MECCANICA 5.0

L’evoluzione dei riduttori al tempo dell’Industria 5.0



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In questo articolo analizziamo, sulla base di un interessante whitepaper del Gruppo Riduttori di ANIE Automazione, l’evoluzione dei riduttori industriali nell’era dell’Industria 5.0. Vediamo quali sono le macro-tipologie (riduttori e motoriduttori), i vantaggi, come scegliere quello giusto, i trend tecnologici futuri e come la digitalizzazione e la sostenibilità stiano trasformando questi componenti meccanici per integrarli pienamente nel nuovo paradigma 5.0.

Pubblicato il 14 mag 2025



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L’Industria 5.0 sta bussando alle porte delle fabbriche e anche il mondo della meccatronica, con i suoi componenti fondamentali, è chiamato a un profondo rinnovamento. Non si sottraggono a questa sfida nemmeno i riduttori industriali, considerati tra i più “tradizionali” componenti meccanici.

La traiettoria evolutiva di questi dispositivi è stata messa a fuoco in un recente whitepaper del Gruppo Riduttori di ANIE Automazione, presentato il 14 maggio 2025 durante la fiera SPS Italia a Parma.

Il documento si configura come una bussola tecnologica rivolta sia agli addetti ai lavori sia a studenti e professionisti. L’obiettivo è tracciare una mappa completa delle tecnologie dei riduttori oggi disponibili e, soprattutto, analizzare il loro potenziale contributo alla transizione verso un’Industria 5.0 tra i cui pilastri rientrano efficienza, sostenibilità, affidabilità e personalizzazione.

Al centro del documento, dunque, l’evoluzione di questi componenti in veri e propri attori protagonisti della fabbrica intelligente, sostenibile e resiliente.

I riduttori, cuore della trasmissione di potenza

Prima di addentrarsi nelle dinamiche evolutive dei riduttori, è opportuno chiarire cosa siano e quale funzione svolgano all’interno dei sistemi industriali.

Un riduttore di velocità è un organo di trasmissione che si interpone tra un motore e la macchina utilizzatrice con lo scopo principale di modificare la velocità di rotazione e, di conseguenza, la coppia trasmessa.

La sua funzione primaria, come suggerisce il nome, è quella di ridurre la velocità angolare generata dal motore, adattandola alle specifiche esigenze operative dell’applicazione a cui è connesso. Questa riduzione della velocità comporta un incremento proporzionale della coppia disponibile all’albero di uscita (al netto delle perdite di rendimento), permettendo così di movimentare carichi elevati o di superare resistenze notevoli con motori di potenza inferiore.

I vantaggi derivanti dall’impiego di un riduttore sono diversi. Consentono, ad esempio, di utilizzare motori elettrici di dimensioni più contenute, con caratteristiche di coppia e velocità meno spinte, alleggerendo il carico sul motore stesso, un po’ come avviene quando si scala marcia in una bicicletta per affrontare una salita. In questo modo si va a ottimizzare il dimensionamento e si può ottenere una riduzione dei consumi energetici e degli ingombri.

L’inserimento di un riduttore migliora poi la controllabilità del sistema perché riduce l’inerzia del carico vista dal motore. L’inerzia del carico viene infatti ridotta in misura inversamente proporzionale al quadrato del rapporto di riduzione, il che si traduce in sistemi con rapporti inerziali più favorevoli e, quindi, in una maggiore prontezza e precisione nel controllo del movimento.

Naturalmente l’introduzione di un riduttore comporta anche alcuni aspetti da considerare in fase di progettazione: un componente aggiuntivo implica una massa e dimensioni proprie, un potenziale gioco meccanico e una cedevolezza, oltre a un costo che incide sul ‘bilancio’ complessivo della trasmissione.

I riduttori presentano generalmente un rapporto di riduzione fisso, determinato dalla loro configurazione cinematica interna. Le interfacce di ingresso e uscita sono comunemente definite, rispettivamente, albero veloce (collegato al motore) e albero lento (collegato all’utilizzatore).

L’efficienza dei riduttori

L’efficienza di un riduttore è un parametro fondamentale poiché indica la sua capacità di trasmettere potenza minimizzando le perdite.

Essendo elementi passivi, i riduttori non richiedono alimentazione esterna (se non per eventuali sistemi di raffreddamento o sensoristica). La trasformazione del moto da veloce a lento genera però inevitabilmente delle perdite a causa soprattutto degli attriti interni tra gli organi in movimento (ingranaggi, cuscinetti, tenute). Queste perdite si manifestano sotto forma di calore, che deve essere opportunamente dissipato per evitare surriscaldamenti e garantire l’affidabilità nel tempo.

L’efficienza può variare in funzione della velocità di funzionamento, del principio di riduzione adottato, del carico applicato e delle condizioni ambientali.

La precisione dei riduttori

Un altro tema importante è la precisione del riduttore. La precisione di posizionamento di un asse motorizzato dipende in modo significativo dalle caratteristiche del riduttore.

L’errore introdotto è una combinazione del gioco angolare intrinseco del riduttore e della sua rigidezza torsionale. Il gioco angolare rappresenta il movimento angolare relativo tra l’albero di ingresso e quello di uscita quando il moto si inverte o quando non vi è coppia applicata. La rigidezza torsionale, invece, descrive la resistenza del riduttore alla deformazione elastica sotto l’effetto di una coppia.

Un altro fattore che determina l’imprecisione del meccanismo è dato dalla deviazione di sincronismo (o “true running”), che rappresenta lo scostamento dell’angolo di rotazione effettivo rispetto al valore teorico, dovuto a tolleranze di lavorazione e imperfezioni costruttive.

Dal punto di vista del controllo elettronico dell’asse questi errori sono assimilabili a disturbi che possono essere parzialmente compensati tramite algoritmi di regolazione nell’azionamento. Ma se il gioco o la cedevolezza sono eccessivi possono introdurre ritardi e instabilità nel controllo.

Riduttori e motoriduttori: una scelta mirata

I riduttori si dividono in due macro-categorie principali: i riduttori singoli e i motoriduttori. I riduttori “semplici” sono unità meccaniche che vengono accoppiate a un motore. Ce ne sono numerose tipologie che differiscono in base al principio di funzionamento degli ingranaggi (cilindrici, conici, a vite senza fine, epicicloidali, armonici, cicloidali, e combinazioni ibride), ciascuna con specifici vantaggi in termini di rapporti di riduzione ottenibili, capacità di coppia, precisione, ingombri e costi. La scelta del tipo di ingranaggio e della configurazione del riduttore (ad esempio, coassiale, ortogonale, ad assi paralleli) dipende strettamente dalle necessità dell’applicazione.

I motoriduttori, invece, rappresentano una soluzione integrata in cui il riduttore e il motore elettrico sono forniti come un unico assieme compatto e pre-accoppiato dal costruttore. L’integrazione “ex factory” semplifica la progettazione e l’installazione, garantendo un corretto allineamento e interfacciamento tra motore e riduttore. I motori impiegati possono essere sia asincroni, spesso standardizzati secondo normative come la IEC 60072 per quanto riguarda alberi e flange, sia sincroni (brushless), per i quali non esiste una normativa dimensionale unificata, rendendo più importante la verifica della compatibilità in caso di fornitori distinti. Entrambe le tipologie di motori possono essere dotate di freno elettromeccanico, un dispositivo di sicurezza che blocca la rotazione in assenza di alimentazione elettrica; la coppia di frenatura di emergenza deve essere considerata nel dimensionamento del riduttore.

La scelta tra un riduttore singolo più motore e un motoriduttore, così come la selezione della taglia e del rapporto di riduzione corretti, è un processo che richiede un’attenta analisi.

Si parte dal calcolo delle potenze e delle coppie richieste dall’applicazione, tenendo conto delle leggi della fisica e della meccanica.

Poi si devono considerare le esigenze specifiche dell’applicazione: la precisione di posizionamento richiesta, gli spazi disponibili per l’installazione, l’orientamento dell’albero di uscita rispetto al motore, le sollecitazioni esterne (carichi radiali o assiali), la necessità di dissipare o recuperare energia in frenatura, le condizioni ambientali (presenza di umidità, polveri, temperature estreme) e le eventuali certificazioni normative.

Un parametro utile nella scelta dell’accoppiamento motore-riduttore è il fattore di servizio, definito come il rapporto tra la coppia massima che il riduttore può sopportare in continuo e la coppia nominale del motore moltiplicata per il rapporto di riduzione e per l’efficienza del riduttore. Questo fattore non dovrebbe essere inferiore a 1, per evitare sovraccarichi dannosi al riduttore, ma nemmeno eccessivamente alto, per non sovradimensionare inutilmente il sistema.

Per semplificare la scelta oggi tutti i principali costruttori mettono a disposizione dei software e configuratori online per il corretto dimensionamento e la scelta dei componenti, riducendo i tempi e il rischio di errori.

L’evoluzione tecnologica: materiali, efficienza e modularità

Il settore dei riduttori, benché sicuramente maturo, è comunque oggetto di una continua evoluzione volta a migliorare prestazioni, affidabilità e sostenibilità dei sistemi che li utilizzano. Come evidenziato nel whitepaper di ANIE Automazione i trend tecnologici attuali e futuri si concentrano su diverse direttrici.

Una tra le più promettenti riguarda l’impiego di nuovi materiali. Anche se l’acciaio ad alta resistenza è e resta il materiale d’elezione per gli ingranaggi e i componenti strutturali sottoposti a elevate sollecitazioni, altre leghe innovative o trattamenti superficiali avanzati possono essere presi in considerazione per incrementare ulteriormente la capacità di carico, la resistenza all’usura e la durata di questi componenti.

Anche ai materiali compositi e i tecnopolimeri ad alte prestazioni possono trovare impiego in alcune applicazioni, soprattutto quelle a bassa e media potenza dove la leggerezza, la resistenza alla corrosione o specifiche esigenze di amagnetismo possono offrire vantaggi significativi. In particolare il tema della riduzione del peso è particolarmente sentito in alcune applicazioni contraddistinte da cinematiche complesse, nei sistemi robotici mobili o in applicazioni aeronautiche o aerospaziali.

L’efficientamento energetico è un altro motore trainante dell’innovazione di questo settore. Già oggi, vale la pena specificarlo, alcune tecnologie di riduttori, come quelle a ingranaggi cilindrici elicoidali, abbiano raggiunto livelli di rendimento molto elevati (spesso superiori al 98% per stadio). Ma quando si parla di meccanica che lavora di continuo ogni frazione di punto percentuale di efficienza guadagnata si traduce in un risparmio energetico che, moltiplicato per il vasto numero di riduttori installati a livello globale e per le ore di funzionamento, assume una rilevanza notevole nel bilancio energetico complessivo di un impianto o di una fabbrica. Questo è uno degli aspetti più rilevanti se si considerano i principi di sostenibilità promossi dal paradigma dell’Industria 5.0. In questo ambito la ricerca si sta concentrando sulla minimizzazione degli attriti attraverso geometrie ottimizzate degli ingranaggi, lubrificanti più performanti e a bassa viscosità e tenute a basso attrito.

Un’altra potenziale fonte di benefici è l’automazione. Ci riferiamo in particolare alla crescente diffusione di motorizzazioni e asservimenti anche su assi che in passato erano movimentati manualmente o non controllati (come registri, cambi formato, assi di setup). Un trend, questo, spinto non solo dalla crescita dei volumi di mercato ma anche dalla domanda di componenti sempre più specializzati e performanti. Riduttori progettati e ottimizzati per compiti specifici richiedono, ad esempio, altissima precisione, gioco ridotto, elevata rigidità torsionale o capacità di sopportare cicli dinamici intensi.

E poi c’è il tema delle interfacce. Per semplificare l’integrazione e l’utilizzo dei riduttori, si lavora intensamente sull’efficacia delle interfacce sia verso il motore sia verso l’applicazione. In questo caso la parola chiave è “modularità”: sistemi che permettono di combinare diversi stadi di riduzione, tipi di ingranaggi, opzioni di montaggio e interfacce di uscita in modo flessibile consentono di configurare il riduttore ottimale per ogni specifica esigenza, riducendo i tempi di consegna e i costi di personalizzazione.

Anche l’integrazione in macchina, ovvero il fissaggio del riduttore alla struttura, è un aspetto fondamentale che deve essere considerato fin dalle prime fasi progettuali, poiché ha implicazioni dirette sulla stabilità, sulla precisione e sulla durata dell’intero sistema.

Da ultimo un tema sempre più sentito, anch’esso legato alla sostenibilità e in particolare all’economia circolare, è il possibile riutilizzo delle parti o dei componenti interi. Progettare riduttori con un occhio alla manutenibilità, alla facilità di disassemblaggio e alla sostituibilità dei componenti usurati può estenderne la vita utile e facilitare processi di ricondizionamento o riciclo, riducendo così l’impatto ambientale e offrendo vantaggi in termini di assistenza post-vendita.

La sfida dell’Industria 5.0: verso una meccanica intelligente

Esiste dunque una dimensione 5.0 della meccanica e dei riduttori? La risposta, in parte anticipata in alcune considerazioni precedentemente fatte, è affermativa, soprattutto se si considerano le trasformazioni in atto.

L’Industria 5.0, che integra i principi della digitalizzazione e dell’interconnessione dell’Industria 4.0 con una rinnovata attenzione alla sostenibilità, alla resilienza e alla centralità dell’essere umano, richiede un’evoluzione di tutto l’ecosistema dedicato alla produzione, compresa la parte rappresentata dai componenti meccanici come i riduttori. In questo caso, l’evoluzione si manifesta principalmente attraverso la progressiva digitalizzazione dei componenti e la loro ottimizzazione strutturale in ottica efficientamento energetico e sostenibilità.

La digitalizzazione degli organi meccanici si concretizza attraverso la loro interconnessione e la capacità di fornire dati sul loro stato operativo. Questo avviene tipicamente mediante l’integrazione di sensori direttamente a bordo riduttore: termocoppie per monitorare la temperatura, accelerometri per rilevare vibrazioni anomale, estensimetri per misurare le deformazioni sotto carico, o sensori più sofisticati per il monitoraggio dell’olio lubrificante (ad esempio, per rilevarne il degrado o la contaminazione). Questi dati, raccolti e analizzati, permettono di implementare strategie di manutenzione predittiva, anticipando possibili guasti e ottimizzando gli interventi, riducendo i fermi macchina e i costi di manutenzione.

Un altro aspetto della digitalizzazione è la creazione di modelli virtuali, o “gemelli digitali” (digital twin), dei riduttori. Questi modelli matematici, alimentati con i dati provenienti dai sensori e con le caratteristiche costruttive del componente, possono simulare con elevata precisione il comportamento del riduttore in diverse condizioni operative, ancora prima di realizzare un prototipo fisico o durante il funzionamento reale. I gemelli digitali sono strumenti potenti per l’ottimizzazione del design, la validazione delle prestazioni, la diagnosi remota e la pianificazione degli interventi. Il monitoraggio remoto, abilitato dalla sensoristica e dalla connettività, consente di controllare e intervenire sull’impianto in maniera “smart”, anche a distanza, migliorando la reattività e l’efficienza gestionale.

Su queste basi, è possibile perseguire in modo più mirato l’ottimizzazione energetica del riduttore. Una conoscenza approfondita delle condizioni operative reali, dei cicli di lavoro effettivi, dei punti di maggiore e minore efficienza e dell’utilizzo tipico che viene fatto del componente, permette di intervenire sia sul punto di lavoro del riduttore stesso (ad esempio, scegliendo il rapporto di riduzione più idoneo per far lavorare il motore in una zona di maggiore efficienza), sia sulla sua struttura interna.

Come già accennato, la principale fonte di inefficienza nel riduttore sono gli attriti; per questo è importante intervire sui materiali, sui trattamenti superficiali degli ingranaggi, sulla qualità dei cuscinetti e sulla scelta dei lubrificanti per ridurre le perdite e, di conseguenza, il consumo energetico.

La meccanica, quindi, non è affatto un attore passivo nella transizione verso l’Industria 5.0. Al contrario, attraverso l’integrazione con sensoristica avanzata, la creazione di modelli digitali e un design focalizzato sull’efficienza e sulla sostenibilità, i riduttori si stanno trasformando in componenti intelligenti, capaci di contribuire attivamente alla creazione di sistemi produttivi più efficienti, resilienti, personalizzati e rispettosi dell’ambiente.

L’evoluzione dei riduttori dimostra come anche le tecnologie meccaniche più consolidate possano rinnovarsi profondamente per rispondere alle sfide del futuro industriale, confermando il loro ruolo insostituibile nel cuore delle macchine e degli impianti.

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