L’impatto del digitale nella manifattura: più resilienza e migliori performance. L’Italia si conferma un’eccellenza nell’automazione

L’indagine “The Rise of the Smarter, Swifter, Safer Production Employee” realizzata dall’Ericsson IndustryLab sulla trasformazione digitale nelle imprese manifatturiere ha mostrato come il ricorso alle tecnologie dell’ICT abbia permesso alle imprese di assorbire meglio l’impatto della pandemia. In Italia il tasso di aziende che adottano tecnologie di automazione è superiore alla media mondiale (78% vs. 68%). Automazione che si traduce, tra gli altri vantaggi, in migliori performance finanziarie.

Pubblicato il 21 Mar 2022

automazione

Le tecnologie dell’automazione hanno permesso alla manifattura di assorbire l’impatto della pandemia: il 78% delle aziende manifatturiere italiane ha infatti dichiarato una performance finanziaria invariata o addirittura migliorata, ben al di sopra della media mondiale (69%). È quanto sottolinea il rapporto “The Rise of the Smarter, Swifter, Safer Production Employee” realizzato dall’Ericsson IndustryLab, che ha analizzato la trasformazione in atto che sta interessando il settore manifatturiero, in cui vi è una crescente richiesta di maggiore produttività ed efficienza.

L’indagine si basa su dati raccolti in 22 mercati, tra cui anche l’Italia, attraverso oltre 8.500 interviste online a decision maker e figure che lavorano nei reparti produttivi, ed è rappresentativa di circa 145 milioni di dipendenti nei mercati oggetto dell’indagine.

L’indagine prende in considerazione l’evoluzione delle tecnologie in ambito industriale e l’impiego di una serie di tool abilitanti che possono avere un impatto in termini di produttività e costi.

Tra questi vi sono: AI, software video per il riconoscimento e l’Analytics, controllo da remoto di macchine, veicoli e robot, AR e VR, veicoli e robot a guida autonoma, Digital Twin, robot collaborativi ed esoscheletri.

Molti degli intervistati presentano un profilo di early-adopter, aspetto che li rende particolarmente importanti soprattutto nell’analisi del futuro del settore.

Il settore manifatturiero tra efficienza e sfide produttive

L’indagine ha sottolineato che le imprese manifatturiere sono state in grado di assorbire l’impatto della pandemia proprio grazie al ricorso alle tecnologie dell’ICT.

A livello globale, infatti, il 69% delle imprese ha dichiarato una performance finanziaria invariata o addirittura migliorata.

Tuttavia, ci sono alcune sfide che il settore manifatturiero si trova ad affrontare in un contesto ancora condizionato dalla pandemia, come la concorrenza nazionale e internazionale – che porta a una ricerca dei minori costi di produzione–, la necessità di una maggiore flessibilità e la sfida di una maggiore sicurezza sul lavoro.

Ma non solo, perché con per restare al passo con l’evoluzione della tecnologia le imprese si trovano davanti anche alla necessità di aggiornare i macchinari e i dispositivi, efficientare i processi per soddisfare il bisogno di una maggiore sostenibilità e per aumentare la resilienza delle supply chain.

La manifattura italiana punta sempre di più sull’automazione

L’Italia si conferma uno dei Paesi frontrunner in termini di utilizzo di tool ICT, con il 48% delle imprese intervistate che utilizzano almeno tre delle tecnologie prese in considerazione, rispetto al 41% della media globale.

Questo maggiore ricorso alle tecnologie digitali ha permesso alle imprese manifatturiere del nostro Paese di assorbire ancora meglio l’impatto della pandemia, con il 78% degli intervistati che ha riportato una performance finanziaria invariata o addirittura migliorata rispetto al periodo antecedente la pandemia.

Una tendenza che fa ben sperare anche per il futuro: a livello globale il 64% degli intervistati afferma che la propria impresa arriverà ad essere automatizzata all’80% nei prossimi dieci anni. Anche in questo caso, il dato italiano si posiziona al di sopra della media (77%).

Un chiaro segnale che la direzione verso impianti sempre più automatizzati è quella giusta, come confermato dal riconoscimento dei vantaggi che l’implementazione di tecnologie abilitanti porta con sé in termini produttività e riduzione dei costi.

Il 77% dei decision maker italiani intervistati (contro il 75% a livello globale) ritiene che l’automatizzazione dei processi abbia portato o porterà a un incremento della velocità produttiva, mentre il 68% afferma che ha permesso o permetterà di ridurre i costi.

Non solo, anche la sicurezza sul luogo di lavoro beneficia dei vantaggi dell’automazione: il 70% ritiene che abbia portato a una riduzione dei compiti e delle attività che comportano maggiori rischi per la propria incolumità sul lavoro.

Quasi tutti gli intervistati hanno ben chiara l’importanza della connettività wireless, come il 5G, per sfruttare tutto il potenziale dei tool ICT. In Italia sono il 79% (contro il 75% a livello globale) e l’83% ha dichiarato di aver già implementato delle reti 5G o di avere programmato di farlo entro i prossimi cinque anni.

Le previsioni per il futuro

Se ci si guarda indietro di dieci anni, i nostri decision maker ritengono che allora il livello medio di automazione delle proprie aziende era del 64% (contro il 57% a livello globale), mentre oggi viene valutato al 72% (contro il 69% a livello globale).

Guardando al futuro, l’Ericsson IndustryLab stima che il il livello medio di automazione delle aziende italiane tra dieci anni salirà all’84%.

Inoltre, il 67% delle imprese italiane intervistate ritiene che verranno adottati 7 o più dei tool presi in considerazione, un upgrade tecnologico che richiederà anche un miglioramento dal punto di vista delle competenze.

Il 42% degli intervistati che lavorano nei reparti produttivi si è detto pronto per essere formato con nuove competenze richieste da tipologie di lavoro più avanzate e il 60% si aspetta che il percorso di apprendimento sia costante ed esponenziale nel corso del tempo, sino al 2030.

Un futuro in cui, secondo l’84% degli italiani intervistati, l’AI verrà sempre maggiormente  impiegata nei processi produttivi nei prossimi dieci anni, ma in cui, secondo il 77%, il fattore umano conterà almeno per metà in quelli decisionali.

Un aspetto confermato anche dal fatto che il 61% dei decision maker italiani intervistati per lo studio ritengono che i propri dipendenti dovranno avere maggiori capacità di problem solving, analisi dei dati e programmazione.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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