Gli operatori di infrastrutture critiche si dichiarano preoccupati per le minacce alla cyber security poste da intelligenza artificiale e quantum computing. A rivelarlo è il rapporto “2025 Data Threat Report: Critical Infrastructure Edition” di Thales, gruppo che opera nelle tecnologie avanzate e nella cyber sicurezza.
Lo studio è stato condotto da S&P Global Market Intelligence’s 451 Research su un campione di 513 professionisti dei settori energia, utility, telecomunicazioni e trasporti.
Dalle interviste emerge che sebbene i “data breach” siano diminuiti notevolmente negli ultimi anni, le nuove tecnologie stanno ridefinendo il panorama delle minacce informatiche.
Secondo il report, quasi tre quarti (73%) degli intervistati indica l’evoluzione rapida dell’AI come la principale sfida legata alla sicurezza, mentre quasi i due terzi (63%) esprime preoccupazione per la possibile compromissione della crittografia da parte del calcolo quantistico.
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L’impatto dell’AI nella gestione delle infrastrutture: il nodo dell’affidabilità e della velocità
Gli operatori di infrastrutture strategiche stanno integrando sistemi avanzati di intelligenza artificiale (AI) con l’obiettivo di accrescere efficienza e resilienza. Questa adozione, tuttavia, porta con sé nuove e complesse sfide di sicurezza.
Lo studio commissionato da Thales indica che il 74% delle organizzazioni sta già indirizzando investimenti verso strumenti di sicurezza specifici per la AI generativa, ma persistono significative preoccupazioni: l’integrità dei modelli (riportata dal 64% degli intervistati) e l’affidabilità delle fonti di dati di terze parti (53%) sono tra i timori principali.
La velocità di trasformazione indotta dalla AI è percepita come una fonte di rischio intrinseca. Quasi tre quarti degli intervistati (73%) hanno infatti citato la rapida evoluzione della AI come la maggiore preoccupazione, un dato che supera la media riscontrata in tutti i settori.
Calcolo quantistico, oltre la metà delle aziende si prepara contro gli attacchi “raccogli ora, decifra dopo”
Anche il calcolo quantistico è sempre più visto come una sfida imminente. Più della metà (58%) degli intervistati ha dichiarato di essere già in fase di prototipazione o valutazione di algoritmi di crittografia post-quantistica per proteggersi dal rischio di attacchi “raccogli ora, decifra dopo”, in cui i dati sensibili catturati oggi potrebbero essere decifrati in futuro grazie alle tecnologie quantistiche.
La fiducia nelle attuali tecniche di crittografia attuali risulta eterogenea, molte organizzazioni evidenziano la necessità di una maggiore chiarezza normativa e di soluzioni più robuste per garantire la protezione dei dati e la loro conservazione nel tempo.
I “Data breach” diminuiscono, ma i rischi persistono
Un dato positivo emerso dalla ricerca riguarda la riduzione delle violazioni: solo il 15% degli operatori ha segnalato una violazione nell’ultimo anno, in netto calo rispetto al 37% del 2021.
Questo miglioramento è in parte attribuito alla maggiore adozione dell’autenticazione a più fattori (MFA), che è aumentata significativamente dal 2021.
Tre quarti delle organizzazioni ora applica la MFA a oltre il 40% dei dipendenti — anche se l’adozione è ancora inferiore di nove punti percentuali rispetto alla media globale.
Nonostante i progressi, errori di configurazione, vulnerabilità e compromissione delle identità continuano a rappresentare le cause principali degli incidenti. Questo evidenzia che sebbene le difese stiano migliorando, la disciplina operativa rimane un elemento cruciale per la protezione delle infrastrutture.
La sovranità dei dati e il livello di maturità della sicurezza restano disomogenei
La sovranità digitale rimane una questione centrale per gli operatori del settore. Oltre la metà (52%) delle organizzazioni che operano nelle infrastrutture critiche afferma che la conformità alle normative imposte da clienti, regionali o globali è il principale motore delle iniziative legate alla sovranità dei dati.
Tuttavia, solo il 2% ha criptato almeno l’80% dei propri dati sensibili conservati nel cloud, un dato nettamente inferiore alla media globale dell’8%.
Sebbene quasi nove intervistati su dieci dichiarino di essere in grado di classificare almeno metà dei propri dati, l’uso diffuso di molteplici strumenti di “data discovery” sta causando incoerenze e politiche contrastanti. Questo disallineamento rischia di compromettere i progressi nella protezione dei dati sensibili.
“Le organizzazioni che operano nelle infrastrutture critiche hanno fatto grandi progressi nel ridurre il numero di violazioni dei loro dati, ma la prossima ondata di disruption è già arrivata“, commenta Todd Moore, Vicepresidente Data Security Products di Thales.
“Chi opera nel settore delle infrastrutture critiche non può permettersi di essere colto di sorpresa. Per proteggere i dati sensibili a lungo termine e mantenere operativi i servizi essenziali, gli operatori devono agire subito: adottare una crittografia più robusta, investire in protezioni specifiche per l’AI e prepararsi con urgenza all’era post-quantistica”, aggiunge.










