L’Internet of Things vale 8,3 miliardi in Italia: Smart Agriculture e Smart Factory i settori in maggiore crescita

I dati e le tendenze del mercato italiano dell’Internet of Things secondo il report dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano. Il valore complessivo del mercato nel 2022 raggiunge quota 8,3 miliardi di euro, per una crescita del +13% in un anno. I settori di attività con tassi di crescita più alti nel mercato IoT sono la Smart Agriculture (+32%), la Smart Factory (+22%) e lo Smart Building (+19%).

Pubblicato il 05 Apr 2023

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L’Internet of Things (IoT) è il motore che traina il mercato digitale italiano, mentre nell’Industria e nel Manifatturiero si riduce il divario di adozione e sviluppo tra grandi aziende e PMI.

Nel 2022 il mercato Internet of Things in Italia ha proseguito la sua corsa, crescendo di un miliardo in un anno, e raggiungendo così gli 8,3 miliardi di euro complessivi (+13% sul 2021). Si tratta di un buon risultato, considerando il permanere delle problematiche legate alla carenza di semiconduttori e di materie prime, a cui si è aggiunta l’instabilità economica e politica che si è creata da febbraio 2022 con la guerra in Ucraina.

La crescita, che risulta in linea con quella dei principali Paesi occidentali (compresa tra il 10% e il 20%), è ancora più significativa se confrontata con l’andamento complessivo del mercato digitale italiano, che è cresciuto ‘solo’ del +3,6% nel 2022, raggiungendo quota 78 miliardi di euro totali.

Tra i principali benefici portati dall’IoT nelle imprese e nei vari settori di attività: maggiore efficienza, efficacia, flessibilità, riduzione dei consumi energetici. E ancora: ritorno degli investimenti, miglioramento della qualità del lavoro e della vita, gestione dei dispositivi da remoto e manutenzione predittiva.

Ma è ancora lunga la lista delle barriere che rallentano i progetti IoT per l’Industria 4.0: scarsa conoscenza delle tecnologie, difficoltà di integrazione tra sistemi hardware e software, mancanza di comprensione dei benefici, instabilità del contesto economico. E poi: scarsa disponibilità di risorse economiche da investire, mancanza di coordinamento tra diverse aree aziendali, resistenze interne, difficoltà di accesso agli incentivi, problemi di privacy e cybersecurity.

C’è poi un altro grande ostacolo, comune un po’ a tutti gli ambiti di attività: la scarsità di competenze e di figure professionali adeguate, un fattore che sta frenando molto lo sviluppo tecnologico e digitale nell’intero sistema Paese, dal mondo delle imprese a quello delle istituzioni e della Pubblica amministrazione.

Sono i risultati e le tendenze che emergono dal report dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentato nel corso del convegno ‘Internet of Things: tra continuità e innovazione’, che come di consueto ha chiamato a raccolta presso l’ateneo milanese – e in collegamento streaming online – molti esperti e manager del settore.

I principali ambiti di applicazione dell’IoT

Per quanto riguarda gli ambiti di applicazione, la Smart car sale al primo posto in termini di fatturato (1,4 miliardi di euro, 17% del mercato), pur con un tasso di crescita (+10%) un po’ al di sotto della media del mercato IoT. A fine 2022 sono 4,3 milioni i veicoli nativamente connessi tramite Sim che circolano in Italia (+20% rispetto al 2021).

Al secondo posto scendono le applicazioni in ambito utility: prosegue la diffusione degli Smart meter in ambito gas ed elettrico, e ci si avvicina alla saturazione di questo mercato. Nel 2022 sono stati installati altri 1,1 milioni di contatori gas connessi presso utenze domestiche, portando la diffusione all’84% del parco complessivo, e 1,7 milioni di smart meter elettrici di seconda generazione, raggiungendo il 64% del totale dei contatori elettrici.

Al terzo posto nella graduatoria del mercato IoT italiano c’è il settore Smart building, che vale 1,31 miliardi di euro, trainato molto dagli incentivi statali come Ecobonus e Superbonus.

Al quarto posto per valore di mercato IoT si piazza il settore Smart city, che nel 2022 in Italia vale 830 milioni di euro: circa il 30% dei Comuni italiani ha avviato almeno un progetto IoT nell’ultimo triennio, ma anche in questo caso la mancanza di competenze specializzate è la principale barriera all’adozione di queste tecnologie.

I settori di attività con tassi di crescita più forti

I settori di attività con tassi di crescita più alti nel mercato IoT sono la Smart Agriculture (540 milioni di euro, +32%), la Smart Factory (780 milioni di euro, +22%)8, e lo Smart Building (1,3 miliardi di euro, +19%).

“Il 2022 è stato un anno positivo per l’Internet of Things, sia in Italia sia a livello internazionale”, rimarca Giovanni Miragliotta, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things. Che sottolinea: “prosegue la crescita del mercato, in termini di valore e maturità dell’offerta; cresce la consapevolezza da parte di aziende, pubbliche amministrazioni e consumatori, sempre più interessati a gestire da remoto asset e dispositivi smart; si accende l’arena competitiva, con nuovi player globali che giocano sempre più un ruolo di primo piano nel mercato; aumentano le aspettative per il futuro”.

La spinta positiva in Italia arriva innanzitutto dalle applicazioni che utilizzano tecnologie di comunicazione non cellulari (4,5 miliardi di euro, +15%), che arrivano a 85 milioni di connessioni a fine 2022 (+15%). In particolare, cresce l’utilizzo di reti LPWA (Low Power Wide Area), e si diffonde l’utilizzo di tecnologie come ZigBee, Bluetooth Low Energy, WiFi e 169MhZ.

Le applicazioni che sfruttano la ‘tradizionale’ connettività cellulare crescono invece a ritmi più contenuti, sia in termini di valore di mercato (3,8 miliardi di euro, + 11%), sia di numero di connessioni (39 milioni, +5%).

L’offerta di soluzioni IoT continua a evolvere, “con un numero crescente di aziende in grado di raccogliere grandi quantità di dati dagli oggetti connessi, grazie ai quali è possibile integrare la propria offerta con nuovi servizi di valore”, rileva Angela Tumino, direttrice dell’Osservatorio Internet of Things, e “questo approccio ha un impatto diretto sui numeri del mercato: i servizi raggiungono quota 3,5 miliardi di euro, circa il 42% del mercato IoT complessivo, con un balzo del +17% rispetto al 2021”.

Gli sviluppi IoT in ambito industriale

In ambito industriale, sono sempre più numerose le aziende propense ad avviare progetti IoT. Il 77% delle grandi imprese (+8% in un anno) e il 58% delle PMI (+31%) hanno avviato progetti di questo tipo negli ultimi anni. “Questa ritrovata energia da parte delle PMI è stata fortemente trainata dal Piano Transizione 4.0”, fa notare Marco Artioli, Associate partner in Kpmg: “il dimezzamento dei crediti di imposta a partire dal 2023 potrebbe portare a un rallentamento di questa dinamica”.

Se il piano di incentivi degli ultimi anni ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nello spingere le aziende grandi (prima, a sinistra nel grafico) e medio-piccole (dopo, a destra nel grafico) a investire, “non si può però ancora affermare che il traguardo sia raggiunto”, osserva ancora Tumino, “è necessario ora fare un salto di qualità, che consenta di andare oltre la mera connettività per poter cogliere i benefici legati ai dati e ai servizi”.

La quota di piccole e medie imprese che dichiara di conoscere le soluzioni IIoT nel 2022 sale all’87%, facendo registrare un incremento del +41% rispetto al 2021. Per le grandi aziende, invece, si tratta di una conferma, con la quasi totalità di esse che conosce il tema (98%, +2%). Allo stesso modo, anche il livello di diffusione dei progetti migliora in maniera rilevante per le PMI: il 58% di esse ha avviato almeno un progetto (+31% rispetto al 2021), con il 77% delle grandi imprese che ha fatto altrettanto (+8%).

In generale, rispetto a quanto rilevato nel 2021, si assiste a una riduzione del gap tra grandi imprese e PMI sia in termini di conoscenza (-39%) sia di diffusione dei progetti (-23%), segnali che evidenziano come le PMI stiano cercando di imprimere un’accelerazione importante verso l’innovazione in ottica 4.0.

Per entrambe le tipologie di imprese, però, la mancanza di competenze risulta ancora il fattore principale che limita l’avvio dei progetti (44% grandi aziende e 38% PMI), a riprova del fatto che ci sia ancora molta strada da fare a riguardo e sia necessario trovare ulteriori soluzioni per il superamento delle barriere legate alla mancanza di competenze.

Smart city e Smart home

Per quanto riguarda gli altri ambiti applicativi, si registra una crescita importante, superiore alla media del mercato, se si guarda alle applicazioni per la Smart city (830 milioni di euro, +14%), in cui si osservano diversi esempi di successo di partnership tra Pubblico e Privato, con nuove iniziative messe in campo da Pubbliche Amministrazioni e aziende nell’area della mobilità, dell’illuminazione e dei rifiuti; e alle soluzioni per la Smart Home (770 milioni di euro, +18%), innanzitutto legate alla sicurezza, al comfort e al risparmio energetico.

Seguono le applicazioni per la Smart logistics a supporto del trasporto (715 milioni di euro, +4%), utilizzate per la gestione delle flotte aziendali e di antifurti satellitari (a fine 2022 si registrano oltre 2,2 milioni di mezzi per il trasporto merci connessi tramite Sim), e quelle di Smart asset management in contesti diversi dalle utility (310 milioni di euro, +3%), principalmente per il monitoraggio di gambling machine utilizzate per il gioco d’azzardo (750mila), ascensori (600mila) e distributori automatici (170mila).

Internet of Things: le sfide future

Guardando al futuro, una prima grande sfida riguarda l’effettiva capacità di sfruttare l’enorme potenziale dei dati generati dagli oggetti smart. Da un lato, l’utilizzo dei dati può migliorare le performance del business attuale attraverso, ad esempio, l’efficientamento delle operations o il miglioramento dell’offerta. Dall’altro, permette alle imprese di espandere il proprio business o modificarne la natura, abilitando servizi aggiuntivi per i propri clienti e nuovi modelli di business basati sulla servitizzazione.

Su questi temi c’è ancora molta strada da fare, anche se iniziano ad arrivare sul mercato offerte dedicate alla componente servizi e al tempo stesso nascono progetti che fanno leva sui nuovi paradigmi per poter cogliere appieno i benefici legati alla valorizzazione dei dati.

Attenzione a privacy e security

L’utilizzo dei dati, però, comporta la necessità di fare grande attenzione su interoperabilità dei dispositivi, privacy e cybersecurity. Sul fronte dell’interoperabilità qualcosa si sta muovendo, in alcuni ambiti in misura maggiore rispetto ad altri. È il caso ad esempio della Smart Home, dove la Connectivity Standard Alliance (CSA) ha completato le specifiche di Matter, il nuovo standard di riferimento per il comparto.

Con riferimento a privacy e security, se guardiamo agli ambiti più consumer, la sensibilità degli utenti varia molto a seconda del tipo di applicazione considerata. Ad esempio, ben il 45% dei consumatori italiani si dichiara preoccupato per l’utilizzo dei dati raccolti dagli oggetti smart in casa, mentre il 28% lo è in relazione ai dati di un’auto connessa.

Ci sono innanzitutto due fattori che influenzano queste percentuali. Il primo è legato alla diffusione: la sensibilità dei clienti Smart Home è aumentata notevolmente al crescere delle vendite di dispositivi per la casa, perché il tema è risultato più tangibile. Il secondo è il fronte su cui è necessario agire: la ritrosia alla condivisione dei dati è spesso legata alla difficoltà – da parte dei consumatori – di comprendere il vantaggio derivante dalla condivisione.

La proposta di servizi il cui valore sia chiaramente percepito dai clienti può rappresentare una leva importante per superare la reticenza degli utenti, basti pensare a quanti dati i consumatori sono disposti a condividere attraverso altri strumenti: smartphone, social network, carte fedeltà, eccetera.

Il tema non è percepito come rilevante solo in ambito consumer, ma anche nel comparto B2b: a oggi, in ambito industriale il 96% delle grandi imprese e l’82% delle PMI considera rilevante il tema della sicurezza informatica, anche se solo il 54% e il 35%, rispettivamente, ha già valutato le misure da implementare a riguardo.

Dal punto di vista normativo, a settembre 2022 la Commissione Europea ha rilasciato il Cyber Resilience Act (CRA), un nuovo regolamento che introduce norme per produttori e venditori di prodotti digitali, volte a garantire la sicurezza informatica del consumatore.

Non è ancora chiaro se questo regolamento si applicherà allo stesso modo per tutti i dispositivi IoT. Infatti, la normativa prevede che l’applicazione di alcuni principi, come la certificazione del rischio fornita da terze parti, sia adottata solo per i prodotti digitali ‘critici’ di classe 1 e 2, come gestori di password e sistemi operativi, ed è tuttora in corso un dibattito su quali dispositivi smart potrebbero rientrare all’interno di queste categorie.

La riduzione dei consumi energetici

Una seconda grande sfida è rappresentata dalla crisi energetica, “che ha portato all’aumento dei prezzi e ha generato una forte attenzione verso il tema del risparmio energetico”, rileva Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.

In questo quadro, “diventa sempre più centrale il ruolo delle tecnologie, e in particolare dell’Internet of Things, come driver per l’ottimizzazione dei consumi” fa notare Perego, perché “aziende e consumatori puntano sempre più sul risparmio energetico: crescono le offerte basate su soluzioni che facciano leva sulla gestione smart dei consumi energetici e sulla creazione di comunità energetiche”.

Nel 2022 il risparmio energetico ha rappresentato il motore del mercato nell’ambito dell’edilizia, la cui crescita ha continuato a essere fortemente influenzata dagli effetti degli incentivi pubblici, volano per tutti i progetti di riqualificazione degli edifici in termini di efficientamento dei consumi. La maggior parte dei costruttori (84%) riconosce il valore delle tecnologie IoT soprattutto nei progetti che vedono coinvolti gli edifici residenziali, le case e i condomini. In più di 7 casi su 10 le aziende edili hanno sperimentato soluzioni di Smart building in almeno un progetto.

Nello specifico, il 39% (+20% sul 2021) degli utenti che intendono acquistare dispositivi smart nei prossimi 3 anni è interessato a prodotti per il risparmio energetico.

In ambito industriale i servizi di energy management, ovvero di monitoraggio dei consumi energetici e previsione di eventuali picchi di energia, sono tra i più utilizzati dalle imprese (45% grandi aziende e 14% PMI).

Con nuove soluzioni che si affacciato sul mercato. Ad esempio, nell’ambito della mobilità elettrica e delle Smart road si osserva l’avvio dei primi progetti che sfruttano la ricarica a induzione presente nell’asfalto. Uno dei casi più interessanti nel Paese è il progetto ‘BreBeMi, Arena del Futuro’, che prevede di dotare un tratto dell’autostrada A35 tra Brescia e Milano di un sistema di ricarica induttiva: grazie alla tecnologia wireless sarà possibile ricaricare la batteria dei veicoli durante il percorso.

La spinta potenziale del PNRR

Un’altra grande sfida riguarda la necessità di utilizzare al meglio i fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), a maggior ragione alla luce della già citata crisi energetica. Infatti, particolare attenzione è posta sul connubio tra IoT ed Energy, con un totale di oltre 7 miliardi di euro di investimenti previsti.

La Missione 2 ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’ è quella che comprende la maggior parte degli investimenti in ambito energetico. Nella Componente 2 si trovano le voci relative all’investimento in Smart Grid pari a 3,6 miliardi per migliorare l’efficienza della rete e aumentarne la capacità. L’obiettivo è quello di favorire – tra le altre cose – il passaggio a riscaldamento e raffrescamento con pompe di calore e, in generale, una migliore gestione della produzione distribuita di energia elettrica.

Altri 2,2 miliardi sono stati stanziati per promuovere le rinnovabili per le comunità energetiche e l’auto-consumo in modo da fornire un sostegno concreto alle strutture collettive di autoproduzione che sfruttano energie rinnovabili.

Il piano prevede investimenti per altri 25 miliardi per favorire l’innovazione dei sistemi produttivi (Smart factory, 14 miliardi di euro), la transizione digitale delle città (Smart City, 7 miliardi) e l’attivazione di programmi di assistenza domiciliare (Assisted Living, 4 miliardi). Ambiti in cui l’Internet of Things può giocare un ruolo chiave a supporto del sistema Paese.

C’è ancora molto lavoro da fare

Guardando ai dati raccolti da dispositivi e macchinari connessi, per entrambe le tipologie di aziende c’è ancora molto lavoro da fare per poterne sfruttare realmente il potenziale: il 48% delle grandi aziende e il 70% delle PMI utilizza poco i dati, non li utilizza affatto, o addirittura non lo sa. Ciò rivela ancora una volta un importante gap da colmare, correlato in buona parte alla dimensione aziendale. Tra le barriere che ostacolano le imprese nel processo di analisi e valorizzazione dei dati troviamo la mancanza di competenze e di figure specifiche per la loro valorizzazione (nel 50% di grandi aziende e 30% di PMI) e la mancanza di comprensione del reale valore delle informazioni raccolte (28% grandi aziende e 15% PMI).

Collegato all’utilizzo dei dati c’è il tema dei nuovi servizi attivabili grazie alle tecnologie IoT, con la maggior parte delle imprese che dichiara di sfruttare il potenziale della connettività proprio per attivare servizi innovativi (64% delle grandi aziende e 72% delle PMI che hanno avviato progetti).

Ma da chi vengono acquistati tali servizi? Il produttore del macchinario o dell’impianto rappresenta l’interlocutore più gettonato (56% dei casi), seguito dalle grandi e piccole società di consulenza (rispettivamente 38% e 28% sul totale). Per quanto riguarda i fattori che scoraggiano le aziende nell’adozione di questi servizi, emerge come siano ormai poche le motivazioni che frenano realmente le aziende. Tra queste, la mancanza di risorse economiche (18% dei casi) e la volontà di avere il controllo assoluto del macchinario (14%) risultano le principali.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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