PMI e Digitale, una su quattro investe di più, ma oltre la metà non punta sullo sviluppo delle competenze

A fronte del 42% di PMI italiane che crede e realizza investimenti in tecnologia digitale, più di tre PMI su dieci non riconoscono il valore del digitale all’interno del proprio settore. E ancora troppe imprese (51%) non svolgono attività per sviluppare e potenziare le competenze digitali. L’analisi di scenario dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano

Pubblicato il 15 Giu 2023

CNA+

A fronte del 42% di PMI italiane che crede e realizza investimenti in tecnologia digitale, più di tre PMI su dieci non riconoscono il valore del digitale all’interno del proprio settore di appartenenza. La crescita della cultura digitale – capacità di elaborare nuove visioni, investire nelle competenze del personale, usare le tecnologie per agire sui modelli organizzativi, di business e relazionali – è ancora una debolezza diffusa.

La digitalizzazione dei processi lavorativi è spesso avviata ma portata avanti con strumenti non avanzati. I software ERP sono impiegati dal 40% delle PMI ma è ancora elevato il numero delle imprese che non li conoscono o non sono interessate a introdurli.

Ancora una minoranza le PMI convinte o avanzate

È possibile classificare le PMI italiane in quattro profili di maturità digitale, in base al loro approccio alla trasformazione digitale, al livello di trasformazione digitale e al grado di collaborazione con soggetti esterni. In sintesi, sono ancora la minoranza le PMI che presentano un profilo convinto (36%) o avanzato (9%). Di contro, il 55% delle PMI mostra un atteggiamento timido (39%) o scettico (16%) nei confronti della trasformazione digitale, mancando soprattutto di un approccio olistico e di una visione strategica di lungo termine.

Lo scenario di sviluppo è stato tracciato dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano, in occasione del convegno ‘Le PMI verso la maturità digitale: la bussola è nell’ecosistema’, in cui è stato presentato il report annuale sul settore.

Più la dimensione aziendale è ridotta, maggiore è la ‘solitudine’ dell’imprenditore nelle decisioni gestionali di natura programmatica. Mediamente la sua è una cultura di prodotto e meno di processo e di pianificazione che, come tale, necessita di presidi specialistici. Questi ultimi, per dimensione, non possono permettersi certe figure.

Ed è qui che entra in gioco l’ecosistema. Software house, istituti finanziari, professionisti, associazioni di categoria, hub di innovazione devono fornire supporto alle imprese, non solo attraverso i loro prodotti, ma contribuendo a portare una cultura gestionale più evoluta tra le mura aziendali. Troppo spesso agli imprenditori viene attribuita la responsabilità dell’arretratezza della loro organizzazione, trascurando il fatto che chi ruota intorno all’impresa ha altrettante responsabilità nel non far evolvere modalità di comunicazione e servizio in modo adeguato alle effettive necessità aziendali.

Oggi anche l’ecosistema, nonostante segnali positivi, deve continuare nel fare evolvere i suoi modelli: meno tecnicismi nei linguaggi, più attenzione alle esigenze del cliente nelle proposte destinate alle PMI. La bussola sta proprio lì, dentro l’ecosistema, e ognuno deve fare la sua parte.

PMI e digitale: un panorama eterogeneo

“Gli ultimi anni hanno visto un susseguirsi di crisi esterne che hanno avuto un profondo impatto sulle imprese italiane, e, in modo particolare sulle piccole e medie imprese. La trasformazione digitale offre, però, alle PMI una imperdibile opportunità per rimanere resilienti e mantenere la propria competitività sul mercato italiano e internazionale”, rimarca Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI.

Le oltre 221 mila piccole e medie imprese italiane costituiscono il 5% delle imprese attive nel Paese e si caratterizzano per un’elevata eterogeneità, per esempio in termini di struttura, attività, organizzazione, visione strategica. Questo si riflette in differenze di performance, ma anche di approccio all’innovazione e, in particolare, alla trasformazione digitale. L’indagine di queste diversità passa anche attraverso l’analisi delle filiere di appartenenza, al fine di comprenderne le caratteristiche (tratti comuni ed esigenze peculiari) che si riverberano nell’adozione e nella diffusione di fenomeni come quello della digitalizzazione.

Le piccole e medie imprese rivestono un ruolo fondamentale nella filiera meccanica e meccatronica, all’interno della quale costituiscono il 19% delle imprese attive. Nella filiera agroalimentare, le PMI si collocano principalmente nei segmenti centrali della filiera, legati alla produzione alimentare, e nella distribuzione del prodotto finito.

Dinamiche simili si riscontrano anche nella moda e nell’arredo e design, mentre è esclusivamente la fase produttiva a raggruppare il maggior numero di PMI nelle filiere AEC e meccanica e meccatronica. Se invece si considera la filiera dei veicoli a motore su gomma e dei servizi connessi a questi ultimi, le PMI si concentrano nelle attività di servizio al cliente finale, come la manutenzione, la revisione e il noleggio.

Il livello di digitalizzazione delle PMI

In complesso, le PMI italiane sono state in grado di reagire, seppur in alcuni casi in modo marginale, alle crisi esterne di questi ultimi anni, a partire dalla pandemia mondiale fino alla guerra in Ucraina e al caro-energia.

Solo il 14% del campione rappresentativo di PMI censite ad aprile 2023 ha dichiarato di non essere stato in grado di introdurre azioni per affrontare le difficoltà riscontrate in seguito all’aumento dei costi dell’energia e solo il 10% non ha avuto strumenti per rispondere alle difficoltà di fornitura.

Nel corso del 2022, il 26% delle PMI italiane ha aumentato gli investimenti in tecnologie digitali rispetto all’anno precedente, nonostante lo scenario economico avverso. A fronte del 43% di PMI che dichiara di essere avanti nel processo di digitalizzazione o di puntare sempre di più sul digitale, il 35% stenta a riconoscere alla digitalizzazione un ruolo centrale all’interno del proprio settore economico di riferimento, segno di una mancata consapevolezza delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale. Mancata consapevolezza che deriva anche da un ridotto investimento in cultura digitale: ancora troppe imprese (51%) non svolgono attività in azienda per sviluppare e potenziare le competenze digitali.

È ancora più allarmante che solo l’8% punti a integrare nell’organico figure con precise competenze digitali. Il divario che si riscontra sul fronte della cultura digitale ha ripercussioni sulla digitalizzazione dei processi, attività che spesso, seppure avviata, viene portata avanti con strumenti non avanzati.

Poca digitalizzazione nell’area risorse umane

Le attività di marketing e lead generation sono composte da attività tradizionali, azioni sul campo dei venditori e fiere di settore (48%), e attività digitali, soprattutto pubblicità online (nel 30% delle PMI). Manca, però, una raccolta ed elaborazione dei dati raccolti mediante CRM (Customer relationship management), tecnologia adottata o in procinto di essere implementata dal 42% delle piccole e medie imprese.

Per quanto riguarda le tecnologie trasversali in azienda, c’è attenzione verso la cybersecurity, pur emergendo chiaramente il divario tra imprese che adottano solo soluzioni di base (96%) o anche soluzioni avanzate (28%). Manca, invece, la digitalizzazione dell’area risorse umane: circa 4 PMI su 10 non adottano soluzioni digitali in questo ambito, in cui gli applicativi più in uso sono rivolti alla gestione delle presenze, dei turni e degli orari lavorativi.

A livello di integrazione dei processi e delle funzioni aziendali si osserva che il 40% delle imprese ha introdotto o punta a introdurre nel breve periodo un software ERP (Enterprise resource planning), anche se rimangono numerose le imprese che non conoscono questa tecnologia o non sono interessate a introdurla.

Il successo delle iniziative di digitalizzazione delle piccole e medie imprese passa anche dalla possibilità di intraprendere progetti collaborativi con soggetti esterni all’impresa che possano fornire non solo tecnologia ma conoscenza. In questo ambito emergono importanti margini di miglioramento; infatti, solo poco più di 1 PMI su 2 ha attuato progetti di trasformazione digitale insieme a soggetti esterni.

Il sistema degli hub di trasferimento tecnologico

Il sistema degli hub di trasferimento tecnologico dislocati sul territorio – come Competence Center, Digital Innovation Hub, Punti Impresa Digitale, incubatori e acceleratori di business –, pur offrendo importanti opportunità per le imprese per sviluppare cultura digitale e competenze tecniche, non è ancora visto come un punto di riferimento per la digitalizzazione.

L’imprenditore, che è il promotore della trasformazione digitale nel 29% delle PMI, dovrebbe cercare di agire sempre di più in sinergia con hub di trasferimento tecnologico, associazioni di categoria, aziende della filiera, per sviluppare collaborazioni in grado di supportare la crescita digitale dell’impresa.

Le iniziative per le PMI

Dall’analisi svolta dall’Osservatorio sulle iniziative poste in essere dal Paese – a favore della digitalizzazione delle imprese italiane attive a livello nazionale e regionale – emerge un’assenza di focalizzazione esclusiva verso le piccole e medie imprese.

A livello nazionale, solo 2 iniziative su 10 sono esclusivamente indirizzate alle PMI. A ciò si aggiunge il fatto che 2 iniziative su 3, sempre a livello nazionale, sono rivolte indiscriminatamente a tutte le imprese, senza considerarne il settore o la filiera come fattore discriminante. A livello regionale, invece, le misure dedicate in maniera mirata alle PMI e a specifici settori o distretti risultano più frequenti.

Le PMI talvolta faticano a intercettare tempestivamente i bandi di finanziamento dedicati, e qualora, invece, siano in grado di accedervi, hanno difficoltà a impostare una programmazione di medio-lungo termine, a causa dell’incognita sulla disponibilità di quello stesso incentivo anche in futuro. Quest’ultima criticità evidenzia un problema frequente nella trasformazione digitale delle piccole e medie imprese italiane: l’assenza di una strategia digitale, a favore di un approccio estemporaneo dettato dalle contingenze esterne e dalla disponibilità di fondi.

Passare dal breve termine al lungo periodo

Il passaggio da un approccio di breve termine a uno di medio-lungo termine passa dallo sviluppo di una consapevolezza sui benefici del digitale. Per compiere questo passo è necessaria una trasformazione culturale dell’impresa, che comprende lo svolgimento di attività formative anche da parte degli imprenditori, per accrescere la loro capacità di elaborare alternative strategiche che includono una componente digitale, e l’inserimento di figure con esperienze e competenze in ambito digitale.

La spinta propositiva verso la digitalizzazione delle PMI deve e può pervenire da molteplici attori: dal fornitore tecnologico alla banca, dal legislatore al centro di trasferimento tecnologico, dall’associazione di categoria ai professionisti. Un ruolo molto importante può essere giocato anche dai capi-filiera, attraverso lo sviluppo e la promozione di buone pratiche e di progetti condivisi che portino a migliorare la digitalizzazione della filiera di riferimento, attraverso processi di contaminazione più facilmente veicolabili, perché coinvolgono realtà che condividono linguaggi, obiettivi, problemi e conoscenza.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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