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Sistema di scambio di emissioni (ETS): in Italia permessi crollati da 216 a 83 milioni



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Il Sistema di Scambio di Emissioni (ETS) in Italia ha raggiunto un punto critico: i permessi disponibili per le aziende sono crollati da 216 milioni nel 2005 a 83 milioni, costringendo le imprese a investire in efficienza o a fare acquisti sul mercato. Lo studio Carbon Market Outlook 2025 del Politecnico di Milano sottolinea la trasformazione del sistema ETS anche a seguito dell’ingresso del settore marittimo e la creazione del Social Climate Fund. Il mercato è ora alle prese con il crescente ruolo dei crediti di CO2 globali, che offrono flessibilità ma sollevano preoccupazioni su potenziali speculazioni, nonostante le aste…

Pubblicato il 22 ott 2025



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Il sistema di scambio delle emissioni (ETS) in Italia è a un punto di svolta. A causa della progressiva e drastica riduzione delle quote assegnate i permessi disponibili per le aziende sono crollati dai 216 milioni del 2005 agli attuali 83 milioni, costringendo le imprese a una corsa all’acquisto sul mercato o a un maggiore ricorso a soluzioni tecnologiche per ridurre la propria CO2.

Nonostante il meccanismo abbia portato a un dimezzamento storico delle emissioni in ambito ETS (passate da 226 a 115 milioni di tonnellate, -49%), il mercato è ora chiamato a gestire l’ampliamento dei settori coperti e l’impatto del potenziale “ritorno” dei crediti di CO2 internazionali in Italia e in Europa.

È quanto emerge dal Carbon Market Outlook 2025, il nuovo studio di Energy&Strategy della Polimi School of Management.

“La continua evoluzione del mercato, l’ampliamento delle sue normative e l’introduzione di nuovi settori, come quello marittimo dal 2024, stanno cambiando profondamente il panorama del carbon pricing e delle politiche climatiche in Italia”, commenta Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S e responsabile della ricerca.

“Ora però il sistema affronta sfide legate alla gestione di un numero crescente di partecipanti e alla continua pressione per una maggiore riduzione delle emissioni”, aggiunge.

Ampliamento dei settori e maggiore attenzione all’equità sociale: l’evoluzione del sistema di scambio di emissioni (ETS)

Oggi il Sistema di Scambio delle Emissioni (ETS) sta vivendo una fase di profonda trasformazione normativa ed espansione settoriale. L’allargamento di questo meccanismo è evidente a partire dall’anno scorso con l’ingresso del comparto marittimo nell’ETS, una mossa che ha ampliato il numero di impianti monitorati e ha contribuito a una maggiore efficienza complessiva.

A questa espansione settoriale si è affiancata la crescita dell’attenzione agli aspetti sociali. Ne è prova la creazione del Social Climate Fund (Fondo Sociale per il Clima), che destina una parte dei ricavi generati dalle aste dei permessi alla transizione sociale, un elemento cruciale per garantire equità e sostenere le fasce più vulnerabili della popolazione.

Il ruolo crescente dei crediti di carbonio

Mentre il mercato regolamentato si evolve, il sistema dei crediti di CO2 continua a svolgere un ruolo fondamentale a livello globale. Questi crediti sono generati da progetti che riducono, evitano o rimuovono l’emissione di gas serra, come la riforestazione o l’adozione di tecnologie a basse emissioni.

La domanda in crescita ha creato un mercato sempre più integrato, offrendo alle imprese la possibilità di scegliere tra l’acquisto di permessi di emissione tradizionali e i crediti derivati da azioni di compensazione. L’integrazione di meccanismi di carbon pricing più forti a livello globale sta aumentando il valore e la domanda di questi crediti, favorendo il loro ritorno all’interno del sistema ETS italiano e dell’Unione Europea.

Questa dinamica è amplificata dalle politiche climatiche internazionali. L’adozione diffusa di crediti attraverso meccanismi ETS diversi da quello europeo, come quelli della California o dell’Australia, ha evidenziato il potenziale di crescita del mercato.

Inoltre, le politiche mondiali di carbon pricing, unite a strumenti come il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), stanno incentivando le aziende a utilizzare crediti di carbonio per bilanciare le loro emissioni, non solo per soddisfare gli obblighi normativi, ma anche come strumento strategico per la gestione del rischio e della competitività.

“Occorre però fare attenzione: se da un lato il ritorno in Italia e in Europa dei crediti di CO2 potrebbe generare vantaggi significativi in termini di flessibilità ed efficacia, dall’altro è necessario monitorare gli impatti economici e sociali di un’ulteriore espansione del mercato”, spiega Chiaroni.

“L’aumento dei prezzi dei crediti potrebbe fare crescere il costo delle politiche ambientali per le aziende e influenzare la competitività di alcuni settori. È quindi cruciale sviluppare politiche che evitino squilibri o speculazioni in grado di mettere a rischio gli obiettivi climatici, garantendo che la transizione avvenga in modo sostenibile ed equo”, aggiunge.

Il mercato italiano rimane ancora fortemente dipendente dalle aste dei permessi di emissione, che hanno visto un aumento significativo delle entrate negli ultimi anni, arrivando a 2,6 miliardi di euro nel 2024 (circa il 10,5% dei proventi andati ai Paesi UE, pari a 24,6 miliardi su un totale di 38,8 miliardi di ricavi complessivi).

Il valore cumulato dal 2013 al 2024 è all’incirca di 226 miliardi di euro (in realtà, il 2024 ha visto un calo a livello europeo dal 2023, passando da 43,6 a 38,8 miliardi) ed è stato utilizzato in gran parte per finanziare progetti legati alla decarbonizzazione e per supportare la transizione energetica in vari settori.

La destinazione di una parte dei proventi alle politiche climatiche e sociali è dunque un elemento cruciale per garantire una transizione giusta, capace di supportare anche le fasce della popolazione più vulnerabili.

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