Metalmeccanica, l’Italia fa meglio di Germania e Francia. Federmeccanica: “Preoccupa la carenza di materie prime e mano d’opera”

I dati diffusi dall’ultima indagine congiunturale di Federmeccanica parlano di una ripresa della produzione significativa nel primo trimestre (+15,6%). La situazione italiana risulta più favorevole rispetto a quella dei partner europei, ma l’aumento del prezzo delle materie prime e dei semilavorati in metallo, la difficoltà di approvvigionamento e la mancanza dei profili necessari alle imprese rischiano di frenare una ripresa che potrebbe invece perdurare nel tempo.

Pubblicato il 09 Giu 2021

indagine congiunturale federmeccanica

È  un quadro economico in significativo miglioramento quello descritto dalla 158° indagine congiunturale di Federmeccanica: nel primo trimestre del 2021, infatti, la produzione metalmeccanica in Italia è aumentata del 15,6% rispetto all’analogo periodo del 2020. Migliorano anche i giudizi delle imprese sugli ordini (con un saldo positivo del +24%) e le prospettive per l’ccoupazione, con il 16% delle imprese che programma assunzioni per i prossimi mesi.

Dati che sono stati influenzati positivamente sia dalla ripresa della domanda interna che da una dinamica più favorevole del commercio mondiale: nel primo trimestre del 2021 l’export, cresciuto dell’8,9% (in misura maggiore rispetto al +4,6% rilevato per l’intera economia) e le importazioni, che aumentano del 15,1%.

Ci sono i presupposti, dunque per poter recuperare le perdite di Pil prima del previsto: secondo Federmeccanica, non occorrerà più attendere la fine del 2023, come era stato ipotizzato nell’indagine presentata a dicembre 2020, ma la ripresa si concretizzerà probabilmente a fine 2022.

Tuttavia, persistono criticità che potrebbero portare la situazione a cambiare nuovamente: da una parte, infatti, la ripresa è legata all’evoluzione della pandemia, dall’altra rischia di essere minata dalla difficoltà delle imprese di reperire le materie prime (sia per scarsità delle stesse che per un notevole aumento dei prezzi) e di trovare le figure professionali necessarie a sostenere l’atteso aumento di produzione.

Elementi che, secondo il 14% delle imprese intervistate, potrebbero portare a un’interruzione della produzione.

I dati della metalmeccanica: la ripresa in Italia è più forte rispetto ad altri Paesi europei

Dopo il crollo del 13,5% registrato nel 2020, la produzione metalmeccanica ha evidenziato un progressivo miglioramento che, iniziato a partire dai mesi estivi, è proseguito anche nei primi mesi dell’anno in corso.

La variazione congiunturale rispetto alla precedente rilevazione parla, infatti, di un aumento dello 0,8%, mentre il dato tendenziale (quindi riferito al primo trimestre del 2020) evidenzia un aumento dei volumi di produzione del 15,6%.

“Non va dimenticato, tuttavia, che nella crescita a doppia cifra che si riscontra nel dato tendenziale influisce pesantemente la situazione in cui versava il Paese nel marzo 2020, quando a causa del primo lockdown generalizzato molte attività erano ferme”, precisa Fabio Astori, Vice Presidente Federmeccanica.

“C’è quindi ancora tanta strada da fare per tornare a parlare di crescita e sviluppo. Non si può quindi abbassare la guardia, anzi si deve alzare il tiro con politiche industriali mirate ed efficaci”, avverte.

Per quanto riguarda l’analisi settoriale, il miglioramento osservato ha interessato tutte le attività dell’aggregato metalmeccanico che, in termini tendenziali, hanno evidenziato aumenti a doppia cifra. Incrementi superiori alla media di settore si sono avuti nella fabbricazione di prodotti in metallo (+16,1%), nelle attività metallurgiche (+16,4%) e ancor più negli autoveicoli e rimorchi (+23,0%) e nelle macchine e apparecchi elettrici (+24,3%).

Nell’Unione Europea la ripresa sta seguendo andamenti eterogenei, influenzata anche dalle diverse misure che i singoli Paesi hanno adottato (e/o stanno ancora adottando) per fronteggiare la pandemia: mediamente nel mese di marzo i volumi di produzione dell’intero comparto manifatturiero nei 27 Paesi dell’area sono risultati inferiori dello 0,6% rispetto a gennaio 2020, mentre nella sola industria metalmeccanica il calo è stato più marcato e pari a -1,8%.

l’Italia, che nei mesi di lockdown aveva registrato i risultati peggiori, si è riportata successivamente in linea con gli altri principali paesi dell’area, per poi collocarsi nei mesi più recenti su livelli significativamente superiori.

Ed è questo uno degli elementi di rottura rispetto alle crisi del precedente ventennio. “Sia in occasione della crisi dei subprime (2007-2009) che in quella della crisi dei debiti sovrani (2010-2011), il nostro Paese ha sperimentato un recupero più contenuto rispetto agli altri Paesi europei”, spiega Angelo Megaro, Direttore del Centro Studi di Federmeccanica.

I dati a disposizione forniscono in cambio una fotografia ben diversa: : nel solo mese di marzo, i volumi di produzione metalmeccanica in Italia sono stati pari al 98,8% rispetto a quelli pre-Covid (gennaio 2020), mentre in Germania si sono attestati al 93,2% e in Francia e Spagna, rispettivamente, al 92,1% e all’89,9%.

Con riferimento al primo trimestre del 2021, in Italia la produzione metalmeccanica è cresciuta dello 0,8% rispetto agli ultimi tre mesi del 2020, meglio dello 0,1% registrato in Germania, del -1,3% in Francia e del -4,3% in Spagna. Nel confronto tendenziale, l’incremento segnato dal nostro paese (+15,6%) è di gran lunga superiore al recupero osservato in Francia e Spagna, rispettivamente +2,0% e +2,9%, e si contrappone al calo dell’1,0% registrato invece in Germania.

In ripresa il commercio, più positiva la dinamica degli scambi con i Paesi europei

Segnali positivi anche per il commercio mondiale: nel primo trimestre del 2021, infatti, i flussi complessivi di fatturato indirizzati ai mercati esteri sono aumentati del 4,6% rispetto all’anno precedente e le importazioni del 5,8%.

Rispetto al resto dell’economia, si registra una dinamica più positiva per la metalmeccanica, dove le esportazioni sono cresciute dell’8,9%, grazie principalmente al significativo incremento (+16,2%) dei flussi diretti verso i Paesi dell’Unione Europea, dove le importazioni di prodotti metalmeccanici sono mediamente cresciute del 15,1% segnando un +14,2% per i flussi provenienti dai 27 Paesi dell’UE.

Nello specifico, è cresciuto sensibilmente l’export verso i principali partner europei quali la Germania (+22,3%), la Francia (+15,1%) e la Spagna (+14,3%). La ripresa è invece più contenuta per i Paesi extra europei, influenzata soprattutto dalla dinamica negativa degli scambi con gli Stati Uniti (da attribuire principalmente all’andamento
negativo dell’export di metalli e prodotti in metallo e soprattutto di altri mezzi di trasporto) che sono diminuiti del 20%, mentre quelli con la Cina registrano un aumento del 48%.

Anche questi risultati sono ascrivibili in larga misura al singolo mese di marzo che, confrontandosi con il primo mese di lockdown del 2020, ha registrato un significativo incremento dei flussi, sia in entrata sia in uscita, con variazioni di oltre 30 punti percentuali in tutti i comparti dell’aggregato.

Gli aumenti più significativi hanno riguardato le esportazioni di macchine e apparecchi elettrici (+14,9%), di metalli e prodotti in metallo (+13,7%) e di Computer, radio TV, strumenti medicali e di precisione (+12,6%). Più contenuto è stato l’incremento per le macchine e apparecchi meccanici (+8,5%), mentre per i mezzi di trasporto i flussi in uscita sono risultati sostanzialmente stabili (+0,7%).

Simile dinamica per le importazioni, che hanno evidenziato variazioni positive in tutti i comparti dell’aggregato, specialmente nelle macchine e apparecchi elettrici (+24,4%) e nei metalli e prodotti in metallo (+21,1%). Computer, radio TV, strumenti medicali e di precisione hanno fatto registrare un +18,9%, mentre nelle macchine e apparecchi meccanici e nei mezzi di trasporto l’aumento è stato rispettivamente del 9,5% e del 7,7%.

Le prospettive per i prossimi mesi

Per i prossimi mesi si evidenziano attese di ulteriori recuperi dell’attività produttiva anche se permane un clima d’incertezza strettamente connesso all’evoluzione della pandemia e della campagna vaccinale.

Il portafoglio ordini risulta in miglioramento: sono, infatti, pari al 53% le imprese intervistate che hanno registrato un aumento delle consistenze, a fronte del 12% che ha subito contrazioni. Il saldo positivo, +41%, conferma la positiva evoluzione in atto nelle ultime rilevazioni.

Il giudizio sugli ordini influenza anche le valutazioni per le consistenze in essere, anch’esse positive: il 43% delle imprese si ritiene soddisfatto dei livelli degli ordini conseguiti nel trimestre rispetto al 19% che, invece, li giudica insufficienti a garantire il normale svolgimento dell’attività produttiva. Anche in questo caso, il saldo di +24% evidenzia un miglioramento rispetto alle precedenti indagini.

Per quanto riguarda la produzione complessiva, il 42% prospetta incrementi a fronte di un 8% che, al contrario prevede contrazioni e il saldo risulta pari a +34%. Con riferimento alla quota destinata all’estero, le imprese che intendono aumentare i volumi di produzione sono il 33%, mentre il 10% pensa di ridurli, determinando così un saldo di +23%.

Le prospettive future per l’occupazione sono buone, ma mancano le giuste competenze

Dato invece negativo per l’occupazione, che nel primo trimestre ha registrato una flessione dell’1%, da attribuire in larga misura alla qualifica operaia, che ha registrato una contrazione dell’1,6%, a fronte di una flessione dello 0,3% osservata per la qualifica impiegatizia.

“Nella metalmeccanica continuiamo ad assistere a questo effetto di sostituzione degli operai a favore di profili più specializzati. Cambia il modo di produrre e, dunque, cambiano anche i profili richiesti”, spiega Megaro.

Per quanto riguarda l’utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni (CIG), tuttavia, i dati a disposizione non permettono di avere un quadro chiaro della situazione: dall’indagine emerge che le ore autorizzate per gli addetti metalmeccanici sono state, infatti, pari a circa 170 milioni rispetto ai 33 milioni dell’analogo periodo dell’anno precedente.

Un dato che fa riferimento alle ore autorizzate, mentre non si ha un quadro preciso di quante ore siano state effettivamente utilizzate.

Per quanto concerne le prospettive future dell’occupazione, il quadro che emerge è complicato. Nel secondo trimestre, infatti, si attende un ulteriore miglioramento dei volumi di produzione, che porterebbe effetti positivi sui livelli occupazionali per i prossimi sei mesi. A fronte, infatti, del 16% di imprese che pensa di dover incrementare gli organici, l’8% prevede di ridurli, con un saldo che risulta pari a +8%.

Gli effetti positivi dell’aumento della produzione – che, spiega Astori, non è un fenomeno legato al breve periodo – potrebbero tuttavia essere attenuati dalla crescente difficoltà delle imprese a reperire i profili necessari. Una percentuale che secondo l’indagine è salita al 56% delle imprese intervistate, dato più elevato rispetto al 47% ottenuto nell’analoga rilevazione svolta due anni prima.

Con riferimento alla tipologia di competenze ricercate, le più difficili da reperire sono quelle tecniche di base/tradizionali (42,0%), seguite da quelle trasversali (31,0%),intese come la capacità di risolvere problemi, di prendere decisioni, di lavorare in gruppo, di comunicazione, di autonomia. Quelle tecnologiche avanzate/digitali hanno riguardato il 24,0% dei casi, mentre il restante 3% delle imprese è alla ricerca di figure professionali con altre specifiche caratteristiche.

Prezzi alti e difficoltà di approvvigionamento: la “tempesta perfetta” che ha investito le materie prime

Preoccupano le difficoltà crescenti legate all’approvvigionamento delle materie prime e dei semilavorati in metallo, interessati ormai da mesi da un rialzo dei prezzi, a fronte di una sempre maggiore difficoltà di reperimento.

Un problema riscontrato dall’84% delle imprese intervistate e che nel 60% dei casi porterà a un aumento dei prezzi dei prodotti finali.

Con riferimento ai principali metalli industriali utilizzati nell’attività produttiva metalmeccanica, in un anno è significativamente aumentato il prezzo del rame (+56,4%), l’alluminio (+ 30,8%), lo stagno (+66,4%) e lo zinco (+20,20%). Ancora, il prezzo del minerale di ferro, elemento alla base della produzione di acciaio, è cresciuto dell’87,7%  dall’inizio della pandemia, mentre il prezzo del petrolio, dopo la forte flessione registrata nel 2020 (-63,4%) ha registrato una dinamica crescente collocandosi, diversamente dalle altre materie prime, appena sopra i livelli antecedenti la crisi sanitaria (+1,9%).

Le motivazioni alla base di tali rincari sono molteplici. Innanzitutto la repentina ripresa economica della Cina che, uscita prima degli altri Paesi dalla crisi, ha iniziato ad acquistare materie prime di ogni tipo, sia per la produzione corrente sia per una strategia di accumulo riducendone, nel contempo, le esportazioni.

La dinamica dei prezzi è stata altresì determinata dal significativo aumento della domanda statunitense e da interventi speculativi di alcuni fondi che hanno colto la possibilità di guadagno, quantomeno nel breve periodo. Oltre a questo, i prezzi dei metalli industriali sono stati condizionati al rialzo da altri fattori che hanno rafforzato le attese di ripresa dell’economia globale, come l’approvazione nel mese di luglio 2020 da parte del Consiglio Europeo del Piano Next Generation Eu (piano da 750mld di euro, aggiuntivi alle risorse provenienti dal bilancio ordinario), i maxi-piani di stimolo fiscale in USA e la diffusione della campagna vaccinale contro il coronavirus.

Una “tempesta perfetta”, come l’ha definita Megaro. A fronte di queste difficoltà, la domanda continuerà a essere sostenuta per un maggior utilizzo dei metalli derivante dal processo di transizione green, che vede al centro la mobilità elettrica, l’edilizia verde e le infrastrutture ad alto assorbimento di metalli, attualmente poco diffuse.

Ad una situazione già molto preoccupante, si aggiungono un’impennata dei prezzi dei noli dei container e l’allungamento dei tempi di movimentazione delle merci nei porti causati dall’inasprimento dei controlli e dall’eccessivo utilizzo del trasporto marittimo, che in questi mesi ha dovuto farsi carico di parte del traffico cargo aereo.

Elementi che contribuiscono ad accrescere la preoccupazione delle imprese: il 14% degli intervistati teme, infatti, di vedersi costretto a cessare la produzione.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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