transizione energetica

Italia in ritardo nella transizione energetica: obiettivi del 2030 e 2050 ancora lontani

L’Electricity Market Report 2023 dell’Energy&Strategy School of Management Politecnico Milano sottolinea il ritardo Italiano rispetto al raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, fotografando la situazione del mercato a livello regolamentativo, evidenziando criticità ma anche opportunità, come quelle derivanti dalle Comunità Energetiche Rinnovabili.

Pubblicato il 08 Nov 2023

Un esempio di rete elettrica intelligente (Smart Grid) che integra fonti di energia rinnovabile.

Il nostro Paese si trova in una situazione di immaturità rispetto agli obiettivi e i target energetici del 2030 e 2050: entro otto anni, infatti, dovremo tagliare le emissioni per più del 24% a fronte di un consumo finale lordo di energia ridotto del 12% e prodotto per una percentuale doppia, rispetto all’attuale, da fonti rinnovabili, e tuttavia la domanda di energia elettrica è prevista in aumento del 6%. A sottolinearlo sono i dati presentati dall’Electricity Market Report 2023 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.

La necessità di accelerare nella transizione energetica è stata sottolineata anche dalla bozza del nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che prevede un significativo innalzamento anche rispetto alla capacità di generazione da rinnovabile (+40% circa), mentre l’unico valore che decresce riguarda la capacità installata di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde, da 5 a 3 GW.

Non sono stati definiti, invece, obiettivi espliciti in termini di capacità di accumulo necessaria per accompagnare la trasformazione del sistema elettrico: l’edizione del 2019 parlava di circa 10 GW (tra centralizzati e distribuiti).

Una situazione che richiede uno sforzo ulteriore da parte dei legislatori, come sottolineano i ricercatori dell’Osservatorio.

“In questo contesto, risulta fondamentale l’intervento normativo, a partire dal nuovo Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico (TIDE), con cui si vuole rendere strutturale in Italia la partecipazione di risorse distribuite – tanto dal punto di vista della generazione che della domanda, organizzate all’interno di aggregati virtuali – alla fornitura di servizi ancillari”, spiega Simone Franzò, Responsabile scientifico dell’Osservatorio.

Gli sforzi dell’Europa per accelerare la transizione energetica

La continua revisione delle politiche energetiche e ambientali europee, anche in risposta alla complessa situazione geopolitica (“Fit-for-55”, “RepowerEU” e il nuovo “Green Deal Industrial Plan”), ha prodotto la proposta di revisione del market design da parte della Commissione europea, che ambisce a rendere il mercato elettrico maggiormente integrato, decarbonizzato e capace di far fronte ad eventuali emergenze energetiche future, riducendo il livello di rischio legato all’instabilità dei prezzi e definendo, per ciascuno Stato membro, obiettivi in termini di fabbisogno di flessibilità del sistema e di risorse deputate ad assicurarlo.

Fra gli strumenti identificati ci sono la riforma dei forward market, un maggiore supporto alle fonti di energia rinnovabile (attraverso PPA e Contract for Difference a due vie) e la realizzazione di meccanismi di flessibilità della rete.

I forward market sono importanti strumenti di protezione dei consumatori dalla volatilità dei prezzi dell’energia: la Commissione propone la creazione di virtual hub che amplino il perimetro geografico di negoziazione dei contratti, allo scopo di aumentare la liquidità dei mercati e quindi la loro efficacia.

Tuttavia, tale formulazione non è stata accolta con favore unanime dagli operatori, soprattutto perché il meccanismo proposto comporterebbe la formazione di prezzi all’interno degli hub non indicizzati ai prezzi nazionali, generando la necessità di istituire un meccanismo ad hoc per consentire di effettuare le negoziazioni.

Provvedimenti la cui efficacia, suggerisce Franzò, dovrà essere valutata nei prossimi mesi alla luce anche delle misure attuative adottate nei prossimi mesi a livello italiano, anche per abilitare le risorse “distribuite” di piccola taglia a fornire servizi ancillari.

“Ad esempio, con la Deliberazione 300/2017è iniziata la sperimentazione per ampliare i soggetti in grado di fornire servizi di rete, aggregati virtualmente all’interno delle cosiddette UVAM. Il progetto pilota ha mostrato sia le potenzialità che, in alcuni casi, i problemi di affidabilità delle risorse coinvolte”, spiega.

“Il TIDE si inserisce in questo percorso di innovazione, puntando a integrare le sperimentazioni nel quadro generale del dispacciamento. Ancora, la delibera 727/2022/R/eel ha completato il panorama regolatorio relativo al mondo dell’autoconsumo collettivo, ma l’Italia è, ad oggi, ancora in attesa della definizione puntuale di alcuni aspetti, in primis gli incentivi: questa incertezza ha creato una situazione di stallo, come emerge dalla mappatura delle iniziative – ben inferiori alle stime attese, nonostante le grandi potenzialità – e dalle interviste a operatori e utenti finali”, aggiunge.

Il crescente impatto delle fonti di energia rinnovabile (FER) sul sistema elettrico

L’integrazione crescente delle fonti di energia rinnovabile sta progressivamente trasformando il sistema elettrico, ponendo nuove sfide da superare come la non programmabilità delle FER, il posizionamento degli impianti rispetto ai punti di consumo e la diffusione della generazione distribuita.

Cambiamenti che non influenzano soltanto l’infrastruttura, ma anche la già complessa gestione del sistema e il funzionamento dei mercati energetici.

In Italia, la potenza complessiva installata da FER è aumentata lentamente negli ultimi anni e a fine 2022 risultava pari a circa 64 GW (+5% rispetto al 2021). La capacità di generazione termoelettrica, invece, si è assestata sui 60 GW.

L’affermarsi delle FER ha determinato l’aumento della quota di energia prodotta al Sud e di quella da generazione distribuita: a fine 2022 il 36% della potenza installata proveniva da fonte non programmabile e il Sud e le isole rappresentavano il 40% della potenza installata totale.

L’Europa cerca di chiudere un circolo virtuoso per le FER

Una delle principali sfide per gli investimenti nelle energie rinnovabili è l’incertezza riguardo ai futuri ricavi.

La Commissione Europea ha individuato una possibile soluzione attraverso i Power Purchase Agreement (PPA) e i Contract-for-Difference (CfD) a due vie, introducendo strumenti finanziari statali per proteggere i produttori dal rischio di insolvenza degli acquirenti. Tuttavia, affinché questi contratti possano avere successo in Italia, è necessario adottare un approccio coordinato sfruttando diverse leve.

In Italia, i CfD a due vie sono stati utilizzati come strumento di sostegno agli investimenti nelle fonti rinnovabili attraverso aste competitive dedicate. Tuttavia, nel corso del tempo, si è riscontrato un progressivo calo delle partecipazioni e una diminuzione delle disponibilità. Affinché i CfD possano apportare i benefici attesi, è fondamentale che queste aste ritrovino efficacia riducendo la burocrazia e migliorando la capacità di programmazione degli investimenti da parte degli operatori.

Dal punto di vista normativo, l’Italia si sta già muovendo verso le prescrizioni avanzate nella proposta di revisione del market design riguardo all’adeguatezza, attraverso l’introduzione del capacity market e delle aste definite nella delibera ARERA 247/2023.

Sebbene ci sia ancora molto da fare, l’Italia si trova in anticipo su alcuni aspetti come la razionalizzazione del capacity market e l’effettiva implementazione del nuovo meccanismo di aste per lo stoccaggio.

I risultati del progetto pilota UVAM: potenzialità, rischi e incertezza futura

L’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili e distribuite, insieme alla diminuzione della quota di elettricità generata da fonti programmabili, ha portato all’emanazione della Deliberazione 300/2017/eel e all’avvio del progetto pilota UVAM.

Questo progetto ha l’obiettivo di valutare la reale capacità dei Balancing Service Provider (BSP) e delle piccole risorse distribuite di fornire servizi accessori in forma aggregata.

Tuttavia, negli ultimi due anni, il numero di UVAM abilitate è diminuito di circa il 25% (208 a settembre 2023) a causa del fallimento dei test di affidabilità da parte di un numero significativo di queste risorse.

Inoltre, la partecipazione delle UVAM alle aste di approvvigionamento è diminuita. Di conseguenza, i prezzi medi ponderati stanno aumentando in linea con la riduzione della capacità assegnata.

Il TIDE intende completare il processo di innovazione innescato dalle Deliberazione 300 del 2017 e integrare nel quadro generale del dispacciamento la regolazione sperimentata nei progetti pilota, includendo l’ampliamento dei soggetti che possono offrire servizi ancillari e l’istituzionalizzazione dei ruoli di BSP e BRP (utente del dispacciamento).

Inoltre, i criteri contenuti nel TIDE comporteranno un significativo sforzo di revisione dei modelli di rete e degli algoritmi applicati da Terna nell’ambito del dispacciamento.

Secondo gli operatori, il Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico apre numerose opportunità e rappresenta uno strumento abilitante, ma per valutarne l’effettivo impatto è necessario comprendere come sarà declinato nel Codice di Rete.

Comunità energetiche rinnovabili a rilento: il ritardo normativo è causa di disillusione sul mercato

“La partecipazione a una comunità energetica rinnovabile può rappresentare una grande opportunità per i consumatori, benché vi siano criticità legate alle attività amministrative e pareri divergenti tra gli operatori”, spiega Franzò.

Ad oggi in Italia sono presenti circa 85 configurazioni in autoconsumo collettivo: 61 gruppi di autoconsumatori e 24 comunità di energia. Considerando le iniziative ancora in fase progettuale, il totale raggiunge 198 iniziative, 6 volte di più rispetto alle 33 mappate nel 2021 ma notevolmente al di sotto delle stime attese, in primo luogo a causa del ritardo normativo.

Con la delibera 727/2022/R/eel, infatti, è stato completato il quadro regolatorio, ma la normativa sulle Comunità energetiche risulta incompleta, in particolare per quanto riguarda il decreto MASE, che definisce i meccanismi di incentivazione. I progetti ad oggi sono stati realizzati in larga maggioranza nel Nord Italia, fatta eccezione per la Sicilia, e promossi principalmente dai Comuni tramite fondi nazionali ed europei. La taglia degli impianti è eterogenea, in genere nell’ordine di qualche decina di kW.

Le comunità energetiche come nuova opportunità per la diffusione delle FER, e non solo

La partecipazione a una comunità energetica rappresenta una buona opportunità per i consumatori, sia per chi non ha la possibilità di installare un impianto rinnovabile per l’autoconsumo, sia per chi invece può condividere la sua energia in eccesso, massimizzando i ricavi.

Come emerso dalla mappatura, tra i progetti attualmente realizzati le prime iniziative osservate in Italia riguardano comunità energetiche formate da utenti residenziali, mentre le PMI ancora non sono coinvolte in maniera diffusa, soprattutto a causa delle norme transitorie definite dal Decreto Milleproproghe.

Terminato l’iter per ampliare il perimetro delle comunità energetiche, ci si può attendere l’arrivo di utenti di grandi dimensioni e di impianti che potrebbero raggiungere 1 MW di taglia, portando alla nascita di due principali cluster: CER basate su utenze residenziali (con pay back time più lunghi e obiettivi sociali e comunitari) e CER basate su utenti industriali (interessati alla sostenibilità ambientale ma anche a benefici economici, rilevanti sulle grandi taglie), senza escludere per questo possibili configurazioni miste.

Mercato potenziale e prossimi obiettivi: che cosa aspettarsi?

Gli incentivi stabiliti nella nuova proposta del decreto MASE del 23 Febbraio 2023, insieme ai fondi stanziati dal PNRR (2,2 miliardi di euro in conto capitale destinati ai Comuni sotto i 5.000 abitanti), permetterebbero di installare – tramite le CER – una potenza rinnovabile (a partire da quella fotovoltaica) pari a circa 7 GW in 5 anni, un obiettivo decisamente sfidante se paragonato alla situazione corrente e ai target mancati fino ad ora.

“Tuttavia – si legge nel rapporto – nonostante ad oggi le configurazioni già in fase operativa siano limitate, appare evidente la volontà di cogliere questa nuova opportunità per clienti finali e imprese”.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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