OCSE: per le PMI la digitalizzazione è un’opportunità, ma anche una minaccia

L’OCSE evidenzia ritardi e ostacoli nello sviluppo delle PMI verso la Digital transformation. Le Piccole e medie imprese sono il motore dell’economia e devono essere preparate e attrezzate meglio alla transizione digitale in corso, o rischiano di rimanerne schiacciate. L’Outlook 2019 sulle PMI e sull’Imprenditorialità.

Pubblicato il 21 Mag 2019

Gaia X

Le PMI, europee e mondiali, sono in ritardo nel processo di digitalizzazione. E più l’impresa è piccola e meno probabilità avrà di adottare pratiche imprenditoriali migliorate dalla digitalizzazione. Le piccole e medie imprese sono anche meno attive nella protezione dei loro dati, e non sono altrettanto preparate, come le realtà più grandi, per fare fronte alle cyber-minacce.

Tutto ciò le espone al rischio di diventare i punti di debolezza nei sistemi di infrastrutture complessi e iperconnessi. In sostanza, le PMI devono essere preparate e attrezzate meglio alla transizione digitale in corso, o rischiano di rimanerne schiacciate.

L’allarme, e anche l’invito pressante a fare di più e meglio tutto ciò che serve alla Digital transformation, arriva dall’Outlook 2019 sulle PMI e sull’Imprenditorialità dell’OCSE (l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) disponibile qui in Inglese.

Ostacoli e freni non finiscono qui. Un po’ ovunque, rimarca l’analisi del settore, “le PMI hanno meno probabilità di avere le competenze necessarie per gestire la propria trasformazione digitale, e un numero ancora troppo piccolo di imprese impegna i propri dipendenti in un’adeguata formazione Hi-tech. Inoltre, queste realtà continuano a risentire della penuria di lavoratori qualificati, in particolare nella gestione e competenze di Problem-solving, che sono fondamentali per l’innovazione”.

I recenti progressi compiuti in vari Paesi per impegnarsi a sviluppare programmi di formazione professionale, e colmare il divario rispetto alle grandi imprese, “devono essere rafforzati, per colmare la frattura in tema di competenze. Inoltre, se è vero che l’aumento dei posti di lavoro atipici potrebbe creare opportunità per l’Outsourcing, potrebbe anche accentuare le difficoltà delle PMI a trovare dei talenti e dei lavoratori qualificati nel lungo termine”, sottolineano gli esperti.

Il ‘peso’ della componente di piccole e medie imprese, all’interno dello scenario economico e produttivo internazionale, emerge ad esempio dal fatto che nell’area dell’OCSE (36 Paesi distribuiti in vari continenti), le PMI rappresentano circa il 60% dell’occupazione complessiva, e tra il 50% e il 60% del valore aggiunto prodotto, e sono i principali motori della produttività in molte aree e regioni.

“Queste aziende sono un universo molto eterogeneo, la cui performance in termini di produttività, salari corrisposti e competitività internazionale, varia considerevolmente secondo i settori, le regioni e le imprese”, in più “sono in atto molti cambiamenti, in particolare nelle aree più esposte alla trasformazione digitale”, mettono in evidenza gli analisti del mercato.

Cresce il divario di produttività tra grandi e piccole

La maggior parte dei nuovi ingressi e la creazione di posti di lavoro ha avuto luogo in settori che registrano livelli di produttività inferiori alla media, e le nuove imprese sono spesso di più piccole dimensioni, di conseguenza sono portate a essere meno produttive. Inoltre, i divari di produttività tra imprese più piccole e più grandi sono aumentati, a livello aggregato di attività, anche se in molti Paesi i risultati delle aziende medio-piccole superano quelli delle grandi imprese nel settore dei servizi.

Un aumento delle occupazioni a produttività più bassa ha portato a un aumento delle occupazioni meno retribuite. Le PMI, anche le più grandi, retribuiscono in genere i dipendenti circa il 20% in meno rispetto alle grandi imprese. Per esempio, tra il 2010 e il 2016, in Francia quasi il 90% dell’insieme dei nuovi posti di lavoro sono stati creati in attività con salari inferiori alla media, mentre questo rapporto si è attestato a due terzi per la Germania e il Regno Unito, e oltre a tre quarti negli Stati Uniti.

Dal momento che l’attuale dinamica delle imprese incide negativamente sul reddito e sul benessere materiale, “possono sorgere preoccupazioni circa le possibilità di istruzione e di formazione della manodopera, la sostenibilità dei sistemi pensionistici, l’ampiezza della base imponibile e l’accettazione del cambiamento tecnologico e della globalizzazione da parte del pubblico”, rileva l’Outlook dell’OCSE.

Le opportunità

L’innovazione è fondamentale per stimolare la produttività, determinare un aumento dei salari, e la digitalizzazione offre alle imprese nuove opportunità per partecipare alla rivoluzione digitale della produzione.

Le tecnologie digitali emergenti, come l’analisi dei Big data, l’intelligenza artificiale e la stampa 3D, consentono maggiore differenziazione del prodotto, personalizzazione di massa, sistemi di distribuzione più integrati e, nell’insieme, nuovi Business model, che sfruttano distanze e tempi più brevi per raggiungere i mercati.

Le imprese più piccole e più reattive dovrebbero beneficiare di tutti questi sviluppi, e la digitalizzazione “facilita anche l’accesso delle PMI alle competenze, attraverso migliori siti di reclutamento professionale, l’accesso online a competenze esterne, anche per compiti specifici o facilitando la condivisione di conoscenze con altri partner, attraverso il Knowledge partner”, rileva il Report dell’OCSE.

Condizioni migliori, rischi all’orizzonte

La digitalizzazione può anche aiutare a integrarsi nei mercati e nelle catene globali del valore, e ha creato meccanismi efficaci per ridurre gli svantaggi collegati alla dimensione dell’impresa nel commercio internazionale, riducendo ad esempio i costi assoluti associati al trasporto e alle operazioni doganali.

Le condizioni di mercato “sono migliorate dopo la grande crisi finanziaria iniziata nel 2008. Le imprese hanno ripristinato i loro margini di profitto, le condizioni di credito sono favorevoli, e le opzioni di finanziamento sono più numerose rispetto a prima”, spiegano gli analisti.

Tuttavia, “alcuni segni indicano che la crescita ha ormai raggiunto il suo picco e che stanno emergendo rischi da una crescita economica fragile, pressioni inflazionistiche e tensioni commerciali. E, nel caso di un nuovo rallentamento dell’economia, le PMI potrebbero essere seriamente colpite”.

Approcci governativi sempre più diversi

Sebbene i governi dell’area dell’OCSE e di altri Paesi tendano a convergere negli orientamenti strategici generali da loro adottati in tema di PMI e Imprenditorialità, gli approcci alla progettazione delle politiche pubbliche e la loro attuazione sono abbastanza diversi da un Paese all’altro. Si registra un interesse ampiamente condiviso riguardo all’accelerazione della diffusione dell’innovazione tra le piccole e medie imprese e per garantire che siano al passo con la trasformazione digitale, impegnandosi ad aumentare le competenze; potenziando le reti innovative e i legami tra multinazionali e piccole e medie imprese; uniformando le condizioni di concorrenza nei mercati dei prodotti, nelle gare d’appalto e nei principali mercati innovativi.

Di fatto, i divari salariali con le grandi imprese sono minori per le PMI che esportano e per quelle altamente produttive, in particolare per le aziende che sono già oltre la frontiera della rivoluzione digitale.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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