La pandemia ha frenato lo sviluppo delle energie rinnovabili: ora bisogna riprendere a investire

Il rallentamento dovuto alla pandemia da Covid 19 ha peggiorato un quadro che, sulle rinnovabili, in Italia era già critico. L’obiettivo del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima per il 2030 può essere raggiunto quasi triplicando il tasso annuale attuale di installazione da fonti rinnovabili. I dati del Renewable Energy Report 2021 realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano

Pubblicato il 27 Mag 2021

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In Italia occorre schiacciare forte sull’acceleratore nello sviluppo delle energie rinnovabili, se si vogliono raggiungere e rispettare gli obiettivi di sosteniblità. Altrimenti il rischio è di non farcela: di indicare dei traguardi virtuosi per i prossimi anni e decenni, e poi di fatto non rispettarli.

L’obiettivo del Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) al 2030 può essere raggiunto quasi triplicando il tasso annuale attuale di installazione da fonti rinnovabili, mentre se volessimo raggiungere l’obiettivo al 2050 le installazioni del decennio 2020-2030 dello scenario tendenziale (pari a 14 GW di potenza energetica) dovrebbero essere quintuplicate per i tre decenni che separano il 2020 dal 2050, installando quindi circa 70 GW per ogni decennio invece che 14 GW.

Insomma, bisogna accelerare fortemente con le nuove installazioni di fonti rinnovabili, che in questi ultimi anni sono state rallentante non solo e non tanto dalle conseguenze della pandemia mondiale, ma soprattutto dalle lungaggini burocratiche e autorizzative, come rimarca il nuovo Renewable Energy Report 2021, realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

La proiezione dell’attuale tasso di installazione “porterebbe a risultati del tutto insoddisfacenti sul medio periodo, rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi al 2030”, denuncia il Renewable Energy Report: “concentrandoci su fotovoltaico ed eolico e prendendo come riferimento le installazioni dell’ultimo triennio, infatti, si raggiungerebbe un parco installato al 2030 di circa 41,7 GW, di cui 27,5 GW di fotovoltaico e 14,2 GW di eolico”.

Il quadro non cambia molto “se si aggiunge l’impatto dell’entrata in esercizio degli impianti che hanno partecipato con successo alle aste del Decreto Fer-1. Se si considera anche questo contributo, l’effetto complessivo atteso al 2030 è di raggiungere un installato complessivo da rinnovabili di 43,2 GW, solo il 61% dell’obiettivo Pniec”.

L’effetto di rallentamento causato dalla pandemia c’è stato, ma è quantificabile in poco più di 1,5 GW di potenza installata al 2030. Anche ipotizzando di eliminarne l’effetto, lo scenario tendenziale darebbe risultati solo leggermente migliori, ma comunque lontani dagli obiettivi prefissati. La riduzione delle installazioni per effetto del Covid pesa per 2 punti percentuali sull’obiettivo Pniec al 2030, rilevante ma non certo determinante per raggiungere l’auspicato risultato finale.

Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), con il suo ‘pacchetto’ di risorse finanziarie e investimenti pubblici, prevede alcune aree di investimento specifiche – come l’agro-voltaico, le comunità energetiche e gli impianti innovativi – “che potranno senz’altro dare un contributo, incrementando la quota attesa al 2030 e generando un possibile effetto volano”, sottolinea Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy & Strategy Group presso il Politecnico milanese.

Anche considerando questo contributo, tuttavia, non si andrebbe al 2030 oltre i 3,24 GW da fonti rinnovabili complessivamente installati, ossia attestandosi comunque attorno all’8% dell’obiettivo Pniec ancora da conseguire. “Se preso quindi per la sola componente di investimenti, è evidente che il Piano nazionale di ripresa e resilienza da solo non è in grado di imprimere l’accelerazione necessaria al comparto delle rinnovabili”, mette in guardia Chiesa.

I traguardi virtuosi rischiano di essere una chimera

In accordo al Green Deal europeo e all’obiettivo di completa decarbonizzazione, sarebbe necessario per l’Italia – prendendo a riferimento gli scenari contenuti nella ‘Long term strategy’ – soddisfare un fabbisogno di 650 TWh con generazione rinnovabile al 95-100%, con un ruolo preponderante di fotovoltaico (circa 200 GW) ed eolico (circa 50 GW).

Lo scenario per gli impianti Green field, nel l’ipotesi di aumentare di 1 GW di potenza installata per ciascuna tipologia

Le installazioni complessive da rinnovabili nel 2020 si sono invece complessivamente ridotte rispetto al 2019. La nuova potenza da rinnovabili installata in Italia nel corso del 2020 è stata di 784 MW, di circa 427 MW inferiore rispetto a quella installata nel corso dello stesso intervallo del 2019 (-35%).

Una diminuzione trainata fortemente dalle installazioni eoliche, passate da 413 MW del 2019 a 85 MW nel 2020 (-79%). È il fotovoltaico nel 2020 a guidare la classifica delle installazioni con 625 MW, superando l’eolico con 85 MW. Segue l’idroelettrico con 66 MW, mentre le biomasse con 8 MW chiudono la classifica delle fonti rinnovabili.

Servono autorizzazioni più veloci e meno freni allo sviluppo

“È evidente come ci sia stato un ulteriore effetto di rallentamento dovuto alla pandemia da Covid 19, tuttavia il quadro delle rinnovabili in Italia era già critico, e per ragioni che hanno radici più profonde e radicate”, spiega il direttore dell’Energy & Strategy Group presso il Politecnico milanese.

Lo scenario per gli impianti soggetti a revamping, nell’ipotesi di intervenire su 1 GW di potenza installata per le diverse tipologie

La principale ragione sta “nelle difficoltà di ottenere le necessarie autorizzazioni. di cui sono chiara dimostrazione gli esiti delle aste del Decreto Fer 1”, rileva Chiesa, e “a questa ragione si sono aggiunte – e anche qui indipendentemente dalla pandemia – le limitazioni all’utilizzo del suolo e la difficoltà di programmazione a livello regionale”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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