Confindustria: in Italia reazione “lenta e frammentata” alla crisi. E il Governo risponde…

L’ultimo atto dei contrasti che hanno coinvolto Confindustria e Governo riguarda i numeri poco lusinghieri per il nostro Paese pubblicati nella nota del Centro Studi degli industriali sulle risposte di bilancio di Germania, Francia, Stati Uniti e Italia all’emergenza Covid-19. Numeri da cui emerge una reazione “lenta e frammentata” alla crisi economica, su cui però non sono d’accordo i Ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, che li definiti “superati, incompleti e fuorvianti”.

Pubblicato il 20 Giu 2020

Confindustria

Continua lo scontro tra Governo e Confindustria: l’ultimo atto dei contrasti che hanno coinvolto l’associazione degli industriali e l’esecutivo, dopo il botta e risposta tra Carlo Bonomi e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, riguarda i numeri poco lusinghieri per il nostro Paese pubblicati nella nota del Centro Studi di Confindustria sulle risposte di bilancio di Germania, Francia, Stati Uniti e Italia all’emergenza Covid-19.

Numeri da cui emergerebbe una reazione “lenta e frammentata” alla crisi economica scaturita dalla pandemia. Un’analisi che non è piaciuta ai Ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, che in una nota congiunta hanno definito i dati “superati, incompleti e fuorvianti”, invitando Confindustria a fondare le valutazioni “su un esame e un uso accurato dei dati”.

Ma andiamo con ordine e vediamo cosa dice la nota degli industriali, che mette a confronto le misure adottate dall’Italia per sostenere l’economia (in termini di risorse stanziate, velocità di risposta allo shock, sostegno alle imprese) con quelle di Francia, Germania e Stati Uniti.

I dati di Confindustria e le critiche di Mef e Mise

“Il punto critico della risposta italiana sono i tempi di adozione e implementazione delle misure: il ritardo è ampio rispetto agli altri Paesi considerati e compromette l’efficacia delle misure adottate che, in una fase emergenziale come quella attuale, necessitano invece di una trasmissione immediata al sistema economico”: la prima critica degli industriali riguarda quindi la velocità con cui il Governo ha reagito all’emergenza adottando provvedimenti di sostegno all’economia.

A partire dalla registrazione dei primi cento casi di Covid-19, l’Italia avrebbe atteso 23 giorni per adottare il primo provvedimento organico a carattere nazionale (il cosiddetto decreto Cura Italia del 17 marzo), contro i 15 degli Stati Uniti, 12 della Francia e 8 della Germania. Su questo punto però i Ministeri intervengono: “il primo decreto contenente ‘misure urgenti di sostegno per famiglie lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19′ risale al 2 marzo, a 10 giorni dal primo caso accertato in Lombardia”: su quest’ultimo decreto però bisogna precisare che gran parte degli articoli riguardavano i Comuni delle “zone rosse”, mentre l’analisi di Confindustria parla di provvedimento “a carattere nazionale”.

Tra le motivazioni individuati dall’analisi di Confindustria vi è la “difficoltà politica di trovare l’accordo tra le forze della maggioranza”, ma anche “l’enorme complessità dei provvedimenti legislativi che si adottano in Italia”. L’esempio fornito dagli industriali è il decreto Rilancio del 19 maggio scorso: uno dei testi più corposi della storia della Repubblica, con 266 articoli che richiedono in totale 90 provvedimenti attuativi. Sarebbero proprio la complessità e le “difficoltà operative della Pubblica Amministrazione” a confermare “il ritardo cronico nell’implementazione delle misure”.

Per quanto riguarda invece i sussidi, il Centro Studi di Confindustria fa notare che “la Germania ha erogato oltre 13 miliardi di euro di aiuti a piccole imprese e autonomi (in circa due mesi) contro i 4,7 della Francia (erogati in poco più di 2 mesi) e i 2,4 dell’Italia (per il solo mese di marzo e solo alle partite Iva)”.

E sulla liquidità: “il Governo americano in meno di due mesi ha erogato 512 miliardi di dollari di prestiti (a oltre 4,5 milioni di beneficiari); la Germania, in due mesi e mezzo, circa 47 miliardi di euro (a quasi 63.000 beneficiari); la Francia, in poco più di due mesi, oltre 88 miliardi di prestiti (a 478.000 beneficiari), l’Italia, tramite il Fondo di Garanzia, in tre mesi, quasi 34 miliardi (per soddisfare circa 646.000 domande) e, tramite la Garanzia Italia-Sace, in due mesi e una settimana, solamente 718 milioni (a 75 beneficiari). La conclusione degli autori dell’analisi è che “la difficoltà nella trasmissione al sistema economico delle decisioni politiche rappresenta un grande ostacolo allo sviluppo del Paese, che richiede di essere affrontato con interventi straordinari”.

È proprio sui sussidi e sulla liquidità che il Ministero dell’Economia e quello dello Sviluppo Economico dedicano più attenzione nello smentire i numeri di Confindustria. “L’Italia ha erogato quasi 6 miliardi a quasi 5 milioni di persone per tutte le indennità di marzo e aprile, quindi più della Francia”, si legge nella nota, in cui si ricorda anche le misure operative per le piccole imprese in aggiunta ai semplici sussidi (come i bonus autonomi o i contributi a fondo perduto): bonus affitti, sconto sulle bollette, abbuono Irap di giugno.

Confindustria infatti inserisce queste tra le “misure di impulso fiscale, quelle che i beneficiari non dovranno rimborsare”. Considerando solo queste ultime, l’impulso fiscale dell’Italia sarebbe “inferiore a quello della Germania (4,5 punti di Pil del 2019) ma sopra alla media UE (3 punti): 4,2 punti di Pil 2019 contro 1,7 della Francia e 0,7 della Spagna”.

Per il Governo sulla liquidità, indicando in 34 miliardi circa l’ammontare dei prestiti con garanzia pubblica concessi alle imprese in Italia per far fronte all’emergenza, “Confindustria omette i 277 miliardi totali della moratoria sui crediti e sui mutui, di cui hanno beneficiato 2,6 milioni tra cittadini e imprese e la cui inclusione modificherebbe sensibilmente, a vantaggio dell’Italia, il paragone e le considerazioni critiche”. Gli industriali però riconoscono che sulle “misure per la liquidità” nel complesso, “quelle che vanno ripagate” dalle imprese, l’Italia è davanti a tutti “con un ammontare massimo potenzialmente utilizzabile pari a circa 37,8 punti di Pil (media UE: 20,6 punti), seguita da Germania (27,8), Francia (15,9) e Spagna (10,1)”. In particolare, le misure destinate alle imprese, con 16,9 punti di Pil 2019, ci collocherebbero dopo la Germania (28,9) ma prima della Francia (13,7).

In conclusione, l’analisi del Centro Studi di Confindustria ricorda che l’ammontare, la tipologia e i tempi di implementazione delle misure adottate dai vari Paesi faranno la differenza sulla capacità di uscire dalla crisi, “con ovvie ripercussioni sui livelli di crescita che tenderanno a divergere”. Per evitare che gli interventi differenziati dei vari Paesi creino “distorsioni sul mercato interno”, gli industriali invocano un’imprescindibile “azione consistente portata avanti a livello europeo, l’unica in grado di attenuare eventuali squilibri tra Paesi”: si tratta del Recovery Fund “Next Generation EU“, su cui si sta cercando di trovare un accordo al Consiglio Europeo.

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Francesco Bruno

Giornalista professionista, laureato in Lettere all'Università Cattolica di Milano, dove ha completato gli studi con un master in giornalismo. Appassionato di sport e tecnologia, compie i primi passi presso AdnKronos e Mediaset. Oggi collabora con Dazn e Innovation Post.

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