Innovazione

Dallo smart working al lavoro agile, cosa occorre alle aziende per compiere il salto

Un passaggio complesso che richiede la conoscenza del patrimonio informativo dei dipendenti e un sistema in grado di correlare i dati provenienti da tutti i processi HR, con una soluzione di reportistica e una dashboard di gestione real-time

Pubblicato il 18 Giu 2020

Gianluca Manni

 HCM Cloud applications team leader, Oracle Italia

smart working


Nella stragrande maggioranza dei casi, lo smart working viene identificato e descritto nella pratica con una combinazione di strumenti e tecnologie che abilitano l’improvvisata postazione di lavoro del dipendente casalingo a lavorare “come se fosse in ufficio”: Adsl, Pc portatile, software per videoconferenze, software per la collaborazione con i colleghi. Ma lo smart working non è esattamente questo.

Sono infatti poche le aziende che hanno già inserito un concetto di trasformazione digitale dei processi di gestione delle risorse umane: le più innovative hanno un portale self service per il dipendente, una piattaforma di formazione, un software per la valutazione delle performance e magari qualcosa per il censimento delle competenze in azienda.

Pochissime sono le aziende che al momento della crisi si erano già dotate di una piattaforma digitale integrata per la gestione del capitale umano a supporto di tutti i processi (formazione, valutazione, competenze, workforce planning, people analytics ecc.).

Possiamo notare quindi una grande differenza tra il percepito sul campo e la teoria. Una delle definizioni di smart working più corretta è quella dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, che lo descrive come: “una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.

Da smart working a lavoro agile

Dopo anni in cui si è inutilmente perorata la causa del lavoro a distanza, con seminari, workshop, pubblicazioni di ogni genere e persino normative (smart working e telelavoro sono stati regolamentati dalla Legge n. 81/2017) sono bastate poche settimane di emergenza sanitaria, e tanta volontà, per attivare il tutto, anche se in forma rudimentale.

Ora siamo nel pieno del processo di trasformazione e abbiamo questa grande opportunità di costruire partendo da qualcosa di assodato, ovvero la consapevolezza che si possa lavorare in modo differente. La riflessione che occorre fare, per non ricadere negli errori del passato, riguarda le modalità e gli strumenti perchè si passi dall’attuale remote/smart/home working a un vero e proprio lavoro agile, il digital e agile working.

Prima di tutto quindi occorre un cambiamento culturale, su cui tutti sembrano essere d’accordo. Occorre alleggerire i sistemi di controllo per avere più dinamismo, scegliere una nuova generazione di manager valutati sulla capacità di rendere autonomi i propri collaboratori, enfatizzare la centralità delle persone, rivedere i sistemi incentivanti e di valutazione su obiettivi a breve termine, abilitare un colloquio continuo con il dipendente. Per riassumere occorre riprogettare l’intera esperienza del dipendente.

Provando ad avere un approccio pratico, quali sono, allora, gli strumenti che dobbiamo affiancare a quanto sino ad ora attivato, per abilitare un nuovo modello di organizzazione che supporti il cambiamento culturale necessario?

Ecco alcuni processi/capacità che necessitano di essere digitalizzati:

  • la capacità di analizzare le categorie di dipendenti al fine di sviluppare le competenze richieste per ruoli critici e con scarsità di headcount, per costruire una resilienza operativa in caso di crisi;
  • la definizione di piani di successione in grado di evidenziare le posizioni aziendali più critiche in termini di skill e ruoli;
  • una valutazione delle performance per obiettivi che enfatizzi l’importanza del dialogo continuo con i manager e lo sviluppo e l’autonomia del dipendente. Il processo di valutazione dovrà evolversi sempre più in un momento di confronto frequente, le persone sentiranno l’esigenza di un colloquio con il proprio manager, e questo non potrà più essere cadenzato ogni anno od ogni quarter ma diverrà quasi giornaliero o comunque a richiesta. Non sarà più basato sui soli obiettivi di business e sul raggiungimento o meno degli stessi, ma si evolverà in una comprensione più completa del lato umano della risorsa per monitorarne il livello di benessere, ambizioni e necessità e motivarla;
  • l’abilità di sostenere un coinvolgimento continuo del dipendente (employee engagement):sarà sempre più necessario garantire la condivisione della cultura aziendale evitando l’isolamento di chi lavorerà prevalentemente in modalità distaccata;
  • uno strumento di learning che abiliti tutte le modalità di formazione e condivisione della conoscenza ed esperienza in azienda (social learning);
  • la possibilità di modellazione delle strutture organizzative con relativa analisi di impatto e modifiche;
  • un portale self-service dove il dipendente possa navigare tutta l’organizzazione per gerarchia, progetti, competenze, dipartimenti ecc.
  • un sistema di analisi e di KPI che consenta di governare in tempo reale tutto il patrimonio informativo HR (“data-driven HR”).

Altrettanto importante sarà evitare lo sviluppo di singole iniziative a supporto di quanto sopra, perchè questi strumenti e processi dovranno essere strettamente integrati per evitare ridondanza di dati, errori, complessità e per governare agilmente l’esperienza del dipendente. Senza un’integrazione profonda dei processi e senza l’innovazione non si può, se non con grandissimi sforzi, raggiungere un modo nuovo di lavorare e di gestire i dipendenti basato sulla fiducia, sulla motivazione e sul senso di appartenenza.

Conclusioni

Alcune aziende hanno già attivato tutto questo per i dipendenti da tempo. Oracle ad esempio, grazie all’adozione di soluzioni HCM (Human Capital Management); oggi, tramite la gestione integrata dell’intero patrimonio informativo del dipendente, si ha la possibilità di rispondere a domande strategiche della leadership aziendale come:

  • quanti dipendenti usciranno dalla mia organizzazione nei prossimi anni, quali competenze fondamentali perderò?
  • quali sono le principali competenze di cui mi dovrò dotare nel medio e lungo periodo per supportare il nostro piano industriale? Posso attivare un piano di re-skill o devo attingere all’esterno? Quali sono le competenze?
  • quanti dipendenti con valutazione positiva hanno un certo set di competenze e come posso diffonderle sul resto della popolazione?
  • quale è il percorso di formazione, e i relativi costi, che devo attivare per riqualificare le competenze di un determinato segmento di dipendenti?
  • quali sono gli obiettivi che posso definire per coinvolgere i miei dipendenti e farli sentire parte dell’organizzazione?
  • qual è la struttura organizzativa ottimale per indirizzare gli obiettivi aziendali? Come posso assicurarmi l’assunzione dei talenti di cui ho bisogno?
  • come posso definire un modello di valutazione basato su colloquio e sviluppo della persona?
  • come posso definire un modello di management basato sull’autonomia dei collaboratori?
  • quali sono le passioni, le attività e gli hobby dei miei dipendenti, chi è riconosciuto come leader all’interno del’organizzazione?

Per dare risposta a queste domande in maniera facile e immediata è necessaria una piattaforma applicativa basata su un modello dati unico, con un uso pervasivo di algoritmi di intelligenza artificiale e in grado di correlare dati provenienti da tutti i processi HR, con una soluzione di reportistica e una dashboard (cruscotto) di gestione real-time integrata.

Se un’organizzazione è in grado di rispondere agevolmente a queste domande, può essere sicura di essere sulla buona strada per arrivare a un digital/agile working che possa davvero essere la nuova normalità.

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Gianluca Manni
 HCM Cloud applications team leader, Oracle Italia

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