Più ottimiste sull’andamento del proprio giro di affari, più propense ad aprirsi ai nuovi mercati internazionali, più interessate alla transizione ecologica. È questo l’identikit delle medie imprese del Sud fornito dal rapporto “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica nelle medie imprese del Mezzogiorno” dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere.
Un comparto che, in ventotto anni, è pressoché raddoppiato arrivando a contare 408 società produttive di capitali a controllo familiare italiano, ciascuna con una forza lavoro compresa tra 50 e 499 unità e un volume di vendite tra i 19 e i 415 milioni di euro, e che ha generato l’11,8% del valore aggiunto manifatturiero prodotto nell’area.
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La crescita di competitività delle medie imprese del Sud dal 2014 ad oggi
Nel decennio 2014-2023 le medie imprese del Mezzogiorno hanno registrato una crescita del fatturato pari al +78,1% che si confronta con il +52,8% delle altre aree.
Anche il tasso di competitività nello stesso arco temporale risulta di quasi 25 punti percentuali superiore agli altri territori. La tendenza positiva del giro d’affari è proseguita nel 2024 con un ulteriore incremento dell’1,8%, contro il -1,7% rilevato negli altri territori.
Le Mid-Cap del Sud Italia mostrano inoltre maggiore ottimismo per il 2025: il 65,4% prevede di chiudere l’anno con un aumento del fatturato (55,4% nelle altre aree) e un ulteriore 21,2% stima di mantenerlo stabile (vs il 20,6%).
Dal mismatch di competenze alla tassazione eccessiva: le sfide per le Mid-Cap del Mezzogiorno
Tuttavia, le sfide non mancano: per il 23,2% delle Mid-Cap meridionali, ad esempio, il mismatch di competenze rischia di frenarne la crescita, mentre il 41,3% ritiene che la burocrazia potrebbe ostacolare il percorso verso la sostenibilità.
Tra le principali preoccupazioni figurano la concorrenza di prezzo e il caro-energia, indicati da circa due terzi del campione. Nello specifico, la concorrenza di prezzo è temuta dal 64% di quelle meridionali e dal 70,7% di quelle centro-settentrionali, mentre la competizione sulla qualità appare meno rilevante (22% vs 12,5%).
Tra i fattori di criticità, la fiscalità continua a penalizzare le medie imprese, soprattutto nel Mezzogiorno. Nel periodo 2014-2023, il livello di tassazione delle Mid-Cap meridionali è stato costantemente superiore rispetto a quello delle altre aree, con un divario che ha generato un impatto significativo.
Se queste aziende avessero beneficiato della stessa aliquota applicata a quelle delle regioni del Centro-Nord, avrebbero risparmiato circa 230 milioni di euro in un decennio.

Il caro bolletta butta giù i margini in più di sei medie imprese del Sud su dieci
A pesare sul clima di incertezza sono anche gli alti costi dell’energia. Oltre il 60% delle imprese del Mezzogiorno segnala di avere subìto un aumento della bolletta energetica (contro poco più del 50% delle altre aree).
L’incremento di questi costi ha avuto un impatto significativo sui margini in più di sei Mid-Cap del Mezzogiorno su dieci (55,5% nel Centro-Nord).
Per far fronte al rincaro energetico, il 25,5% ha scelto di investire – o prevede di farlo – nelle fonti rinnovabili, mentre il 22,3% punta sull’ammodernamento degli impianti esistenti per aumentarne l’efficienza.
Il mismatch colpisce tre imprese su quattro. Più formazione e automazione per combatterlo
Tra il 2014 e il 2023 l’occupazione delle medie imprese del Mezzogiorno è cresciuta del 34,5%, un ritmo superiore al +23,4% registrato nelle altre aree del Paese.
La tendenza positiva è proseguita anche nel 2024, con un ulteriore incremento dell’organico pari al +5,2%, contro il +2,4% del resto d’Italia.
Il rapporto evidenzia che si tratta di segnali incoraggianti che si accompagnano, tuttavia, ad alcune fragilità strutturali: ad esempio, la presenza femminile si ferma al 12,9%, ben al di sotto del 26,2% rilevato nel Centro-Nord.
Guardando all’età, il 21,4% dei dipendenti delle Mid-Cap del Sud Italia ha meno di 30 anni, meglio del 18% registrato altrove.
Il problema più rilevante resta lo skill mismatch: tre medie imprese del Mezzogiorno su quattro segnalano difficoltà nel reperire le competenze richieste, soprattutto tecnico-specialistiche.
In questo ambito le aziende meridionali faticano, seppur meno rispetto a quelle delle altre aree (40,4% vs 55,3%). Le criticità riguardano anche i profili STEM (21,3% vs 18,9%) e green (19,1% vs 12,6%).
La difficoltà di reperimento delle competenze incide sul carico di lavoro dei dipendenti per il 47,8% delle Mid-Cap meridionali (contro il 49,4% delle altre aree) e sui costi di gestione per il 36,2% (contro il 37,4% del Centro-Nord).
Criticità che sono considerate un freno alla crescita aziendale per il 23,2% delle aziende di media taglia del Sud, rispetto al 19,3% delle altre zone.
Per contrastare il mismatch, il 34,8% delle medie imprese meridionali punta ad investire in formazione continua e il 30,4% in automazione dei processi produttivi, similmente a quanto accade nelle altre aree (rispettivamente, 41,4% e 35,6%).

Le medie imprese puntano su nuovi mercati e investimenti in asset strategici
In risposta alle complessità del contesto economico, le medie imprese orientano le proprie strategie verso la crescita e gli investimenti, con un dinamismo particolarmente accentuato nel Mezzogiorno.
Per il prossimo biennio, il 79,6% delle Mid-Cap del Sud pianifica l’espansione in nuovi mercati (rispetto al 68,3% delle altre aree), mentre quattro imprese su dieci prevedono un aumento della propria dimensione aziendale, contro il 28,9% rilevato altrove.
Anche sul fronte degli asset strategici il Mezzogiorno registra percentuali superiori: il 61,2% delle imprese meridionali intende incrementare gli investimenti in tecnologia (contro il 54,3% nelle altre aree) e il 42,9% punta ad accelerare sulla transizione green (contro il 27,4%).
Appare invece allineata la propensione allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, che coinvolge il 51% delle aziende del Sud e il 53% di quelle del resto d’Italia.
Economia circolare e fonti rinnovabili: le imprese accelerano nella transizione green
La transizione ecologica si conferma una priorità strategica per le medie imprese del Mezzogiorno, che mostrano un’attenzione ai temi ambientali superiore a quella registrata nel Centro-Nord.
Nel dettaglio, il 73,7% delle realtà meridionali punta alla riduzione delle fonti fossili e all’adozione di energie rinnovabili, rispetto al 66,6% delle imprese centro-settentrionali.
Un trend positivo si osserva anche nell’approccio all’economia circolare e al riciclo, che coinvolge il 63,2% delle aziende del Sud (vs 61,9% al Centro-Nord), e ancor più nel controllo responsabile delle catene di approvvigionamento, priorità per il 55,3% delle prime contro il 37,5% delle seconde.
Tuttavia, l’attuazione di tali strategie incontra un freno significativo nella burocrazia: le difficoltà amministrative sono segnalate come principale ostacolo dal 41,3% delle Mid-Cap meridionali, a fronte del 32,9% rilevato nelle altre aree.

Politiche UE sulla sostenibilità: per il 41,5% delle medie imprese del Sud uno stimolo, ma per il 13,8% un costo
Le politiche ambientali promosse dall’Unione Europea generano percezioni miste tra le medie imprese del Mezzogiorno. Per il 41,5% delle Mid-Cap meridionali, la normativa comunitaria è vista come uno stimolo per migliorare l’efficienza energetica, una quota superiore rispetto al 38,5% registrato nelle altre aree.
Tuttavia, le perplessità persistono: il 13,8% delle aziende del Sud considera tali politiche come un costo economico (contro il 15,5% delle altre aree), e il 12,8% le percepisce come un aggravio del peso burocratico (vs 16% nelle altre aree).
Nonostante ciò, il 12,8% delle imprese meridionali si distingue per la propensione a cogliere le opportunità di innovazione tecnologica offerte dalle politiche green dell’UE, un dato notevolmente più elevato rispetto al 7,6% delle altre aree.
L’impatto dei dazi USA e le strategie delle medie imprese del Sud
L’introduzione dei dazi da parte dell’amministrazione americana ha un impatto significativo sulle medie imprese del Mezzogiorno: una su quattro subisce un effetto elevato e ben il 50% di esse prevede, come conseguenza diretta, una riduzione delle esportazioni verso gli Stati Uniti.
Di fronte a questo scenario, solo una percentuale limitata (7,8%) delle aziende meridionali si dichiara disposta a sopportare il peso delle tariffe pur di mantenere le vendite sul mercato statunitense.
Di conseguenza, la strategia prevalente è l’apertura verso mercati alternativi: il 35,3% delle Mid-Cap del Sud si sta orientando verso mercati esteri alternativi all’interno dell’UE, mentre un ulteriore 20% cercherà nuove opportunità al di fuori dell’Unione Europea.
Questa spinta all’export è confermata dalla richiesta di supporto: gli incentivi all’export sono lo strumento di sostegno di gran lunga più richiesto, indicato dal 66,7% delle medie imprese del Mezzogiorno.

“Le medie imprese del Mezzogiorno si confermano un importante volano di crescita del Sud e stanno dimostrando di poter correre anche più velocemente di quelle del Centro-Nord”, commenta Andrea Prete, presidente di Unioncamere.
“Per questo vanno sostenute rimuovendo gli ostacoli che ne frenano lo sviluppo, a partire dagli incentivi per l’export e i servizi per l’internazionalizzazione dove le Camere di commercio possono dare il loro concreto supporto. Soprattutto dopo le difficoltà create dai dazi Usa”, aggiunge.











