I robot che lavorano accanto all’uomo

Pubblicato il 09 Nov 2016

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Per riuscire a collaborare in sicurezza con i “colleghi” in carne e ossa, i robot collaborativi sono un concentrato di sensori, meccanismi anticollisione e telecamere che gli permettono di affiancare gli operatori umani in un’ottica di squadra, condividendo con loro gli spazi di lavoro.

La maggior parte dei collaborative robot (cobot) inoltre è in grado di autoapprendere in maniera rapida e intuitiva i compiti da svolgere: l’operatore dovrà semplicemente preoccuparsi di guidarlo fisicamente nei movimenti che dovrà compiere.

I nuovi cobot non sostituiranno naturalmente i robot tradizionali nelle grandi applicazioni sulle linee manifatturiere, ma andranno ad affiancare l’operatore nelle operazioni di assemblaggio, montaggio e ispezione. Una nicchia? Per ora sì, ma gli analisti stimano che il mercato dei cobot supererà i 3 miliardi di dollari entro il 2020.

Vediamo come alcuni tra i principali costruttori di robot – ABB, Comau, Fanuc, Kuka e Universal Robot – hanno declinato questi concetti.

Se un braccio non basta

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Lanciato nella primavera 2015 nel corso della Hannover Messe, giusto in tempo per diventare poi protagonista al Supermercato del Futuro di Expo Milano, il primo robot collaborativo sviluppato da ABB si chiama YuMi, nome che nasce dall’abbreviazione di ‘you and me’, a indicarne l’attitudine collaborativa.

Si tratta di un robot a doppio braccio – l’unico di questo genere – pensato per l’utilizzo nell’assemblaggio di componenti di piccole dimensioni, in cui gli esseri umani e i robot eseguono congiuntamente le stesse operazioni.

YuMi è dotato di vista e tatto. La sicurezza degli operatori che collaborano con questo cobot è garantita dal doppio braccio con imbottitura morbida, a cui si abbina un’innovativa tecnologia con sensori di forza. I dispositivi di sicurezza sono inseriti nella funzionalità del robot stesso in modo che possa operare senza gabbia di sicurezza.

YuMi è stato progettato specificamente per le esigenze di flessibilità e agilità in produzione dell’industria elettronica di largo consumo, ma può essere impiegato in qualsiasi processo di assemblaggio di piccoli componenti, grazie al doppio braccio, alle “mani” flessibili, al sistema universale per l’alimentazione dei componenti, alla telecamera per l’individuazione dei pezzi, alla programmazione lead-through e al controllo di movimento avanzato ad alta precisione.

Il cobot di ABB ha uno scheletro di magnesio leggero ma estremamente rigido, rivestito da un involucro di plastica con morbide imbottiture per attutire eventuali colpi. YuMi è compatto, con dimensioni e movimenti simili a quelli dell’uomo, per trasmettere un senso di sicurezza e tranquillità ai suoi colleghi in carne e ossa.

Quando si imbatte in un ostacolo imprevisto, ad esempio il contatto con un addetto, il cobot si arresta nel giro di pochi millisecondi, dopodiché il suo funzionamento può essere ripristinato facilmente premendo un pulsante sul telecomando. YuMi non ha punti di aggancio, cosicché non sussiste alcun rischio di lesioni dovute all’apertura e chiusura degli assi.

Il robot con la pelle

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Comau era finora uno dei grandi assenti dalla scena dei Cobot. L’attesa però sta per finire: nella scorsa edizione della fiera Automatica di Monaco di Baviera, il costruttore italiano ha mostrato in anteprima la nuova linea di robot ad elevato payload Aura (Advanced Use Robotic Arm), in grado di interagire con gli addetti alla linea in modo efficiente, ma soprattutto nella massima sicurezza.

Aura è un vero e proprio concentrato di tecnologia. I bracci robotici avranno un rivestimento speciale, una sorta di pelle dotata di aree sensibili che possono percepire simultaneamente la vicinanza e il contatto con una persona, o di qualsiasi altro componente di automazione. Il robot è inoltre equipaggiato di un sistema di percezione di impulsi tattili in grado di modificare la propria traiettoria a seguito di un contatto, di un sistema di visione integrato che gli consente di prevedere i movimenti di una persona nel suo raggio di azione e di uno scanner laser. Quando Aura viene toccato si limita a fermare il proprio movimento, ma la reazione, grazie ai suddetti sensori, potrà essere impostata in base alle esigenze degli operatori.

L’uso combinato di controlli, sistemi percettivi e predittivi permettono al robot di cooperare con l’uomo in qualsiasi processo o settore e senza compromessi.

I due robot AURA presenti in fiera avevano payload rispettivamente di 60 e 110 kg ed erano impegnati in due interessanti demo di lavorazioni su una Maserati Ghibli. La prima applicazione vedeva un operatore e il robot NJ60 al lavoro per la movimentazione della batteria dell’auto. Il robot porta la batteria fino al vano motore della Ghibli e poi viene guidato guidato nel placement, dopo aver diminuito la sua velocità, da comandi tattili.

La seconda applicazione vedeva invece al lavoro il robot NJ4 110 per operazioni sul cofano della macchina. Il robot, una macchina polso cavo, gestisce uno strumento dedicato con il suo sesto asse per eseguire il processo sotto la guida manuale dell’operatore. Il robot può anche imparare le traiettorie e completare il lavoro da solo.

Non solo carichi pesanti

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Fanuc è entrata “di forza” nel mercato dei cobot nella primavera 2015 presentando un prodotto – il CR-35iA – che si è subito imposto come il più potente della categoria, grazie alla capacità di sollevare carichi fino a 35 kg. Le sue applicazioni principali sono nel settore automobilistico (l’immagine dell’operazione di carico di una gomma di scorta in un’automobile ha fatto storia), nel packaging, nella distribuzione e nella lavorazione dei metalli.

Anche Fanuc, però, ha deciso di scommettere anche su applicazioni più leggere e per questo, nel corso di quest’anno, ha presentato due nuovi cobot: il CR-7iA e il CR-4iA. Il primo ha uno sbraccio di 717 mm (911 mm nella versione CR-7iA/L) e supporta carichi fino a 7 kg. Il secondo invece ha un raggio d’azione di 550 mm e una capacità di carico di 4 kg.

Per utilizzare un cobot Fanuc non sono necessari linguaggi di programmazioni speciali o complicati, ma è sufficiente utilizzare le soluzioni Fanuc standard.

Grazie ai suoi 6 gradi di libertà e alla notevole estensione del braccio, il CR-7iA si presta ad operazioni particolarmente complesse, come ad esempio prelevare da un contenitore pezzi sparsi alla rinfusa e movimentarli con grande accuratezza porgendoli all’operatore.

I cobot di Fanuc sono stati progettati per essere sicuri, affidabili, precisi e dotati di un’ampia gamma di opzioni dedicate alla visione artificiale, quali ad esempio la compatibilità con le periferiche standard del settore o con i sensori di visione Fanuc iRVision e Fanuc 3D Area Sensor.

Il cobot snodabile

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Si chiama LBR iiwa il robot collaborativo di Kuka che strizza l’occhio alla sicurezza e stringe la mano all’operatore. Il perché di un nome così apparentemente astruso è presto detto: LBR è l’acronimo di “Leichtbauroboter”, robot leggero, mentre iiwa significa “intelligent industrial work assistant”.

Lanciato ormai diversi anni fa, il collaborativo Kuka è stato migliorato nel corso degli anni grazie alla collaborazione del Costruttore tedesco con i dipartimenti di ricerca e sviluppo di università e aziende clienti. Oggi siamo alla quarta generazione di un prodotto che si può certamente considerare maturo.

Disponibile in due taglie, da 7 e 14 kg, il cobot ha fatto recentemente bella mostra di sé allo stand Kuka alla Bi.Mu. Il visitatore è stato invitato a interagire con il braccio robotico per capire realmente che cosa significhi collaborazione tra uomo e robot.

Grazie ai suoi 7 gradi di libertà (uno in più di quelli di cui normalmente dispone un braccio robotico), LBR iiwa è estremamente versatile ed è in grado di compiere operazioni incredibili, spingendosi ai limiti delle possibilità fisiche di un sistema meccatronico del genere. La chiave del suo successo (LBR iiwa è infatti già adottato in diverse fabbriche anche in Italia) è la semplicità della messa in funzione: l’operatore infatti può mostrare al robot il task da eseguire, guidando materialmente il braccio nella prima esecuzione, che sarà poi appresa e ripetuta. Pur non essendo dei campioni di velocità rispetto ai robot che lavorano in cella, i collaborativi hanno il grande pregio di essere estremamente flessibili, adattandosi a quei contesti che richiedono continui cambi di lavorazione. LBR iiwa, inoltre, è conforme a tutte le normative che regolamentano le operazioni di un robot per la sicurezza degli operatori.

Oltre al robot “libero”, allo stand Kuka era presente anche una seconda demo in cui LBR iiwa lavorava in completa autonomia con tre utensili per l’assemblaggio completo di un prodotto. Uno dei lati della cella era aperto per consentire all’operatore di scambiarsi materiali con il robot o provvedere alla sua riprogrammazione nel caso in cui fosse necessario il cambio di lavorazione.

Flessibili, sicuri e integrati

UR3 - lillebror fra Universal Robots

Universal Robots è stata una delle aziende “pioniere” della robotica collaborativa avendo venduto il suo primo Cobot già nel 2008. I suoi robot collaborativi UR3, UR5 e UR10 sono adatti a molteplici applicazioni, offrono grande semplicità di utilizzo e velocità di installazione, rendendo così la robotica sicura ed accessibile a tutti.

I robot UR sono leggeri, flessibili e possono essere facilmente spostati per svolgere nuove mansioni anche in processi produttivi caratterizzati da piccoli lotti e alto mix di prodotto. In particolare la programmazione semplice ed intuitiva consente anche agli operatori meno esperti di riprogrammare i robot per nuovi task.

I robot UR sono facilmente integrabili ed offrono la possibilità di collegamento in un network di macchine per scambio dati in tempo reale, e per questo sono sicuramente elementi abilitanti e “key driver” in ottica Industry 4.0.

I robot collaborativi UR lavorano al fianco e a supporto dell’uomo, da cui sono guidati in maniera semplice ed intuitiva, come un nuovo strumento di lavoro. Il cobot non è destinato a sostituire mano d’opera umana, ma a prendere in consegna le attività faticose o pericolose. Naturalmente, questo significa che i robot collaborativi devono avere determinate caratteristiche: devono essere flessibili, facilmente programmabili e sicuri. Tutte queste condizioni sono soddisfatte da Universal Robots, per una vera e propria collaborazione uomo-macchina.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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