Taisch: il futuro della manifattura sarà nelle app

Il professor Marco Taisch ci parla di piattaforme, manufacturing app e tempi di ritorno dell’investimento nell’era di Industry 4.0

Pubblicato il 20 Ott 2016

Foto courtesy of GE

Dalla presentazione del Piano Industry 4.0, avvenuta esattamente un mese fa, non è passato giorno che il tema della quarta rivoluzione industriale non sia stato occasione di articoli per quotidiani e siti di informazione e approfondimento di ogni tipo. Certo, più che di temi tecnologici, si è parlato soprattutto di misure e incentivi: i 13 miliardi, l’iperammortamento, il collegamento alla legge di bilancio hanno favorito la “popolarità” del tema. Ma la fabbrica è tornata al centro dell’attenzione e questa è una buona notizia e un incentivo a tornare a occuparci (se non altro anche) dei temi tecnologici che a tutto questo fenomeno hanno dato l’abbrivio.

Lo abbiamo fatto di proposito nuovamente con Marco Taisch, Professore di Operations Management e Advanced and Sustainable Manufacturing al Politecnico di Milano, una delle menti del piano ma anche ingegnere, riconosciuto esperto di tecnologie e presidente di Holonix, spin-off del Polimi.

Professore, tra servitizzazione del manifatturiero e consumerizzazione delle tecnologie per l’industria, non è che in un futuro non troppo remoto ci toccherà avere a che fare con Apple e Android anche nelle applicazioni industriali?

taisch
Il prof. Marco Taisch

È una possibilità che non mi stupirebbe vedere effettivamente concretizzarsi: sarebbe la naturale evoluzione di un percorso che oggi è solo agli inizi. Il mondo industriale vivrà fasi analoghe a quelle vissute dagli utenti privati: dopo Internet, arriva il momento delle App. Nel futuro che immagino – che poi così remoto non è, visto che ci sono già diverse realtà che stanno operando in questa direzione – esisteranno degli store nei quali le imprese potranno acquistare delle “manufacturing app”: una per il controllo remoto dell’utensile, una per il monitoraggio dei consumi… un’app per coprire ciascuna necessità. Così come accade per noi privati, se ne installerà una alla volta, in base alla specifica esigenza, si implementerà la funzione, si verificheranno i ritorni economici e poi via con un’altra app.

E chi potrebbero essere gli owner di questi market, i gestori del “sistema operativo” e dell’“app store”?

Per me i protagonisti di questo settore non potranno che essere soggetti con un comprovato know-how industriale. Soggetti come Apple e Android potranno arrivare sul mercato o attraverso delle partnership oppure limitandosi a sviluppare delle piattaforme orizzontali aperte a tutti, lasciando invece spazio agli specialisti per lo sviluppo delle app. Certo, per le PMI sarebbe certamente un bel vantaggio sfruttare l’equivalente industriale di un sistema Android, gratuito e open source, sul quale acquistare le app che le servono per migliorare i propri processi.

Parlando di tecnologie digitali, quali sono i tempi in cui è lecito attendersi un ritorno del capitale investito?

Le aziende dovrebbero lasciarsi alle spalle quello che hanno vissuto quando arrivarono gli ERP: mesi e mesi di sviluppo, investimenti faraonici e poi un giorno lo “switch”, si spegneva il vecchio sistema e si accendeva il nuovo, con tutti i pro e i contro del caso. Con Industria 4.0 è tutto completamente diverso: è l’approccio a essere rivoluzionario, ma l’implementazione è evolutiva, si possono fare piccole implementazioni a macchia di leopardo e configurare il proprio percorso nel tempo. In tal modo è anche possibile misurare e valutare il ritorno di ciascun (piccolo) investimento fatto. Ora, l’ambito Industry 4.0 è molto vario, ma per esperienza personale posso garantirle che in alcuni casi – nemmeno pochi per la verità – gli investimenti possono essere recuperati anche in 2-3 mesi. Prenda ad esempio uno scatolotto da poche centinaia di euro che mette i dati della mia macchina in rete e un’app da poche migliaia di euro che mi permette di analizzarli: costituiscono una soluzione in grado di garantirmi praticamente subito un incremento di produttività di qualche punto percentuale a fronte di una spesa davvero minima. 

Le app sono il “bene immateriale” per eccellenza. L’introduzione dei software nell’elenco delle 47 merceologie incentivate con iper o superammortamento è una scelta senza dubbio coerente con lo spirito del Piano. Il dubbio però è che il contributo in conto capitale non sia lo strumento giusto: soprattutto in ambito Industry 4.0 infatti software e piattaforme vengono erogati in modalità as-a-service e sono quindi spese operative (non ammortizzabili), non crede?

Condivido lo spirito dell’osservazione, ma guardiamo un attimo la realtà. Quello del super e iper ammortamento è uno strumento veloce e automatico. Chiaramente nell’elenco dei beni qualche compromesso c’è. Avrebbe avuto senza dubbio senso introdurre degli incentivi anche per le spese operative per chi vuole utilizzare i software as-a-service, ma stiamo parlando davvero di cifre che non sono comparabili con quelle che sono in ballo quando si parla di un investimento di decine o centinaia di migliaia di euro necessari all’acquisto di una macchina. Credo che sia quindi comprensibile la scelta di aver lasciato fuori una frazione percentuale della spesa per l’innovazione di un’impresa che pesa poco nel bilancio complessivo.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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