Andamento positivo per i settori che racchiudono industria, innovazione e infrastrutture, ma restano in sofferenza lavoro e crescita economica. Sono questi alcuni dei dati che emergono dal “Rapporto SDGs 2018”, redatto da Istat che analizza gli “Sustainable Development Goals”.
Si tratta degli obiettivi di sviluppo sostenibile relativo ad Agenda 2030 (Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development) adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015. Un documento composto da 17 obiettivi (i goals, appunto) che fanno riferimento a diversi domini dello sviluppo sociale ed economico e che vengono monitorati per l’Italia da un sistema informativo del quale fa parte Istat.
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Il quadro di tendenza dello sviluppo sostenibile
Il quadro sintetico degli andamenti tendenziali dell’ultimo decennio indica sviluppi positivi con riferimento agli obiettivi istruzione di qualità, industria, innovazione e infrastrutture e consumo e produzione. L’effetto della crisi economica è, invece, evidente dall’analisi dei dati del quinquennio che va dal 2006 al 2011, con un numero maggiore di indicatori che peggiorano per gli obiettivi 1 (povertà), 8 (lavoro), 11 (città) e per il goal 7 (energia sostenibile). Registrano, invece, andamenti tendenziali leggermente positivi gli indicatori relativi ai goal 4 (istruzione), 5 (uguaglianza di genere), 9 (industria, innovazione ed infrastrutture) e 12 (consumo e produzione).
Nel quinquennio più vicino (dal 2011 al 2016) si rilevano moderati progressi: si attenuano le variazioni fortemente negative, presenti nel goal 1 (povertà) e 11 (città), oltre a quella del goal 3 (salute); presentano variazioni leggermente positive i goal 4 (istruzione), 5 (uguaglianza di genere), 7 (energia sostenibile), 9 (industria, innovazione e infrastrutture) e 12 (consumo e produzione); più del 30% degli indicatori rimangono invariati, in particolare per i goal 8 (lavoro), 16 (pace, giustizia ed istituzioni), 10 (ridurre le disuguaglianze).
Lavoro dignitoso e crescita economica, la situazione in Italia
Il tasso di crescita annuo del Pil reale pro capite è in miglioramento negli ultimi due anni mentre si registra un lieve calo per la produttività del lavoro, misurata dal tasso di crescita annuo del Pil reale per occupato. Dopo il calo registrato tra il 2009 e il 2013, infatti, il tasso di occupazione riprende a crescere anche se i differenziali rispetto alla media Ue sono ancora elevati.
Nonostante il calo registrato ultimi tre anni, il tasso di disoccupazione risulta ancora quasi doppio rispetto ai livelli pre-crisi, con forti differenziali di genere, età e rispetto al territorio. Il tasso di mancata partecipazione al lavoro, inoltre, mette in luce per l’Italia una situazione di svantaggio rispetto alla media Ue, con differenziali superiori rispetto al tasso di disoccupazione.
La quota di NEET, sebbene in lieve calo a partire dal 2015, risulta infatti in crescita rispetto al 2004 e, nel 2016, la quota di spesa pubblica per misure occupazionali e per la protezione sociale dei disoccupati presenta un incremento, nel confronto con il 2010, sia rispetto alla spesa pubblica sia rispetto al Pil.
Industria, innovazione e infrastrutture, cresce la sostenibilità ma siamo in deficit di ricercatori
Il primo dato che emerge dallo studio, in questo comparto, rappresenta sicuramente una buona notizia, Nonostante l’inversione di tendenza registrata nel 2015, infatti, l’intensità di emissione di CO2 sul valore aggiunto diminuisce negli ultimi dieci anni posizionando l’Italia tra i paesi europei a minore intensità di emissioni di anidride carbonica.
Notizie meno buone arrivano invece dal campo della ricerca e sviluppo. L’incidenza delle spese sul Pil è, infatti, cresciuta di soli 0,3 punti percentuali negli ultimi dieci anni e resta ancora rilevante il divario con l’Unione europea, sebbene il target 2020 definito per il nostro Paese sia quasi raggiunto.
Anche il numero di ricercatori sulla popolazione, nonostante sia in crescita negli ultimi anni, è consistentemente al di sotto dei livelli europei, evidenziando una situazione di ritardo strutturale del sistema di R&S italiano. Il Mezzogiorno che registra un numero di ricercatori per 10mila abitanti pari a meno della metà rispetto alle ripartizioni centrale e settentrionale.
La quota di persone con istruzione universitaria occupate in professioni tecnico-scientifiche è aumentata dall’11% al 17% tra il 2004 e il 2017 ma, nonostante questo l’Italia è terz’ultima nella graduatoria europea.