Metalmeccanica, il 2020 chiude in forte calo, ma per Federmeccanica situazione “meno negativa del previsto”

Il 2020 della metalmeccanica si è concluso con un calo di produzione del 13,4%, inferiore al 15% stimato da Federmeccanica e del 30% registrato nel 2009. Negativi, ma in miglioramento, anche i dati relativi all’occupazione e al giudizio delle imprese sul portafoglio ordini. Tuttavia, persistono grandi incognite alla ripresa, come l’evoluzione dell’epidemia, la lentezza della campagna vaccinale e la capacità del Paese di attuare le riforme di cui c’è bisogno per tornare a crescere.

Pubblicato il 11 Mar 2021

produzione metalmeccanica

È una situazione drammatica quella vissuta dalla metalmeccanica italiana nel 2020, con un anno che si è chiuso con un calo di produzione del 13,4% rispetto al 2019. Tuttavia, i dati di fine anno mostrano segnali di ripresa, con il quarto trimestre che si è chiuso registrando un aumento dell’1,2% della produzione rispetto al trimestre precedente e uno 0,2% in più rispetto al quarto trimestre del 2019.

“Non ci aspettavamo questi dati, che non possiamo definire positivi, ma che sicuramente delineano uno scenario migliore rispetto alle nostre attese”, così il Vice Direttore Generale di Federmeccanica, Angelo Megaro, commenta il quadro delineato dalla 157ª indagine congiunturale di Federmeccanica sullo stato dell’industria metalmeccanica italiana.

Metalmeccanica, risultati meno peggiori delle attese

Dalla presentazione dei dati emerge un cauto ottimismo e una consapevolezza che anche se il futuro rimane incerto (soprattutto perché dipende dall’andamento della pandemia e della campagna vaccinale) la situazione è meno negativa delle attese.

Infatti, dopo che nel giugno del 2020 Federmeccanica ipotizzava una crisi peggiore di quella del 2008, l’analisi delle dinamiche settoriali del 2020 (anche in confronto con altri Paesi europei) posiziona il metalmeccanico italiano in una situazione ben diversa rispetto a quella vissuta durante la crisi dei mutui subprime: l’anno si è infatti concluso con un calo di produzione del 13,4%, a fronte del 30% registrato nel 2009.

Anche analizzando il contesto mondiale, il settore ha resistito meglio che in altri Paesi europei: l’eurozona è stata particolarmente colpita dalla crisi provocata dalla pandemia, con una perdita del PIL del 7,2%, a fronte del calo del 3,5% del PIL mondiale. L’Italia ha registrato un calo del PIL dell’8,9%, in linea con i dati francesi (-9%) e con una situazione migliore rispetto alla Spagna (-11%).

Per quanto riguarda la produzione metalmeccanica, l’Italia ha registrato un calo leggermente superiore rispetto alla media europea (-12,7%), ma inferiore se comparato alle prestazioni del settore in Germania (-14,7%) in Spagna (-14,2%) e in Francia, che ha registrato un calo di produzione del 19%.

Produzione metalmeccanica, le dinamiche settoriali

La recessione ha colpito la metalmeccanica più duramente rispetto all’intero comparto industriale, che ha chiuso il 2020 con un calo di produzione del 10,9%.

Una situazione che è “dovuta alle chiusure del primo lockdown, quando molte aziende metalmeccaniche hanno dovuto sospendere le attività, a fronte di altri settori industriali che non hanno subito variazioni negli orari di attività”, spiega Megaro.

Se, infatti, ad aprile i volumi di produzione si erano più che dimezzati rispetto a gennaio, nei mesi finali del 2020 la produzione è risultata inferiore di circa 3-4 punti percentuali rispetto alla situazione pre-pandemica. La recessione ha interessato tutte le attività dell’aggregato ma con differenze significative nei diversi comparti: ad essere maggiormente colpite sono state le imprese costruttrici di Autoveicoli e rimorchi, con un calo di produzione del 20,6%.

Particolarmente negativi anche i valori delle industrie produttrici di macchine e apparecchi meccanici (-14,6%), mentre le industrie produttrici di Computer, radio TV, strumenti medicali e di precisione hanno registrato il calo più contenuto (-6,9%).

Il calo è dovuto, oltre che a una debole domanda interna, alla situazione del commercio mondiale, che ha risentito pesantemente dell’impatto della pandemia: nel 2020 le nostre esportazioni metalmeccaniche sono complessivamente diminuite del 9,7% rispetto al 2019 e le importazioni hanno segnato un -12,8%.

A pesare è stata soprattutto la riduzione dei flussi diretti verso i nostri principali partner europei quali la Germania (-8,4% nel confronto con l’anno precedente), la Francia (-14,5%), ma anche verso il Regno Unito (-11,5%) e la Spagna
(-18,8%).

Anche nel commercio mondiale, l’analisi degli andamenti dei trimestri del 2020 mostra segnali di ripresa: dopo il crollo registrato nel secondo trimestre (- 31,5% di esportazioni e -33,8% di importazioni) si sono registrati segnali di miglioramento già a partire dal terzo trimestre del 2020 (-2,1% di esportazioni e -6% di importazioni) e il quarto trimestre si è concluso con un aumento delle esportazioni del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2019 e un aumento delle importazioni del 2,7%.

Occupazione, cresce il peso degli impiegati nella metalmeccanica

Anche i dati relativi all’occupazione nella grande industria metalmeccanica (aziende con più di 500 dipendenti) sono decisamente meno negativi rispetto alle attese, anche se va tenuto conto del blocco dei licenziamenti tuttora in vigore.

I dati mostrano una perdita di circa 10 mila posti di lavoro che con probabilità “ha riguardato i lavoratori a tempo determinato”, spiega Megaro. In percentuale, il settore ha perso in media l’1,3% della forza lavoro registrata nel 2019, ma il calo ha interessato maggiormente gli operai, dove si è perso il 2% rispetto all’anno precedente, mentre minore è stata la perdita di impiegati (-0,5%).

Un fenomeno che mostra, secondo Megaro, i cambiamenti che da decenni stanno avvenendo nel settore, con il progressivo aumento del peso dei livelli più alti di inquadramento rispetto a quelli più bassi. Come atteso, c’è stato un utilizzo enorme della cassa integrazione: le ore totali autorizzate hanno superato il miliardo, corrispondenti a oltre 554 mila lavoratori.

Le aspettative per il futuro

“Non ci aspettavamo questi dati”, conferma Megaro, spiegando che le aspettative di Federmeccanica per il 2020 erano di una diminuzione del 15% della produzione. Non è andato tutto bene, quindi, ma è andata meglio delle previsioni.

Anche l’indagine sul sentiment delle imprese rileva una crescita degli ordini in portafoglio e il giudizio sulle consistenze in essere, pur confermandosi nel complesso ancora negativo, migliora rispetto alla precedente rilevazione: il 39% delle imprese ha infatti dichiarato di avere un portafoglio ordini in aumento, a fronte del 25% che ha dichiarato una diminuzione.

Un dato influenzato dalle pesanti cadute del primo e secondo trimestre del 2020, ma che mostra un cauto ottimismo rispetto al futuro. In particolar modo, il saldo del terzo trimestre del 2020 (4%) riportava il Paese alla situazione del primo trimestre del 2016, situazione superata dal saldo attuale del 14%.

Positivo anche il saldo sul giudizio degli ordini, con la differenza tra chi ritiene il proprio portafoglio ordini “sufficiente” e chi lo ritiene “insufficiente” che si attesta al 4%. Un dato negativo, ma in forte miglioramento rispetto al -49% registrato nel primo trimestre del 2020.

Anche le prospettive occupazionali a 6 mesi mostrano segnali di ripresa, con il 14% delle imprese che pensa di aumentare il proprio organico, a fronte del 16% delle imprese che si aspetta di doverlo ridurre, con un saldo del -2%, in miglioramento rispetto al -31% registrato nel primo trimestre del 2020.

Le incognite e gli ostacoli per la ripresa

Una situazione, con gli incrementi di produzione attesi sia per il mercato interno sia per quello estero, che lascia ben sperare. Positiva anche la revisione al rialzo del PIL mondiale fatta dall’OCSE e che vede il nostro Paese in crescita del 4,1% nel 2021, a fronte del 3% precedentemente stimato.

Tuttavia, molte sono le incognite che potrebbero gravare sulla ripresa, a partire dall’evoluzione della pandemia e della campagna vaccinale. “Le imprese di Federmeccanica sono pronte per mettere a disposizione i propri spazi e contribuire a questo sforzo, ovviamente con le giuste condizioni”, commenta il Vice Presidente di Federmeccanica, Fabio Astori.

Oltre alla “grande incognita” del virus, ci sono altri elementi che possono frenare la ripresa del settore che, spiega Astori, ha un grande bisogno che si facciano le riforme che il Paese attende da anni, volte soprattutto all’efficientamento della Pubblica Amministrazione, alla riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive.

“Al Paese serve quella spinta riformista che Federmeccanica porta avanti dal 2016 e che ha permesso di raggiungere anche in un momento di tale difficoltà, l’accordo per il nuovo contratto. Siamo la dimostrazione che le riforme non solo si possono, ma si devono fare. Anche cosi si rendono le imprese più competitive, anche così si può recuperare produttività. Ci auguriamo che ora inizi una nuova Stagione di Riforme nel Paese”, aggiunge Astori.

Astori sottolinea che oltre alla grande incertezza provocata dalla pandemia, un ulteriore freno alla crescita può derivare da alcune situazioni anomale, come la carenza e i costi delle materie prime, che stano raggiungendo dei record assoluti. Un limite alla ripresa delle aziende, che non possono ritrattare le quotazioni degli ordini già concordati e che quindi non possono travisare sul mercato gli aumenti di prezzo.

Una situazione che riguarda non soltanto i materiale acciaiosi, ma anche dei materiali non ferrosi. Del tema Astori aveva già parlato nella presentazione della precedente analisi congiunturale, sottolineando come fosse necessario un intervento di regolamentazione. Una situazione in peggioramento, con la Cina che sta accaparrando di tutto quello che c’è sul mercato mondiale a favore del suo mercato interno.

“Fin quando l’Europa e l’Italia non analizzeranno anche elementi della quotidianità delle nostre imprese, come queste situazioni che sono evidentemente anomale, noi saremo sotto scacco da parte di chi fa speculazione finanziaria sulle materie prime e di chi crea carenza. Noi siamo in grandi difficoltà, è un problema che ho sottolineato in passato ma che si sta aggravando”, aggiunge Astori.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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