2054, il “day after” della quarta rivoluzione industriale, Casaleggio: “Anticipare i problemi e intercettare le opportunità”

Con l’avvento delle nuove tecnologie – profetizza Casaleggio – il rapporto tra produttività e tempo lavorativo, che si traduce in occupazione, è cambiato e in futuro i due fattori saranno sempre più indipendenti. Entro una generazione, molte professioni scompariranno.

Pubblicato il 16 Gen 2019

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“Tutte le rivoluzioni industriali hanno avuto un forte impatto sulla società e sull’economia. È importante capire cosa sta accadendo per anticipare i problemi, ma anche per intercettare le opportunità. È chiaro che, se non cominciamo a pensare a come affrontare una trasformazione del mondo del lavoro così radicale come quella che si preannuncia, difficilmente potremo coglierne le opportunità”. A parlare, dalle colonne del Corriere della Sera, è Davide Casaleggio, presidente della Casaleggio Associati e presidente e fondatore dell’Associazione Rousseau, che sostiene lo sviluppo della piattaforma tecnologica su cui poggiano le iniziative del Movimento Cinquestelle. Nell’intervista Casaleggio commenta il video pubblicato ieri dalla sua azienda su YouTube: un contributo intitolato La Fine del Lavoro come lo Conosciamo.

Verso l’era della produttività infinita

Nel 2054 il lavoro come lo conosciamo sarà scomparso grazie all’avvento dell’era della “produttività infinita”. Il video ripercorre l’evoluzione del lavoro, ricordando le tappe più importante come l’eliminazione del lavoro minorile, l’introduzione della pensione di anzianità, la riduzione dell’orario di lavoro e la maternità.

Nel 1900 si afferma una regola non scritta: “ogni qual volta la produttività decuplica il tempo lavorativo viene ridotto di un quarto”.

Difronte al cambiamento le reazioni della società sono diverse: qualcuno tenta di rallentare il cambiamento per ridurre l’impatto dell’aumento della produttività sull’occupazione. Nel 1964, viene proposta per la prima volta la teoria del reddito minimo garantito.

Alla fine del secolo scorso l’avvento dell’automazione accelera questo processo. Negli Stati Uniti, dal 1998 al 2013 il valore del prodotto, a parità di ore di lavoro, aumenta di 3.500 miliardi di dollari. Il video poi arriva ai giorni nostri, raccontando come tutte le professioni subiscano l’impatto della trasformazione digitale.

Il futuro delle smart companies

Inizia a questo punto l’esercizio di futurismo. Si parte dal decennio compreso tra il 2020 e il 2030: i Paesi che avevano puntato sul basso costo della manodopera sono i primi ad andare in crisi per la disoccupazione di massa, anche a causa delle politiche di reshoring: i Paesi industrializzati, grazie agli avanzamenti delle tecnologie, riportano in patria le produzioni industriali. È l’era in cui il valore aziendale più grande diventa l’accesso ai clienti e non la manodopera.

Altro importante fattore di cambiamento è la concorrenza che le “smart companies” (aziende senza personale) muovono alle società tradizionali, costringendole a correre a tappe forzate lungo il sentiero dell’automazione. Uno scenario che vede aziende come Wallmart e McDonalds sottoposte a forti pressioni da competitor come Amazon e Momentum Machines. A perdere il lavoro, oltre alle cassiere, sono i trasportatori, gli autisti, i magazzinieri; qualche anno dopo è la volta dei bancari.

La fine del lavoro

Culmine di questo processo, negli anni Quaranta, sono le proteste dei clienti (si noti, dei clienti, non dei cittadini, NdA) che portano a una revisione delle politiche fiscali e a una redistribuzione del reddito.

“Il lavoro, nel 2054, è occuparsi degli altri, quello che a inizio secolo chiamavano volontariato”, conclude il video. In questi anni il concetto di ufficio scompare e la formazione dura tutta la vita con il “learning monday”, con delle verifiche sulle competenze acquisite fatte dall’intelligenza artificiale. La capacità di acquisto è garantita dal reddito di base incondizionato su scala globale, che viene finanziato con l’uso delle infrastrutture fisiche e digitali da parte dei cittadini, che ne sono proprietari. Le tasse sono utilizzate con finalità di redistribuzione del reddito.

Soltanto fantasia?

“Il video parte dall’osservazione di fenomeni già in corso, sebbene ancora non su larga scala”, commenta Casaleggio nell’intervista al Corriere. Dobbiamo prendere atto che la direzione è questa già da alcuni decenni e ora sta accelerando”.

Con l’avvento delle nuove tecnologie – prosegue – “il rapporto tra produttività e tempo lavorativo, che si traduce in occupazione, è cambiato e in futuro i due fattori saranno sempre più indipendenti. Entro una generazione, molte professioni scompariranno”, profetizza. Di qui la necessità di investire su strumenti, come il reddito d cittadinanza, che diano potere di acquisto alle classi più svantaggiate: il reddito di cittadinanza, in questa chiave di lettura, è il “primo passo verso la ridistribuzione alla comunità di questa iper-produttività delle imprese”.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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