Dopo una maratona notturna di quattordici ore proseguita anche nella mattinata di giovedì, la Commissione Bilancio del Senato ha concluso l’esame del disegno di legge di bilancio. Ora il testo passerà al vaglio dell’aula del Senato e sarà discusso fino all’approvazione, attesa lunedì. La prossima settimana il testo passerà quindi alla Camera, che però non dovrebbe apportare correzioni. In buona sostanza, i testi approvati oggi sono quelli che – a meno di sorprese – diventeranno legge.
Tra gli emendamenti approvati (17.1000/2000 testo 2) ci sono quelli che introducono le importanti modifiche al piano Industria 4.0 – Impresa 4.0. Come abbiamo spiegato dettagliatamente qui, super e iperammortamento spariscono in favore di un credito d’imposta per investimenti in beni strumentali (art. 22), mentre il credito d’imposta per ricerca e sviluppo si allarga includendo attività legate al design e alle innovazioni 4.0 e green (art. 22-bis, in questo articolo le aliquote).
In generale il testo accoglie molte delle richieste avanzate dalle associazioni di categoria a seguito del tavolo transizione 4.0 di novembre. Tuttavia, non mancano le criticità.
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Manca il respiro pluriennale
Tra le cose che meno piacciono alle associazioni, c’è sicuramente il fatto che, nonostante le dichiarazioni di intenti, anche questa volta le misure avranno una durata annuale e non pluriennale.
Andrea Orlando di Anima – Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica Varia ed Affine di Confindustria, ha sottolineato: “Manca l’orizzonte triennale delle misure, questo è l’elemento di maggiore criticità. Il cambio della tipologia di provvedimento è positivo, perché comunque sono stati conservati i valori degli incentivi (le aliquote del credito d’imposta sono quasi pari al valore degli incentivi attuali, ndr). Tuttavia rimanere con un finanziamento annuale delle misure significa mantenere un clima di incertezza. Non è una soluzione efficace così come poteva esserlo se fosse stata declinata in chiave pluriennale”.
Il rischio per Orlando è “che non si dia il giusto impulso agli investimenti”. Positivo l’accoglimento delle richieste sul credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, ma oltre a 4.0 e green “nella proposta di Confindustria c’era anche incentivare i progetti che vanno a impattare sulla filiera, e questa idea non è stata accolta”.
Concorda anche Alfredo Mariotti, direttore generale di Ucimu – Sistemi per Produrre: “Come diciamo da tempo, se un cambio andava fatto bisognava farlo in un’ottica almeno triennale. Invece così rimane l’incertezza, non essendo per nulla scontata quella pluriennalità che c’è soltanto a parole, nell’enunciazione di principio che è stata messa all’inizio del testo dell’emendamento”. Quanto agli aspetti tecnici, l’associazione ha già fissato per il 30 gennaio “un incontro aperto con i tecnici ministeriali per avere la corretta interpretazione” delle misure.
Giuliano Busetto, presidente di Federazione Anie, aveva suggerito “un piano triennale che garantisca continuità, perché finora con il rinnovo annuale delle misure abbiamo visto una forte incertezza e insicurezza da parte degli imprenditori”. Ora è ottimista: “È vero che la copertura in termini di risorse è solo per il primo anno, ma se vuole dare sostegno il Governo può assumere l’impegno anche per 2021 e 2022″.
Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform, nel sottolineare come gli altri il valore che avrebbe un piano di incentivi pluriennale, prova a guardare il bicchiere mezzo pieno: “Preferivamo che la nuova piattaforma fosse impostata da subito con un respiro pluriennale, ma in mancanza di ciò comunque il Governo si sta impegnando in quella direzione”. Gay sottolinea anche “l’assoluto bisogno che si parli di un automatismo nelle misure, come si faceva prima, senza bisogno di fare comunicazioni all’Agenzia delle entrate ma solo al Ministero. Questo perché se applichiamo la burocrazia a quelle leve che dovrebbero favorire l’innovazione, vanifichiamo la loro portata”.
Bene l’incentivo sul Digitale
Anitec-Assinform ritiene che “sia importante l’eliminazione del vincolo tra gli incentivi in hardware e software”, dice Gay. Finora infatti per accedere all’incentivo sui beni immateriali elencati nell’Allegato B era necessario aver fatto almeno un investimento anche in uno dei beni materiali elencati nell’allegato A. “Il mercato digitale è un acceleratore capace di trasformare anche le aziende tradizionali, che diventano più competitive – commenta Gay -. Serve quindi una politica industriale che favorisca ciò, per spingere la trasformazione digitale”.
Anche Busetto (Federazione ANIE) sottolinea che “dobbiamo sostenere il passaggio verso la digitalizzazione d’impresa – spiega Busetto -. In un anno si vede solo l’investimento sulla macchina, mentre la trasformazione richiede più tempo, anche per vedere qual è il ritorno di investimento”. Per questo, a proposito di beni digitali, Anie ha “appoggiato la scelta di rendere indipendente l’incentivo sui software dell’Allegato B. Non penso che si possa investire solo sul software senza pensare a un rinnovo della macchina, ma prima c’era un preciso vincolo che legava i due aspetti, oggi invece sono indipendenti”. L’associazione è quindi favorevole, precisando che però tra i software non sia compresa qualsiasi soluzione ma solo quelle che davvero servono alle imprese, come i programmi di simulazione.
L’assenza dei Digital Innovation Hub
Per Paolo Manfredi, responsabile delle strategie digitali di Confartigianato, il finanziamento delle misure solo per un anno non è una sorpresa: “Ce l’aspettavamo. Io credo che gli incentivi siano sempre utili, dobbiamo guardare al complesso: il mio giudizio è largamente positivo, perché si sta parlando di misure inclusive. Noi infatti abbiamo la necessità di poter contare su misure che allarghino la platea dei beneficiari e mi sembra si stia andando proprio in questa direzione”. Manfredi trova “utile che siano stati estesi i benefici anche alle imprese che non fanno utili e che ci sia la possibilità di incentivare gli investimenti in software come indipendenti dall’hardware”.
Inoltre, aggiunge, “mi piace l’idea del credito d’imposta per il design perché lo trovo molto importante. Invece, avrei dedicato ulteriore spazio alla parte dedicata alla formazione“. Il tema introduce il discorso dei Digital Innovation Hub, “di cui non si sta parlando. Sono soggetti cui è stata data vita in modo casuale già a partire dal Piano Calenda e che oggi sarebbero molto importanti per accompagnare le imprese”. Oltretutto, “la Commissione europea sta licenziando una nuova strategia per i digital hub europei e l’Italia ha problemi di armonizzazione”.