Fine dei giochi anche per il piano Transizione 4.0 2025. Il contatore del Gestore dei servizi energetici (Gse) ha decretato ieri, martedì 11 novembre, alle 16:50, l’esaurimento ufficiale dei 2,2 miliardi di euro che erano stati stanziati per gli investimenti previsti nel 2025. La giornata era iniziata con l’annuncio da parte del Mimit della disponibilità residua di soli 53 milioni che, nel corso della giornata sono stati assorbiti dalle domande delle imprese che, orfane del piano Transizione 5.0, hanno cercato in massa un “Piano B” nella misura 4.0.
Lo stop segue di pochi giorni le caotiche vicende relative al piano Transizione 5.0, annunciato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy lo scorso 7 novembre.
L’effetto combinato delle due chiusure lascia le imprese italiane in un limbo operativo e finanziario, bloccando di fatto la pianificazione degli investimenti industriali per la fine dell’anno e per il prossimo.
Indice degli argomenti
Stop Transizione 4.0, che cosa succede adesso
Il piano Transizione 4.0, la “storica” misura basata su crediti d’imposta per l’acquisto di beni strumentali funzionali all’innovazione digitale, arriva dunque al capolinea per esaurimento fondi. Il Mimit ha sottolineato come negli ultimi giorni si sia registrata una netta accelerazione delle richieste causate proprio dall’esigenza di assicurarsi le coperture prima della prevedibile chiusura.
Che cosa succede adesso? Innanzitutto la piattaforma non è tecnicamente chiusa ed è ancora possibile continuare a inviare le domande per l’accesso alla misura fino alla fine dell’anno. Chi le invia riceve una comunicazione di indisponibilità di risorse ed enetra in una “coda” che sarà soddisfatta in caso di disponibilità di nuove risorse.
Da dovr potrebbero arrivare queste risorse? In primo luogo da eventuali rinunce o mancanza di conferme delle prenotazioni effettuate nei trenta giorni. Uno scenario non de tutto irrealistico se si pensa che buona parte degli ultimi 250 milioni sono stati prenotati da chi magari è già in coda per Transizione 5.0. Laddove il Governo dovesse trovare nuove risorse da quella parte, le aziende lascerebbero cadere l’opzione 4.0, lasciando spazio per chi ha realmente solo progetti 4.0.
La seconda possibilità è che il Governo metta nuove risorse su questa misura.
In entrambi i casi, come accennavamo, il Gse procederà a dare comunicazione alle imprese seguendo l’ordine cronologico di arrivo delle domande.
L’incognita del 2026: iperammortamento e progetti in coda
Se però il Governo non dovesse trovare risorse aggiuntive per i piani Transizione 5.0 e Transizione 4.0 le imprese dovranno necessariamente attendere l’avvio del piano 2026 basato sull’iperammortamento. Il che però non è così banale: quel piano infatti fa riferimento a investimenti effettuati nel 2026, mentre le aziende “orfane” degli incentivi 2025 sono già avanti su questo fronte. E poi cambia il tipo di incentivo. Oggi c’è un credito d’imposta accessibile praticamente a tutte le aziende, domani un sistema di maggiorazione degli ammortamenti che potrà interessare solo le aziende con utili nel breve e medio termine, in grado di concretizzare le maggiori deduzioni offerte dall’iperammortamento 2026.
Ma anche supponendo che le imprese in coda per il 2025 siano ammesse agli incentivi 2026 e abbiano utili, cambierebbe comunque la “velocità” del rientro dell’investimento., con un impatto sulla cassa e sulla pianificazione fiscale delle aziende.
L’incontro al Mimit tra Governo e imprese
La scelta del governo di definanziare Transizione 5.0 riducendo le risorse da 6,3 a 2,5 miliardi, che come abbiamo visto si può considerare la causa prima della chiusura non solo di Transizione 5.0 ma anche di Transizione 4.0, ha scatenato la dura reazione delle imprese. Emanuela Orsini, presidente di Confindustria, ha denunciato il voltafaccia del Mimit, che – a suo dire – avrebbe assicurato il 30 ottobre la piena disponibilità delle risorse. Al Ministero, a loro volta, non hanno preso bene le esternazioni di Orsini. E così le parti si ritroveranno a Roma il prossimo 18 novembre per discutere della situazione e cercare una soluzione, soprattutto per le centinaia di imprese rimaste in coda. Basti pensare che tra sabato e lunedì sono stati caricati sulla piattaforma GSE (in coda quindi) ulteriori 742 progetti, per un valore complessivo di 231.084.152,50 euro.
La vera sfida, per il Ministero, sta nel capire quante risorse serviranno a coprire le domande in coda, cosa resa particolarmente complessa dai meccanismi di prenotazione, conferma e chiusura delle pratiche.











