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Iperammortamento, attenti ai prodotti “Industry 4.0 ready”

Con l’arrivo dell’iperammortamento molti fornitori di macchinari stanno commercializzando i loro prodotti con una “certificazione” Industry 4.0 Ready. Vediamo di che cosa si tratta, che valore ha. Dieci consigli su quali accortezze avere prima di effettuare l’acquisto.

Pubblicato il 25 Apr 2018

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Sin dalla fine del 2016, quando il Piano Calenda ancora non era stato definitivamente approvato, nelle fiere di settore alcuni produttori di beni strumentali hanno iniziato a esporre, accanto ai loro macchinari, dei cartelli con la scritta “Industry 4.0 ready” o diciture simili. Al nostro sportello e nei commenti ai vari post che abbiamo pubblicato su questo sito sono arrivate diverse domande da parte di imprenditori che chiedevano se queste certificazioni fossero valide. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Dichiarazione, perizia e attestazione di conformità

La disciplina prevista dalla legge di bilancio 2017 e dalle sue successive modificazioni parla chiaro: perché un prodotto possa fruire dell’iperammortamento è sempre necessario produrre un documento che può avere tre diverse forme. Nel caso degli investimenti fino a 500 mila euro basta una dichiarazione del legale rappresentante dell’azienda utilizzatrice, mentre per gli investimenti di valore superiore è necessaria una perizia giurata o, in alternativa, un’attestazione di conformità rilasciata da un ente accreditato. Questa documentazione deve attestare che il bene abbia i requisiti merceologici – cioè rientri in una delle voci previste dalla legge -, rispetti i cinque requisiti e le due condizioni previsti nel caso dei beni appartenenti al primo raggruppamento e, infine, che avvenga effettivamente l’interconnessione ai sistemi di fabbrica (qui la definizione).

Come si evince, si tratta di certificazioni che deve produrre l’acquirente o un professionista da lui incaricato e non il produttore. Di conseguenza anche la responsabilità sulla veridicità delle dichiarazioni ricade in capo all’acquirente: è lui che deve produrre o far produrre la documentazione ed è lui il soggetto responsabile davanti all’Agenzia delle Entrate (e in qualche caso anche davanti a un giudice). Vi suggeriamo la lettura di questo articolo sulle conseguenze a cui si va incontro in caso di dichiarazioni erronee o false.

Le certificazioni Industry 4.0 Ready

Che cosa sono quindi queste certificazioni “Industry 4.0 Ready” che i produttori offrono con i loro beni? Dal punto di vista legale, come abbiamo visto, non sono previste. I fornitori di macchinari hanno però pensato di far “certificare” i propri prodotti a società di consulenza o enti di certificazione, andando ad attestare la rispondenza del prodotto ai requisiti merceologici e ai “5+2” requisiti e condizioni. In nessun caso, ovviamente, può essere certificata preventivamente l’interconnessione, che deve essere verificata sul campo e documentata a carico dell’utilizzatore.

L’intenzione dei produttori di macchinari è lodevole: se la cosiddetta certificazione “Industry 4.0 Ready” è fatta bene, rappresenta un utile aiuto all’imprenditore nel momento in cui deve produrre la dichiarazione del legale rappresentante. Meno utile, invece, quando ci si rivolga a un perito o a un ente accreditato per gli investimenti superiori ai 500 mila euro o, in via facoltativa, anche per quelli di importo minore. Ma – vale la pena ribadirlo – anche solo definirla “certificazione” è errato perché non esiste una procedura prevista da norme per questo tipo di attività.

Attenzione a…

A che cosa bisogna stare attenti? Vediamolo in dettaglio

  1. Ricordarsi che queste “certificazioni” Industry 4.0 Ready non hanno alcun valore legale. Occorre sempre preparare uno dei tre documenti richiesti dalla legge.
  2. Controllare che la “certificazione” riporti esattamente la voce merceologica alla quale il bene corrisponde e, soprattutto, verificarne la congruità.
  3. Verificare che, nel caso in cui il bene rientri nelle prime voci della lista, sotto la categoria “Beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati e/o gestito tramite opportuni sensori e azionamenti”, sia spiegato, in maniera congrua, perché e come il bene soddisfa i 5 requisiti previsti: controllo per mezzo di CNC (Computer Numerical Control) e/o PLC (Programmable Logic Controller); interconnessione ai sistemi informatici di fabbrica con caricamento da remoto di istruzioni e/o part program; integrazione automatizzata con il sistema logistico della fabbrica o con la rete di fornitura e/o con altre macchine del ciclo produttivo; interfaccia tra uomo e macchina (HMI, ndr) semplici e intuitive; rispondenza ai più recenti standard in termini di sicurezza, salute e igiene del lavoro. E’ importante sapere che i requisiti dell’integrazione e quello della sicurezza dipendono anche dal contesto in cui la macchina viene installata. Dichiarazioni generiche quindi lasciano il tempo che trovano.
  4. Verificare che sia spiegato, in maniera congrua, anche come il bene soddisfi le ulteriori condizioni previste, cioè essere dotato di due delle tre seguenti caratteristiche: sistemi di tele manutenzione e/o telediagnosi e/o controllo in remoto; monitoraggio in continuo delle condizioni di lavoro e dei parametri di processo mediante opportuni set di sensori e adattività alle derive di processo; caratteristiche di integrazione tra macchina fisica e/o impianto con la modellizzazione e/o la simulazione del proprio comportamento nello svolgimento del processo (sistema cyberfisico).
  5. Verificare la credibilità di chi ha rilasciato la “certificazione”. Chiunque può dichiarare che un macchinario è “industry 4.0 Ready”, ma siamo sicuri che abbia le competenze per farlo?
  6. Sottoporre comunque la “certificazione” Industry 4.0 Ready al vaglio di un consulente o un esperto indipendente. Anche la vostra associazione di categoria potrebbe darvi una mano.
  7. Ricordarsi che senza l’interconnessione nessun bene può fruire dell’agevolazione. L’interconnessione deve avvenire effettivamente in fabbrica ed essere documentata.
  8. Se si opta per la dichiarazione “fai da te” basandosi su queste “certificazioni”, le considerazioni contenute nella “certificazione” Industry 4.0 Ready diventeranno le vostre considerazioni, quindi valutate bene se fidarvi non tanto del venditore quanto di chi ha preparato quel documento.
  9. Valutare in ogni caso una perizia o un’attestazione di conformità, anche se il bene costa meno di 500 mila euro. Per quanto sia ormai stata fatta chiarezza su quasi tutti i punti della legge, ci sono ancora molte situazioni al limite. Come avete visto, in caso di errore la responsabilità è vostra, ma il supporto di un consulente competente può comunque risparmiarvi una parte delle conseguenze.
  10. Diffidate dei “faciloni”. Se avete anche il minimo dubbio sulla valutazione del vostro consulente, chiedete il parere anche di un secondo esperto.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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