Cercansi talenti e competenze: l’Italia sul podio dei paesi malati di skills gap

Secondo una ricerca di ManpowerGroup presentata al World Economic Forum il 54% delle aziende segnala problemi nel reperire le competenze. L’Italia è terza in questa poco invidiabile classifica.

Pubblicato il 27 Gen 2020

Charlie Chaplin in 'Tempi moderni'

Cresce, e a passo di corsa, il divario delle competenze nelle aziende e nelle organizzazioni in tutto il mondo. Il motivo? Da una parte un’innovazione tecnologica più veloce di quella della formazione e del ‘saper fare’; dall’altra un certo disorientamento e impreparazione dei protagonisti – imprese, lavoratori, intere società e Paesi – nel saper stare al passo dei cambiamenti in atto.

E così la carenza di talenti (talent shortage) a livello globale raggiunge livelli record. L’Italia è terza al mondo, dopo Stati Uniti e Messico, nella classifica dei Paesi che hanno le maggiori difficoltà nel trovare i lavoratori con le giuste competenze. Una ‘eccellenza’ al contrario, ben poco invidiabile, e che rallenta inevitabilmente le potenzialità delle imprese Made in Italy, e della nostra economia.

La carenza di talenti a livello globale è quasi raddoppiata nell’ultimo decennio, secondo una ricerca di ManpowerGroup, dal titolo Closing the skills gap: what workers want, presentata in occasione del World Economic Forum di Davos. Il 54% delle aziende segnala una carenza delle competenze e in 36 su 44 Paesi analizzati si riscontrano difficoltà nell’attirare talenti qualificati rispetto al 2018.

Sono i datori di lavoro negli Stati Uniti (69%), in Messico (52%) in Italia (47%) e in Spagna (41%) a registrare le maggiori difficoltà nel trovare i lavoratori con le giuste capacità e specializzazioni.

Come colmare questo divario

Il Report prova a spiegare anche come colmare questo divario, ed evidenzia cosa attragga le persone verso le aziende e cosa le faccia rimanere nell’organizzazione, permettendo alle imprese di trovare, consolidare e trattenere i migliori talenti. Se, da un lato, ciò che ricercano i lavoratori varia in base all’età, all’area geografica, alle diverse fasi di carriera lavorativa, dall’altro lato si rileva che sono di fondamentale importanza l’ambiente e gli orari in cui si lavora, il grado di benessere che deriva da programmi di conciliazione vita-lavoro offerti dall’azienda, e percorsi di crescita professionale per il consolidamento delle competenze.

La carenza di talenti (Talent Shortage) a livello globale – (fonte: ManpowerGroup)

“In un mondo sempre più abilitato dalla tecnologia, le persone che hanno competenze sono molto richieste”, rileva Jonas Prising, presidente e Ceo di ManpowerGroup. “Sappiamo da colloqui con i candidati, conversazioni con i clienti, e dal nostro patrimonio di dati, che i lavoratori ricercano flessibilità e l’opportunità di acquisire nuove competenze. Per questo, in occasione del recente World Economic Forum, abbiamo chiesto ai leader di orientare la loro domanda al nuovo approccio dei talenti”.

In pratica, la creazione di valore per le aziende e gli azionisti deve essere accompagnata dal prendersi cura di dipendenti, clienti e comunità, è quindi fondamentale ascoltare la voce delle persone. “Con l’accelerazione dei processi di disruption, aiutare le persone a integrarsi nel lavoro del futuro e le aziende a diventare “creatrici di talenti” non è mai stato così importante”, fa notare il numero uno di ManpowerGroup.

Cosa vogliono i lavoratori

L’analisi di scenario offre un quadro dei cambiamenti in corso nei bisogni dei lavoratori, in base all’area geografica, al genere e ai diversi momenti di carriera:

Generazione Z (18-24 anni): è composta da giovani ambiziosi, desiderosi di guadagno e di sviluppo di carriera, ma donne e uomini hanno desideri diversi. Le donne attribuiscono un livello di priorità due volte maggiore alla retribuzione, rispetto alla priorità successiva, ovvero lo sviluppo delle competenze, mentre gli uomini affermano che le competenze e la carriera contano almeno quanto la retribuzione.

Millennials (25-34): ricercano flessibilità e un lavoro stimolante; le donne dichiarano che la flessibilità è una necessità, mentre gli uomini ne approvano l’utilità pur non reputandola strettamente necessaria.

Generazione X (35-44): sono alla ricerca dell’equilibrio. Per uomini e donne la flessibilità è una priorità e desiderano la possibilità di lavorare a distanza, di poter usufruire della propria quota di congedo parentale e una flessibilità di inizio e fine giornata lavorativa.

Boomers (età 55-64 e over 65): sono guidati nelle scelte lavorative dalla retribuzione, dal lavoro stimolante e dalla flessibilità, sebbene attribuiscano la massima priorità alla leadership e al team. I lavoratori in età avanzata vogliono lasciare il proprio contributo alla comunità: gli over 65 sono i più motivati dall’orientamento ai risultati.

Una rivoluzione globale delle competenze

Mentre i posti di lavoro vengono trasformati dalle tecnologie della ‘Quarta rivoluzione industriale‘, secondo le stime dell’Ocse più di un miliardo di posti di lavoro, quasi un terzo di tutti i posti di lavoro nel mondo, saranno probabilmente trasformati dalla tecnologia nel prossimo decennio, entro il 2030.

Nei prossimi due anni, entro il 2022, il World Economic Forum prevede che cambierà il 42% delle competenze fondamentali necessarie per svolgere i posti di lavoro esistenti, e saranno creati 133 milioni di nuovi posti di lavoro nelle principali economie per soddisfare le richieste della Digital transformation. Oltre alle competenze ad alta tecnologia, saranno molto richieste competenze interpersonali specializzate, comprese quelle relative alle vendite, alle risorse umane, all’assistenza e all’istruzione.

Per fare progressi significativi nella riqualificazione dei lavoratori sarà particolarmente importante concentrarsi sulle professioni in più rapida crescita nel futuro. E secondo il World Economic Forum, gran parte della crescita occupazionale proverrà da sette aree professionali: assistenza, ingegneria e cloud computing, marketing e contenuti di vendita, dati e IA, lavori verdi, persone e cultura e project manager specializzati.

Dare valore al ‘saper fare’, non solo alle lauree

Secondo Saadia Zahidi, amministratore delegato del World Economic Forum, “non stiamo necessariamente guardando a un futuro negativo in termini di posti di lavoro, ma quello che stiamo osservando è un grande cambiamento in termini di competenze all’interno di ogni lavoro e dei tipi di lavoro che esisteranno in futuro”. E Ginni Rometty, presidente e Ceo di Ibm, sottolinea: “bisogna dare valore alle competenze e non solo alle lauree. Bisogna avere nuovi modelli di istruzione e nuovi percorsi per riqualificare le persone e reinserirle nella forza lavoro”.

In un’altra delle numerose tavole rotonde del Wef 2020 è intervenuto anche il ministro del Lavoro francese, Muriel Pénicaud, che rileva: “in primo luogo, penso che molti dei lavori del futuro saranno incentrati innanzitutto sulle soft skills, probabilmente le più difficili da imparare, ma probabilmente le più decisive per il lungo termine”. E poi, rimarca che sarà importante “imparare, imparare, imparare. Significa curiosità. Le persone avranno una serie di abilità che domani saranno uniche per ogni persona, perché impareranno l’IA, ma anche la cucina, e anche le abilità soft. Questo cocktail di abilità farà la differenza nel tempo”. E conclude: “non è un pacchetto che si consegna a domicilio. Sarà un processo continuo”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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