Industria 4.0, la rivoluzione culturale basata sulle competenze

SPS Real Time intervista Marco Taisch, Professore di Operations Management and Advanced and Sustainable Manufacturing al Politecnico di Milano, sulle misure contenute nel piano e sui temi chiave di Industry 4.0.

Pubblicato il 27 Set 2016

taisch

Professore è soddisfatto delle misure previste nel piano?

Sì, il piano è ambizioso e prevede investimenti quantitativamente superiori a quelli messi in cantiere da Germania, Francia e anche dagli stessi Stati Uniti. Inoltre il piano è anche qualitativamente ben articolato e tecnologicamente neutrale: non dice alle imprese in che cosa investire, ma lascia loro l’autonomia di scegliere la strada giusta per il proprio business. Sono inoltre estremamente soddisfatto del fatto che il controllo sull’attuazione del piano spetterà a una cabina di regia nella quale ci sarà sì la politica, ma anche gli altri stakeholder del piano: università, industria e parti sociali.

Lei ha parlato di una “rivoluzione culturale”. Ci spiega perché?

Le prime tre rivoluzioni avevano una chiara connotazione tecnologica: la prima sul vapore, la seconda sull’elettricità e la terza sull’automazione. Questa quarta rivoluzione è decisamente più complessa dal punto di vista tecnologico, perché mette in campo tecnologie di diversa estrazione. Per questo le aziende sono chiamate a compiere un vero e proprio salto culturale.

Per questo è stato posto un accento così forte sulla formazione?

Esatto. Cambieranno le competenze necessarie ed è per questo che il piano ha dei capitoli espressamente dedicati alle attività di formazione, sia quelle relative a scuola e università sia quelle dedicate a chi è già nel mondo del lavoro.

A proposito di lavoro, c’è da temere una diminuzione dell’occupazione nel manifatturiero?

Non credo. Con l’aumento della produttività si liberano capitale e capacità produttiva e questo contribuisce a ridurre il gap di competitività che abbiamo con le economie caratterizzate dal basso costo della manodopera. Si creeranno quindi le condizioni ottimali per il reshoring: le imprese che erano andate a produrre fuori avranno convenienza a tornare a produrre in Italia. Io credo quindi che il saldo netto tra posti di lavoro persi e posti guadagnati sarà positivo.

Ci spiega come funzioneranno i Competence Center?

I Competence Center saranno innanzitutto uno spazio fisico dove saranno collocate le tecnologie: macchine, device, sistemi di produzione, movimentazione, realtà aumentata. Avere a disposizione uno spazio del genere è indispensabile per far conoscere le tecnologie, per fare “awareness” verso chi non le conosce. Per chi invece è già informato, funzioneranno da teaching factory, particolarmente utili per le PMI che hanno difficoltà ad accedere alla ricerca. Si tratterà di centri nazionali diversificati per competenze, non saranno dei cloni. Le dirò di più: è necessario anche un coordinamento a livello europeo per evitare doppioni e spreco di risorse. Potrà benissimo capitare che le nostre imprese andranno in Competence Center in Germania e, viceversa, che i nostri centri riceveranno aziende tedesche.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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