L’automazione avanzata offre davvero una marcia in più? Ecco che cosa ne pensano Parmalat, Iveco e Magneti Marelli

L’automazione industriale si arricchisce di tecnologie sempre più avanzate e innovative. La promessa è di supportare la competitività della manifattura italiana, ma il risultato non è scontato. Parmalat, Iveco e Magneti Marelli ne hanno discusso con 9 aziende fornitrici di tecnologie abilitanti.

Pubblicato il 07 Mar 2022

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L’automazione industriale si arricchisce di tecnologie sempre più avanzate e innovative. La promessa è di supportare la competitività della manifattura italiana, ma il risultato non è scontato. Se ne è discusso lo scorso 3 marzo, presso il Competence Center Made, nel corso dell’incontro che apre il percorso di avvicinamento a SPS Italia 2022, in programma dal 24 al 26 maggio a Parma: 3 aziende manifatturiere – Parmalat, Iveco e Magneti Marelli – e 9 aziende si sono confrontati su temi quali l’integrazione con la robotica, l’interconnessione, la standardizzazione, Big Data, Analytics, IIoT e sistemi di visione e misura.

Ne è emerso un quadro con luci e ombre, tra tecnologie sicuramente valide e davvero avanzate e un’applicazione reale da parte del mondo della manifattura ancora non del tutto “compiuta”.

La tavola rotonda ha visto confrontarsi:

  • Stefano Faccio – Head of Machinery Safety – Industry 4.0 & Digital Manufacturing – Manufacturing Operation di Marelli Automotive Lighting Italy
  • Daniele Ferrari – OT Manager Engineering Department di Parmalat
  • Michele Abbondandolo – Manufacturing Engineering Manager di Iveco
  • Fabio Rosso – Head of Service Center di Balluff Automation
  • Raffaele Balzan – Packaging Market Manager di Beckhoff Automation
  • Davide Palombo – Product Market Manager per la Digitalizzazione di Festo
  • Carlo Di Nicola – Sales Area Manager – Systems si ifm electronic
  • Marino Crippa – Direttore Marketing e Vendite di Keb Automation Italia
  • Giovanni Mandelli – Automation Solution Manager Italy Factory Automation Division di Mitsubishi Electric Europe
  • Giovanni Di Pumpo – Direttore Commerciale di Rittal – Eplan Software & Service
  • Andrea Lolli – Sales Manager Sistemi di Presa di Schunk Intec Italia
  • Cristian Sartori – Product Management Team Leader Automation di Siemens.

Automazione avanzata: definizione, vantaggi e problematiche

La prima parte del confronto ha riguardato la definizione del concetto stesso di automazione avanzata e gli eventuali scogli da superare. Daniele Ferrari ha spiegato come per Parmalat l’automazione avanzata sia fatta di processi di business intelligence, analisi di enormi masse dati, realtà aumentata. Il rischio, secondo il manager, è che uno o più di questi strumenti, che dovrebbero essere di supporto, diventino più importanti del prodotto stesso; altrettanto cruciale, per Ferrari, è tenere nella giusta considerazione l’impatto sulla sicurezza, non solo nel senso della protezione dei dati, ma nel senso di proteggere le macchine dagli uomini.

Carlo di Nicola di ifm electronic ha confermato come, perché la digitalizzazione “corra” davvero, sia necessario che l’enorme quantità di dati estrapolati dagli impianti sul campo venga non solo resa fruibile e facilmente interpretabile da chi deve utilizzarli per gestire i macchinari, ma anche integrata con il sistema ERP, in modo da gestire tutte le richieste e le necessità di approvvigionamento di materiali, gli ordini, i pezzi di ricambio.

L’automazione avanzata, naturalmente, dovrebbe portare con sé anche maggior sicurezza per i lavoratori. Per Andrea Lolli di Schunk Intec Italia la robotica collaborativa sgrava gli operatori da compiti gravosi e a volte pericolosi, lasciandoli liberi di potersi occupare di compiti diversi, come per esempio il controllo qualità. Anche intelligenza artificiale ed edge computing offrono un aiuto pratico ai lavoratori: secondo Cristian Sartori di Siemens per portare in concreto l’AI è necessario anche utilizzare gli strumenti adatti che coniugano i vantaggi dell’innovazione dell’IT con i requisiti tipici del mondo industriale.

La sostenibilità come leva per il cambiamento

Nella seconda parte del confronto si è parlato di vincere le reticenze che nel mondo manifatturiero portano a volte a “sfuggire” al cambiamento: secondo Michele Abbondandolo di Iveco questa tendenza si sta modificando grazie al cambio generazionale e all’elevata tecnologia che è ormai a disposizione delle aziende; il risparmio, secondo Raffaele Balzan di Beckhoff, potrebbe essere una delle leve vincenti, dal momento che tutte le aziende nel campo della produzione industriale, e in particolare nel packaging, stanno puntando a una produzione sempre più sostenibile, con costi più contenuti.

E proprio l’aumento dei costi dell’energia e la carenza di materie prime sono problemi di cui, secondo Fabio Rosso di Balluff, lo sviluppo del software non soffre; meno hardware significa meno componenti da alimentare, da raffreddare, e soprattutto da produrre, quindi ne consegue anche un notevole risparmio energetico.

Il fattore tempo, infine, secondo Giovanni Di Pumpo di Eplan Software & Service, è l’unità di misura principale della competitività. Una sola variabile che ne determina molte altre, dalla qualità alla sostenibilità e all’efficienza, e che è legata fortemente ai dati e di conseguenza all’integrazione sistemica tra software, prodotto e macchina.

Il punto sul mercato italiano

Nell’ultima parte della tavola rotonda si sono affrontati i temi più spinosi. Innanzitutto quello della necessità di adottare strategie a medio-lungo termine, cosa che secondo Stefano Faccio di Marelli Automotive Lighting Italy non è affatto scontata né semplice. Così come non è semplice, secondo il manager, districarsi tra le varie soluzioni – tutte sicuramente valide – per trovare quella che poi si riveli realmente vantaggiosa nelle applicazioni concrete.

Mitsubishi Electric, ha spiegato Giovanni Mandelli, essendo sia un’azienda manifatturiera, sia un fornitore di soluzioni di automazione avanzata, ha affrontato il tema della Digital Transformation in primis sulle proprie fabbriche in Giappone e l’ha fatto attraverso un approccio di miglioramento continuo: tutto va realizzato a step, un passo alla volta e definito da uno schema in cui vengono presi in considerazioni i livelli di utilizzo dei dati e le aree di applicazione. Lo scopo è quello di valutare quali passi implementare per raggiungere i propri obiettivi, calcolando il ritorno dell’investimento di ogni singolo step.

Ma qual è il reale livello di digitalizzazione delle aziende italiane? Secondo Davide Palombo di Festo la risposta non può essere univoca. Bisogna innanzitutto dare una definizione esatta di “digitalizzazione” nel mondo dell’automazione industriale e differenziare tra settori: se si intende, per esempio, la tendenza verso il lavoro da remoto, secondo il manager si tratta ormai di uno stato di fatto, che sicuramente è stato accelerato dalla pandemia degli ultimi due anni. Ma la remotizzazione non si riferisce semplicemente al lavoro o ai meeting, ma anche alla configurazione e al monitoraggio delle macchine industriali, tendenza altrettanto diffusa. Diversa, invece, la situazione dal punto di vista dello sfruttamento dei dati che si hanno a disposizione all’interno delle macchine: da questo punto di vista, secondo Palombo, le aziende italiane si trovano qualche passo indietro rispetto ai competitor internazionali. Guardando, invece, ai settori, automotive, food e packaging sono quelli che virano più velocemente verso la digitalizzazione.

Spostare il focus dalle tecnologie alle persone

Tecnologie avanzatissime e disponibili, ma secondo gli end user che hanno partecipato al confronto ce ne sono di “promosse” a pieni voti e di più problematiche. La manutenzione predittiva e la realtà aumentata (ma solo a livello assistance e training) secondo Magneti Marelli sono quelle che si sono rivelate più utili e utilizzabili in concreto.

Dello stesso avviso Iveco, che implementa la realtà aumentata anche per attività di controllo. Tra le tecnologie “bocciate”, sia per Magneti Marelli che per Iveco, c’è invece la robotica collaborativa, che ha presentato – al livello applicativo – problemi in termini di sicurezza, di efficacia e di costi. Per Parmalat, invece, il problema più spinoso risulta l’analisi dell’enorme massa di dati disponibili.

Per accelerare il processo di digitalizzazione del tessuto produttivo manifatturiero italiano, quindi, si rende necessario un cambio di passo, ma secondo Marino Crippa di Keb i fornitori di tecnologia dovrebbero farsi un esame di coscienza: forse, ha detto il manager, il gap da colmare è riportare le persone al centro di questa evoluzione.

Bisogna riuscire a sincronizzare la triade del pay off di SPS – persone-tecnologie-prospettive – mentre forse ci si è concentrati troppo sulle tecnologie e non si è tenuto sufficientemente conto del fatto che poi vanno applicate ai processi. Questa, a suo parere, è la chiave e la sfida per andare avanti nella trasformazione digitale: portare valore alla fabbrica con progetti integrati che mettano al centro le persone che hanno l’esperienza dei processi che stanno governando. Solo loro possono dare il vero valore aggiunto.

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Daniela Garbillo

Giornalista pubblicista con 30 anni di esperienza di redazione, coordinamento e direzione maturata presso case editrici, gruppi e associazioni in diversi settori, dalle tecnologie innovative alle energie rinnovabili, dall'occhialeria al beauty, all'architettura. All'attivo anche importanti esperienze in comunicazione, organizzazione di eventi e marketing.

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