Recovery Fund e bilancio europeo, c’è l’accordo: l’Italia ci guadagna, ricerca e digitale ci rimettono

I 27 Paesi dell’Unione hanno trovato l’accordo sul Recovery Fund. Per l’Italia aumentano le somme che sarà possibile chiedere in prestito. Il negoziato in sede di Consiglio Europeo ha portato anche al varo del budget UE per il periodo 2021-2027. L’ammontare complessivo del budget è pari a 1.074 miliardi di euro, meno di quanto originariamente previsto. A perdere risorse saranno anche Horizon Europe e il Digital Europe Programme.

Pubblicato il 21 Lug 2020

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Al termine di una lunga trattativa i 27 Paesi dell’Unione hanno trovato l’accordo: i 750 miliardi di euro originariamente previsti per il Next Generation EU, il Recovery Fund (o Fondo per la Ripresa), restano intatti, ma cambia la ripartizione tra somme che saranno erogate a fondo perduto, che scendono da 500 miliardi di euro a 390 miliardi di euro, e somme che saranno invece prestate agli Stati, che salgono da 250 miliardi di euro a 360 miliardi di euro.

A perderci però non è l’Italia: i 172,7 miliardi di euro originariamente previsti, composti da 81,8 miliardi di euro a fondo perduto e 90,9 miliardi di euro in prestito, diventano circa 208,8 miliardi di euro, di cui 81,4 a fondo perduto e ben 127,4 in prestito. I circa 36 miliardi di euro di prestiti in più potrebbero permettere al Governo di non richiedere le risorse del MES: si tratta infatti grosso modo della stessa cifra a cui l’Italia avrebbe avuto accesso sfruttando la quota del fondo salvastati dedicata all’emergenza Covid, ma che stava mettendo in grossa difficoltà la maggioranza. Va anche detto, a onor del vero, che i vincoli che saranno imposti dal Recovery Fund potrebbero essere ben più pesanti di quelli oggi previsti dal “MES addolcito”. La scelta dunque è prettamente politica.

Il negoziato in sede di Consiglio Europeo ha portato anche al varo del budget UE per il periodo 2021-2027. L’ammontare complessivo del budget è pari a 1.074,3 miliardi di euro, meno di quanto originariamente previsto (1.135 miliardi). A perdere un bel po’ di risorse saranno Horizon Europe e il Digital Europe Programme.

Come funziona il Recovery Fund

L’Europa prenderà a sua volta in prestito i 750 miliardi del Fondo in una finestra temporale che si chiuderà nel 2026, mentre i rimborsi cesseranno nel 2058. Poiché per la prima volta l’Europa prenderà in prestito capitali a proprio nome, l’accordo di stanotte dovrà essere ratificato da tutti gli Stati.

La suddivisione dei fondi è così stabilita:

  • Recovery and Resilience Facility (RRF): 672,5 miliardi di euro di cui prestiti per 360 miliardi di euro e somme a fondo perduto per 312,5 miliardi di euro
  • ReactEU: 47,5 miliardi di euro (fondo perduto)
  • Horizon Europe: 5 miliardi di euro (fondo perduto)
  • InvestEU: 5,6 miliardi di euro (fondo perduto)
  • Rural Development: 7,5 miliardi di euro (fondo perduto)
  • Just Transition Fund (JTF): 10 miliardi di euro (fondo perduto)
  • RescEU: 1,9 miliardi di euro (fondo perduto)

Totale: 750 miliardi di euro (360 miliardi in prestiti e 390 miliardi a fondo perduto)

Il fondo Recovery and Resilience Facility

La parte del leone è quindi quella del fondo Recovery and Resilience Facility, di cui fanno parte tutti i 360 miliardi di euro di prestiti e 312,5 miliardi di risorse erogate a fondo perduto.

Questo fondo distribuirà risorse tra il 2021 e il 2023. Il 70% delle somme a fondo perduto sarà erogata tra il 2021 and 2022, il restante 30% nel 2023.

Per fruire dei prestiti e delle somme a fondo perduto occorrerà presentare dei “piani nazionali di ripresa e resilienza” per gli anni 2021-23.

I piani dovranno “stimolare la crescita e l’occupazione” oltre a “rafforzare la resilienza economica e sociale dei Paesi UE”. I piani potranno essere rivisti e adattati, se necessario, nel 2022 per tener conto dell’assegnazione finale dei fondi per il 2023. Il 30% delle risorse del Recovery Fund è vincolato alla spesa per progetti legati al clima, mentre tutte le spese dovranno essere conformi all’obiettivo di neutralità climatica al 2050, agli obiettivi climatici UE per il 2030 e all’Accordo di Parigi.

La ripartizione dei fondi (attraverso la quale è possibile la stima di quelli spettanti all’Italia) prevede infatti che per il 2021-2022 si tenga conto del tenore di vita, delle dimensioni e dei livelli di disoccupazione degli Stati membri. Per il 2023, invece, non si terrà più conto della disoccupazione 2015-2019 nello Stato membro ma, in egual misura, della perdita di Pil reale nel 2020 e dalla perdita cumulativa di Pil reale osservata nel periodo 2020-2021, da calcolare entro il 30 giugno 2022.

I piani nazionali saranno valutati dalla Commissione entro due mesi dalla loro presentazione. Tra i criteri più rilevanti per il giudizio ci sono il rafforzamento del potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro, la resilienza economica e sociale, la transizione green e digitale.

La valutazione dei piani di ripresa e di resilienza è approvata dal Consiglio, a maggioranza qualificata (con il passo indietro dei Paesi “frugali”, che chiedevano l’unanimità), entro quattro settimane dalla proposta della Commissione.

In questo punto però risiedono le condizionalità dello strumento del Recovery Fund: l’accordo prevede infatti che “la valutazione positiva delle richieste di pagamento sarà subordinata al soddisfacente raggiungimento dei relativi obiettivi e traguardi”. Per valutare, la Commissione si servirà del parere del Comitato Economico Finanziario.

Su questo procedimento di approvazione incombe però il pericolo del “super freno di emergenza”, come è stato soprannominato: se uno Stato ritiene che vi siano “gravi scostamenti rispetto al soddisfacente raggiungimento delle tappe e degli obiettivi”, si potrà chiedere di sottoporre l’approvazione al Consiglio Europeo, che dovrà discutere la questione.

I fondi raccolti dal Next Generation EU saranno rimborsati anche con risorse proprie. In particolare, attraverso una nuova plastic tax che sarà introdotta dal 2021, stesso anno in cui la Commissione dovrebbe presentare misure contro le emissioni di carbonio e una digital tax (che saranno introdotte entro la fine del 2022). Ma non solo: altre risorse potrebbero arrivare da una tassa sulle transazioni finanziarie.

Ci sarà infine una “riserva Brexit” da 5 miliardi che servirà a sostenere gli Stati e i settori economici più colpiti dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Il bilancio 2021-2027: meno risorse per Horizon Europe e Digital Europe Programme

Come anticipato, il negoziato in sede di Consiglio Europeo ha portato anche al varo del budget UE per il periodo 2021-2027 per una somma pari a 1.074,3 miliardi di euro. La cifra è inferiore al budget previsto e a farne le spese saranno anche i due programmi Horizon Europe e Digital Europe.

Sono 7 le aree di intervento che compongono la struttura del Bilancio Europeo 2021-2027:

  1. Mercato Unico, Innovazione e Digitale
  2. Coesione, Resilienza e Valori
  3. Risorse Naturali e Ambiente
  4. Migrazione e Gestione delle frontiere
  5. Sicurezza e Difesa
  6. Stati vicini e il Mondo
  7. Pubblica Amministrazione Europea

In particolare, la dotazione finanziaria per l’attuazione del programma Horizon Europe, programma quadro di finanziamento alla ricerca ed innovazione, per il periodo 2021-2027 sarà di 75,9 miliardi di euro invece dei 100 miliardi originariamente previsti.

Il Digital Europe Programme, pensato per rafforzare le capacità digitali strategiche dell’UE, comprese l’intelligenza artificiale e la sicurezza informatica, potrà contare su 6,76 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, quasi 2,5 miliardi in meno delle somme originariamente previste (erano 9,1 miliardi).

Va comunque sottolineato che, come visto nel paragrafo precedente, i piani nazionali di ripresa e resilienza per spendere le risorse del Recovery Fund dovranno prevedere investimenti a favore della transizione digitale e di quella green.

“Visto che nell’accordo finale risultano purtroppo tagliati rilevanti fondi che dovevano far espandere il bilancio comunitario a favore della ricerca, delle nuove tecnologie, della sostenibilità ambientale, della digitalizzazione e della competitività delle imprese europee, riteniamo ancor più di prima che sia primario interesse dell’Italia usare il MES per 37 miliardi a fini sanitari, in aggiunta alle risorse necessarie all’economia produttiva”, ha commentato Confindustria.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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