Il complesso quadro geopolitico e l’incertezza sui mercati internazionali ha ridotto la spesa delle aziende dell’UE in ricerca e sviluppo (R&D): le imprese europee, infatti, nel 2024 hanno incrementato gli investimenti in R&D del 2,9% in valore nominale, che si riduce allo 0,1% se depurato dall’impatto dell’inflazione: si tratta del dato più basso dalla pandemia.
Il rallentamento è in parte dovuto allo stallo i degli investimenti in settori tradizionali come quello automobilistico, mentre settori come quello dell’energia, della sanità, dell’aerospazio e della difesa registrano significativi aumenti.
Sono alcuni dei risultati emersi dal quadro di valutazione degli investimenti in R&D industriale dell’UE del 2025, realizzato dal Joint Research Center, il servizio scientifico e tecnologico interno della Commissione Europea.
Il rallentamento evidenziato dall’analisi accentua il divario con i principali competitor globali, in particolare con gli Stati Uniti, che hanno accelerato con una crescita del 7,8% e un’intensità di spesa quasi doppia rispetto a quella europea.
Complessa la situazione dell’Italia che evidenzia forti criticità accanto alla resilienza di alcune aziende leader: a fronte di una contrazione nominale degli investimenti del 4,1% — che sale al 6,1% in termini reali — si evidenzia la tenuta di alcuni poli d’eccellenza nazionali nel manifatturiero avanzato.
Indice degli argomenti
Ricerca e sviluppo, nel 2024 si registra l’incremento di spesa più basso dalla pandemia
Il rapporto 2025 evidenzia come gli investimenti mondiali delle prime 2.000 aziende abbiano raggiunto la quota record di 1.446,2 miliardi di euro, segnando un incremento nominale del 6,3%.
Nonostante il raggiungimento di nuovi picchi storici, il tasso di crescita globale risulta inferiore alla media annuale del 7,5% registrata a partire dal 2014, indicando un rallentamento della crescita dell’attività di innovazione rispetto al decennio precedente.
Per l’Unione europea lo scenario appare sensibilmente più complesso: le 318 aziende di punta del continente hanno registrato un incremento nominale del 2,9%, un valore che si riduce a un marginale 0,1% se depurato dall’impatto dell’inflazione e che rappresenta il tasso di crescita più basso per l’UE dalla pandemia del 2020
Il calo è ancora più significativo se si allarga l’osservazione alle prime 800 imprese europee, dove la spesa è diminuita dello 0,7% in termini reali a fronte di un aumento nominale del 2,1%.

Il dato riflette inoltre una polarizzazione dimensionale: i grandi gruppi industriali mostrano una maggiore resilienza, mentre le imprese europee più piccole hanno subito una contrazione degli investimenti dell’11,8% nominale e del 14,2% reale.

La dinamicità dei comparti strategici europei e il nodo critico delle tecnologie TIC
La scomposizione settoriale dei dati rivela un’Europa a due velocità, dove la focalizzazione strategica su energia e salute si contrappone alle difficoltà della filiera digitale.
Il comparto dell’energia elettrica e delle fonti rinnovabili si attesta come il più dinamico, con un incremento della spesa in R&D del 19,8% e una crescita degli investimenti in conto capitale del 17,8%, riflettendo l’allineamento dei grandi gruppi industriali agli obiettivi del patto per l’industria pulita.
Anche il settore sanitario ha registrato una buona dinamica, con una progressione complessiva dell’11,5%, trainata dalle aziende leader che hanno spinto gli investimenti fino al 13%, consolidando la resilienza del sistema europeo.
Incrementi significativi hanno interessato anche i segmenti dell’aerospazio e della difesa, settori cruciali per l’autonomia strategica del continente.
Di segno opposto è l’andamento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), che mostrano segnali di sofferenza: il settore del software ha subito una contrazione del 9,7%, mentre l’hardware è calato dello 0,6%.
La flessione nel comparto TIC evidenzia la pressione della competizione globale e la necessità di rafforzare gli ecosistemi dell’innovazione per non perdere terreno nello sviluppo di soluzioni basate sulla AI.
L’espansione degli investimenti negli Stati Uniti e in Asia accentua la sfida per la competitività europea
Il confronto internazionale sottolinea un crescente divario tra la dinamicità degli investimenti negli Stati Uniti e la cautela che caratterizza l’area europea.
Mentre le imprese dell’Unione hanno segnato un incremento nominale del 2,9%, le società statunitensi hanno accelerato con una crescita del 7,8%, portando la loro intensità di R&D all’8,5%, un valore quasi doppio rispetto al 4,4% registrato in Europa.
Anche il Giappone e le altre regioni del mondo hanno mostrato una maggiore propensione alla spesa, con incrementi rispettivamente del 7,1% e dell’8,1%, mentre la Cina ha mantenuto una crescita del 3,9%.
Un elemento di forte divergenza emerge dall’analisi degli investimenti in conto capitale nel settore digitale.
Se, come abbiamo visto, le imprese europee attive nell’hardware e nel software hanno ridotto i propri stanziamenti in conto capitale, negli Stati Uniti, le aziende di software hanno aumentato il proprio capex del 50,5%, spinte dalla necessità di costruire infrastrutture e centri dati per sostenere lo sviluppo dell’AI.
L’Europa mantiene invece un vantaggio relativo nel settore automobilistico, dove detiene il 41,5% degli investimenti globali del comparto, sebbene la stasi della spesa rilevata nel 2024 rifletta la rapida ascesa della concorrenza cinese, specialmente nel mercato dei veicoli elettrici.

La geografia dell’innovazione e il deficit di attrattività del sistema europeo
Lo squilibrio nei flussi di investimento tra le due sponde dell’Atlantico funge da termometro della competitività sistemica, rivelando una progressiva erosione dell’attrattività dell’area europea.
Sebbene l’Unione rimanga la destinazione principale per la ricerca e sviluppo estera delle multinazionali statunitensi, la sua capacità di attrazione ha subito una flessione strutturale: tra il 2013 e il 2022, la quota di investimenti in R&D che gli Stati Uniti destinano alle proprie affiliate nell’UE è scesa di circa un quarto, fermandosi al 30,6%.
Una tendenza che si scontra con la dinamica opposta dei grandi gruppi continentali, che mostrano una spiccata propensione a innovare oltreoceano.
Attualmente, il 14,3% della spesa complessiva in R&D delle aziende europee censite viene effettuato nelle loro sussidiarie negli Stati Uniti, a fronte di un modesto 3,9% del capitale americano che fluisce verso i laboratori europei.
Tale asimmetria riflette la difficoltà dell’Europa nel trattenere e scalare le attività ad alto valore aggiunto, evidenziando come l’ecosistema statunitense riesca a catalizzare risorse e competenze fondamentali per la leadership nell’AI e nelle tecnologie di frontiera.
Un dato non nuovo per la Commissione: già il cosiddetto “Rapporto Draghi” del settembre del 2024 aveva evidenziato la scarsa attrattività del “Sistema Europa”, sottolineando l’urgenza di implementare diverse azioni — tra cui l’aumento della spesa in R&D — per rendere l’UE più competitiva.
Per rispondere alla concorrenza globale e rafforzare l’ecosistema europeo dell’innovazione, la Commissione sta portando avanti diverse iniziative in linea con la bussola per la competitività dell’UE, tra cui:
- la strategia dell’UE per le start-up e le scale-up, per fare dell’Europa una delle principali destinazioni per il lancio e la crescita di imprese tecnologiche globali;
- la legge europea sull’innovazione e il 28o regime, previsti per il 2026;
- la strategia europea per le infrastrutture di ricerca e tecnologia, che migliora l’accesso delle imprese alle infrastrutture di livello mondiale e il sostegno alla R&A;
- la strategia europea per l’AI nella scienza, che introduce RAISE, un istituto europeo virtuale che riunisce e coordina le risorse fondamentali nel campo dell’AI, tra cui la potenza di calcolo, i dati, i talenti e i finanziamenti alla ricerca in tutti gli Stati membri dell’UE e nel settore privato.
Il sistema industriale italiano tra eccellenze tecnologiche e
L’Italia dell’innovazione si muove oggi a due velocità: se da un lato il sistema sconta una frenata aggregata degli investimenti (pari al -4,1% nominale), dall’altro emerge un nucleo vitale di eccellenze che continua a investire con vigore.
Nello specifico, nel 2024 le 42 aziende italiane monitorate dal rapporto hanno registrato una diminuzione nominale degli investimenti in R&D del 4,1%, valore che si traduce in una flessione reale (al netto dell’inflazione) del 6,1%, una delle più marcate tra le principali economie dell’Unione.

Tuttavia, questo dato complessivo occulta una dinamica interna di segno opposto: mentre la performance generale è stata zavorrata da pesanti riduzioni di spesa in settori specifici come le telecomunicazioni (-47,6%) e il bancario (-15,3%), oltre che da un rallentamento di attori di primo piano come STMicroelectronics (-4,2%) e Iveco (-9,7%), ampi segmenti del manifatturiero avanzato mostrano una vitalità incoraggiante.
In particolare, Leonardo ha incrementato i propri stanziamenti in ricerca dell’11,6%, Ferrari dell’8,8% e Chiesi Farmaceutici del 15%, consolidando la leadership italiana nei comparti dell’aerospazio, dell’automotive di lusso e della salute.
Il fatto che oltre il 60% delle imprese italiane censite abbia comunque aumentato i propri investimenti evidenzia la presenza di un nucleo resiliente, sebbene la permanenza dell’Italia nel gruppo degli “innovatori moderati” confermi la necessità di riforme strutturali per ampliare la base tecnologica del Paese e favorire la scalabilità delle imprese emergenti nei settori della AI e del software.













