Con la pandemia cresce l’interesse delle imprese verso Industria 4.0, ma l’adozione di tecnologie abilitanti rallenta

Secondo un’indagine di Unioncamere, la pandemia ha aumentato l’interesse delle imprese nelle tecnologie digitali che abilitano i processi dell’Industria 4.0, ma ne ha anche ritardato l’adozione. Se, da una parte, è aumentata la conoscenza delle imprese sul tema, le aziende sono state costrette a ripensare i propri investimenti, scegliendo quelle tecnologie meno avanzate, ma che gli hanno permesso di continuare con le proprie attività: tra queste spiccano l’e-commerce e i sistemi di pagamento via mobile/internet. Per le piccole imprese lo smart working è stata una scelta di necessità, mentre il giudizio è più positivo tra le grandi imprese e in alcuni comparti del terziario.

Pubblicato il 01 Dic 2020

trasformazione digitale pandemia

La pandemia ha aumentato la conoscenza delle tecnologie digitali tra le imprese, ma ne ha rallentato l’implementazione: questo il dato che emerge dall’indagine svolta da Unioncamere relativa al terzo trimestre del 2020.

Infatti, secondo l’indagine, gli effetti del Covid sulla trasformazione digitale delle imprese non sono stati univoci: se, da un lato, l’emergenza sanitaria ha aumentato l’interesse delle imprese verso le tecnologie abilitanti l’Industria 4.0, dall’altro ne ha rallentato l’effettiva implementazione nei processi aziendali.

Tecnologie abilitanti, la pandemia frena gli investimenti delle imprese

Il settore dove si è sviluppato un maggiore interesse è stato proprio quello dell‘industria (82% delle imprese), seguito dai servizi (64%), dall’artigianato manifatturiero (63%) e dal 53% delle aziende nel commercio in dettaglio, con una tendenza in crescita rispetto ai dati del 2019.

Tuttavia, sottolinea Unioncamere, la pandemia sembra aver messo un freno all’adozione delle tecnologie 4.0: le imprese manifatturiere dell’industria (le più mature sotto questo profilo), dichiarano di avere introdotto soluzioni 4.0 nel 32% dei casi, una percentuale in linea con quella del 2019. Gli altri settori mostrano percentuali di utilizzo molto più basse, con valori che confermano o si posizionano al di sotto dei livelli dell’anno precedente: nell’artigianato manifatturiero il dato è dell’11%, nei servizi dell’ 8% e nel commercio al dettaglio del 6%.

Vista la situazione, le imprese hanno rimodulato gli investimenti, favorendo quelle tecnologie digitali forse meno avanzate, ma che sono divenute essenziali per creare nuovi canali di comunicazione e commerciali in un periodo in cui le misure di distanziamento sociale limitano le tradizionali modalità di relazione.

L’e-commerce, in particolare, mostra una forte crescita di interesse, soprattutto nel commercio al dettaglio, dove viene citato dal 73% delle imprese che hanno investito o intendono investire in tecnologie digitali, ma anche nei servizi e nel manifatturiero. In molti settori risultano, inoltre, in espansione i sistemi di pagamento via
mobile/internet.

“L’incertezza portata dalla pandemia ha ostacolato gli investimenti e questo si è fatto sentire anche per quelli legati allo sviluppo tecnologico più avanzato – dichiara il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio – tuttavia l’interesse e la conoscenza verso il digitale e Impresa 4.0 risultano in crescita, anche tra le piccole imprese”.

La crescita della consapevolezza sull’importanza delle nuove tecnologie è testimoniata anche dalla maggior richiesta di formazione su questi temi, sebbene riguardi ancora una minoranza di imprese. Nell’ultimo anno la partecipazione a corsi e seminari per migliorare le competenze digitali ha coinvolto il 17% delle imprese nell’industria, il 14% nei servizi, il 10% nel commercio e l’8% nell’artigianato. Tra i temi che registrano un maggior interesse rispetto al 2019 spicca, oltre all’e-commerce, il web marketing e l’utilizzo dei social media.

Lo smart working non piace alle piccole imprese

Il 2020 è stato l’anno della diffusione su larga scala dello smart working, processo su cui il giudizio delle imprese è ancora ambivalente: per una larga fetta di imprese, soprattutto di piccole dimensioni, l’adozione di tecnologie per consentire il lavoro in remoto è stata una scelta obbligata per proseguire le attività rispettando il distanziamento sociale, ma è spesso mancato il cambiamento organizzativo necessario per sfruttare pienamente questa opportunità.

Nell’artigianato, ad esempio, le imprese che hanno adottato il lavoro agile sono meno del 30% ed esprimono più spesso giudizi “sufficienti” (14%) piuttosto che “buoni” o “eccellenti” (7%). Contrariamente, le valutazioni sono positive dove la pandemia ha solo accelerato un processo verso modalità di lavoro agile che era già in atto, in particolare tra le grandi imprese e in alcuni comparti del terziario.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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