar, grazie al quale il cobot coinvolge l’utente nel lavoro, interagisce con lui, gli dice quando rallentare e quando spingere sull’acceleratore e, soprattutto, preserva il suo benessere mentale”, prosegue Storm.
I test di validazione della nuova piattaforma collaborativa sono stati organizzati negli scenari industriali riprodotti nei laboratori dei partner CNR-STIIMA e Università di Augsburg, coinvolgendo volontari e lavoratori.
Consulenti di progetto anche persone con autismo
Nel progetto MindBot sono state coinvolte anche persone con disturbo dello spettro autistico, che possono beneficiare in modo particolare di una piattaforma robotica in grado di sostenere continuamente le sfide derivanti dall’adattamento all’ambiente.
Numerosi volontari con autismo ad alto funzionamento sono stati coinvolti nella fase preliminare di identificazione dello stato emotivo-fisico durante l’interazione con il robot. Le informazioni emerse sui loro bisogni e necessità sono state utilizzate come ulteriori linee guida per lo sviluppo tecnico della piattaforma. Gli stessi volontari sono stati invitati a partecipare anche alla fase di validazione della piattaforma, in modo da avere un feedback diretto sull’effettiva creazione di un ambiente di lavoro più accessibile e orientato all’umanità.
“Coinvolgendo i potenziali utenti finali durante tutte le fasi del progetto, abbiamo potuto utilizzare un approccio personalizzato, che renda le tecnologie adattabili alla peculiarità di ogni singolo lavoratore, con o senza autismo, per valorizzarne l’intrinseca unicità”, conclude Maria Teresa Bassi, Direttore Scientifico dell’IRCCS Medea.
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