Il futuro del lavoro: creare più vincitori e meno vinti

Pubblicato il 12 Giu 2017

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di Mark Hutchinson, Presidente e CEO di GE Europe

Negli ultimi trent’anni abbiamo celebrato gli enormi vantaggi della globalizzazione, ma abbiamo prestato troppa poca attenzione ai suoi lati negativi. Innanzitutto dovremmo riconoscere che i benefici della globalizzazione hanno superato notevolmente i costi sia a livello globale che nei singoli paesi.

Ma se il flusso libero di beni, servizi, informazioni e persone ha reso notevolmente più elevata la qualità della vita per centinaia di milioni di persone a livello globale, la globalizzazione ha anche prodotto un gran numero di persone che hanno perso il lavoro e sono rimaste indietro rispetto alla velocità del cambiamento. I posti di lavoro persi e la paura dei lavoratori sono reali. Sappiamo che l’impatto negativo si è concentrato su gruppi e individui identificabili, mentre gli impatti positivi sono stati complessivamente più distribuiti. Ecco perché dovrebbe essere possibile migliorare le reti di sicurezza sociale sia per la globalizzazione che per l’adozione di nuove tecnologie. Possiamo e dobbiamo fare meglio per rendere i nostri cittadini pronti al cambiamento.

Operiamo in un periodo di rapidi cambiamenti con straordinari progressi nella tecnologia – tra cui l’automazione, la manifattura additiva, il machine learning e altre forme di intelligenza artificiale – che trasformeranno radicalmente la natura del lavoro nei prossimi decenni ma che produrranno anche nuovi gruppi di vincitori e vinti.

Il nostro recente libro bianco sul futuro del lavoro esamina le sfide che l’Europa deve affrontare a breve termine e oltre. In particolare si discute come le aziende e i governi debbano collaborare per dotare la forza lavoro delle giuste competenze e creare sistemi di sostegno sociale per quei lavoratori che rischiano di subire il contraccolpo dell’automazione.

Collaborare per creare altri vincitori

Secondo uno studio condotto da un think tank indipendente, l’Istituto Bruegel, nei prossimi due decenni il 54% dei posti di lavoro europei sarà interessato da una parziale automazione o da ridondanza. Ciò non significa che la metà dei posti di lavoro europei scomparirà. Significa che metà dei lavori che gli europei fanno sono esposti in qualche modo all’automazione, e che l’esposizione varia notevolmente tra le professioni.

Il compito più critico per l’industria e per i governi è quello di garantire che i lavoratori europei – non solo i giovani, ma anche quelli nelle fasi avanzate della loro carriera – siano in grado di sviluppare, affinare e aggiornare le competenze giuste per prosperare in un mondo dove il lavoro è sempre più esposto all’automazione. Ciò significa creare una formazione migliore e più ampia nelle materie tecniche come scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, lavorare all’alfabetizzazione digitale e alla padronanza dell’ICT.

Se queste competenze tecniche sono necessarie perché i lavoratori europei possano sfruttare la capacità di miglioramento della produttività offerta dalle nuove tecnologie, serviranno anche competenze più “soft”, come la capacità di gestione e le competenze interpersonali.

Queste abilità sono meno vulnerabili all’automazione e sono in grado di offrire maggiori premi salariali in tutto il mondo del lavoro. Lavorando con le conoscenze acquisite, i sistemi di istruzione a livello nazionale e regionale devono integrare meglio queste competenze “fondamentali” o “trasversali” nei loro programmi di studio, espandendo anche programmi di formazione professionale che mettano meglio in contatto i lavoratori con i datori di lavoro.

Ad esempio, in GE Europe, dove abbiamo 100.000 dipendenti, abbiamo firmato la European Alliance for Apprenticeships (Alleanza europea per l’apprendistato). Ci siamo impegnati a creare almeno 3.000 posti per apprendisti e stagisti e ad assegnare il 30% delle posizioni entry-level a laureati con formazione professionale. Ma è anche una questione di creare un collegamento più efficiente delle persone con i posti di lavoro.

A livello strutturale, ciò significa una migliore standardizzazione delle qualifiche in tutta l’UE e la creazione di una maggiore mobilità. Qui l’industria deve collaborare strettamente con Bruxelles e con i governi nazionali per sviluppare i criteri e meccanismi giusti per consentire facilmente il trasferimento delle qualifiche.

Ma l’industria ha bisogno anche di sostenere chi potrebbe perdere il posto a causa dell’automazione e riconoscere che avremo determinati obblighi e responsabilità per compensare l’impatto negativo dell’avanzamento tecnologico.

Se non lo facciamo, corriamo il rischio di creare un’instabilità sociale che minerà la crescita economica, genererà disaffezione da parte dei cittadini e, probabilmente, reazioni di carattere legislativo che soffocheranno proprio quell’innovazione che riteniamo possa offrire vantaggi a lungo termine e ampiamente distribuiti alle nostre società.

Il punto è come riformare le reti di sicurezza sociale in modo che si adattino a un mondo in cui, per una quota considerevole della popolazione, il lavoro può diventare sempre più precario e mal pagato. Più in generale, si tratta di ripensare la natura stessa del contratto sociale tra cittadini e Stati.

Crescita attraverso l’innovazione e la trasformazione digitale

L’Europa può e deve sfruttare le possibilità offerte dall’innovazione e dalla trasformazione digitale per rilanciare una crescita sostenibile in Europa. Una crescita diffusa è il presupposto fondamentale per affrontare le nuove sfide poste dalla tecnologia.

La crescita della produttività in Europa negli ultimi anni è stata lenta – in particolare rispetto agli Stati Uniti. Alcune economie europee sono state lente ad adattarsi e ad abbracciare l’ultima importante ondata di progresso tecnologico negli anni ’90 – la consumer internet. Questa volta le cose devono andare diversamente, sia nel modo in cui l’Europa creerà i vincitori nella nuova economia, sia per come dovrà minimizzare l’impatto su chi non ce la fa. L’industrial internet potrebbe essere il motore di questa crescita.


Articolo pubblicato originariamente in inglese sul sito Ge Reports. Grassetti e corsivi sono a cura della redazione di Innovation Post

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Redazione

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