Intelligenza artificiale, a che punto siamo in Italia e in Europa? Il quadro delle politiche e degli investimenti

Il punto sulla diffusione delle soluzioni basate su intelligenza artificiale in Italia e in Europa: gli ultimi aggiornamenti sulle politiche europee per recuperare il ritardo rispetto a Cina e Stati Uniti raccontati da Roberto Viola della Commissione europea; i programmi di investimento rivolti alle aziende; il mercato europeo e italiano; il ruolo dell’AI a supporto della produttività.

Pubblicato il 08 Giu 2022

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Negli ultimi anni, anche sotto la spinta accelerativa data dalla pandemia, l’intelligenza artificiale sta trovando un numero sempre maggiore di applicazioni negli ambiti più disparati: dalla manifattura, all’agricoltura, alla sanità, ma anche nel settore bancario e quello assicurativo.

Ma in che modo l’AI può trasformare questi settori? E a che punto sono le aziende nell’implementazione di progetti basati sull’AI? Sono stati questi gli spunti di riflessione che hanno animato l’Artificial Intelligence 360 Summit, l’evento online organizzato da AI4business – testata del gruppo Digital 360 –  lo scorso 7 giugno.

Una diretta streaming che ha voluto mettere l’accento sulle possibilità derivanti dall’utilizzo dell’AI nelle varie industrie, ma anche sulle sfide che i regolatori devono superare per promuovere la fiducia nella tecnologia da parte dei lavoratori (e della società in generale), necessaria alla diffusione della tecnologia e sprigionare tutto il suo potenziale.

Regolamento europeo sull’AI, a che punto siamo: gli emendamenti proposti

Proprio questo tema è stato al centro dell’intervista a Roberto Vola, Direttore Generale del dipartimento Communications Networks, Content and Technology della Commissione europea. Commissione che, ricordiamo, ha presentato nell’aprile 2021 una proposta di regolamento europeo per l’AI, attualmente al vaglio degli organi legislatori dell’Ue (Parlamento e Consiglio), che dovranno poi accordarsi sul testo finale.

“Il regolamento sta viaggiando secondo i tempi. Il Consiglio ha presentato il testo approvato in seconda lettura con alcuni emendamenti rispetto al testo proposto dalla Commissione. La presidenza della Repubblica Cieca ha indicato il regolamento come una delle sue grandi priorità, quindi ci avviamo verso l’inizio dei negoziati con il Parlamento verso la fine dell’anno”, spiega Viola.

Attualmente, spiega Viola, il testo proposto dalla Commissione non è stato stravolto. Tra le modifiche suggerite dal Consiglio, oltre a una serie di semplificazioni, vi è l’introduzione dei contratti assicurativi come “applicazioni ad alto rischio”, a cui applicare regole più stringenti.

Alto tema di intervento riguarda l’utilizzo degli strumenti di AI per il “monitoraggio esteso o punteggio sociale”, tema che fin dai primi passi dell’iter legislativo del regolamento è stato al centro del dibattito. Già nel testo proposto dalla Commissione, infatti, si faceva esplicitamente divieto di utilizzare l’AI per sistemi che permettono ai governi di creare un sistema di “punteggio sociale”. Il Consiglio ha deciso di compiere un ulteriore passo verso la difesa dei diritti dei singoli, specificando che il divieto si applica non solo alle autorità pubbliche, ma anche ai soggetti privati.

Per quanto riguarda il Parlamento, già in sede di discussione sono emersi alcuni punti da fissare, anche se non è ancora emersa la posizione ufficiale: a differenza di quanto accaduto nel Consiglio, che ha adottato un testo finale in seconda lettura, il Parlamento deve ancora analizzare gli emendamenti proposti, raggrupparli, votarli e adottare così un testo finale, che rappresenterà la sua posizione sul tema durante i negoziati con il Consiglio.

Anche per il Parlamento, infatti, è importante definire paletti stringenti per quanto riguarda la privacy dei cittadini. La discussione si incentra quindi sull’utilizzo dei sistemi di riconoscimento facciale, altro tema caldo del regolamento. Già il testo della Commissione, infatti, aveva fatto rientrare i sistemi di identificazione biometrica a distanza tra le applicazioni ad alto rischio, vietandone l’utilizzo real-time in spazi pubblici, se non in occasioni specifiche, come la ricerca di un minore disperso, nella prevenzione di una minaccia terroristica seria e imminente o per individuare, localizzare, identificare o perseguire un autore o un sospetto di un grave reato.

Il Parlamento sta inoltre discutendo sulle basi del regolamento, quindi la definizione di intelligenza artificiale (che molti critici hanno bollato come troppo generica) e del sistema di rischio che serve a classificare le applicazioni tra quelle a cui si applicano regole più stringenti da quelle dove non sono necessari vincoli così stretti.

“C’è poi un tema trasversale al dibattito sia in Consiglio che in Parlamento, che è quello della governance. Si sta discutendo se implementare anche in questo ambito una governance esclusivamente europea”, spiega Viola.

Investimenti in intelligenza artificiale in Europa

Nel corso della sessione si è poi fatto il punto sugli investimenti europei in AI, importanti per recuperare il divario tecnologico tra Ue da un lato e Cina e Stati Uniti dall’altro, ma anche per raggiungere la sovranità tecnologica in questo ambito.

“Siamo contenti di come sta avanzando il programma europeo di supercalcolo, necessario per poter implementare progetti sull’intelligenza artificiale. La settimana prossima inaugureremo il supercalcolatore finlandese, in autunno speriamo di poter inaugurare quello in Italia ed entro fine anno quello in Spagna”, spiega Viola.  

L’Europa quindi accelera sulla potenza di calcolo, ma anche sulle strutture europee volte al testing degli algoritmi – ambiti che rientrano negli investimenti e nelle opportunità del Digital Europe, il programma per la digitalizzazione dell’Ue –, sulle piattaforme che federano lo sforzo dei ricercatori europei e sui programmi dedicati alle startup.

Di intelligenza artificiale si parla anche nel Chips Act (la legge europea che punta al raggiungimento della sovranità tecnologica in materia di semiconduttori), che ha una parte dedicata ai chip per l’intelligenza artificiale, con un focus sugli investimenti dedicati alle attività di ricerca e sviluppo in questo ambito.

“Guardiamo a quelle che sono le architetture più avanzate, che quindi possono portare alcuni elementi del funzionamento degli algoritmi addirittura a bordo dei chip, e alle architetture che permettono grandi potenze di calcolo a bassi consumi. Inoltre, c’è poi tutto il lato degli investimenti legati alla progettazione in connessione con le applicazioni, un elemento che è sempre mancato nel panorama europeo”, aggiunge.

Proprio su questo ultimo punto, spiega Viola, l’Ue sta cercando di accelerare sull’adozione di un approccio sistemico e sulla coordinazione degli sforzi a livello europeo, per liberare le potenzialità dell’AI nel campo della robotica, della guida autonoma, della genomica e nelle applicazioni di digital twin.

Per quanto riguarda i gemelli digitali, l’Ue sta già lavorando su progetti di ampia portata, primo fa tutti quello del Destination Earth, un progetto di ricerca che porterà alla costruzione di un gemello digitale del nostro pianeta, che sarà in grado di federare tutti i dati di osservazione della Terra provenienti dai satelliti e utilizzerà programmi di AI per facilitare una comprensione condivisa delle molteplici relazioni tra gli ambienti fisici e naturali e la società.

Un progetto simile, anticipa Viola, è in fase di costruzione per creare un gemello digitale dell’uomo che sarà poi utile per testare, ad esempio, gli effetti dei farmaci in via di sviluppo. Oltre a questi progetti, l’utilizzo dei digital twin si espanderà anche con la trasformazione di sempre più centri urbani in smart cities e con la connessione di un numero sempre maggiore di oggetti.

L’Europa è riuscita quindi, dopo anni di ritardo, a stabilizzare la sua visione dell’AI – incentrata sul concetto di tecnologia che rispetta l’uomo – e ha messo a punto un piano di investimenti che secondo Viola, le con sentirà di acquisire una posizione di leadership in materia di regolamentazione e testing, che avrà delle ricadute future positive per l’economia, la società e l’ambiente.

Ed è proprio nell’analisi dei potenziali benefici che si può comprendere il contributo che l’AI può dare alla transizione verde, in particolar modo negli ambiti di efficientamento energetico e utilizzo delle risorse energetiche rinnovabili.

La situazione in Italia: l’AI nelle aziende

In Italia il mercato dell’intelligenza artificiale ha continuato a crescere ininterrottamente, nonostante la pandemia, anche se rimane comunque ancora un mercato relativamente piccolo.

“Quest’anno arriverà a toccare un valore di 400 milioni di euro“, spiega Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano.

Un terzo del mercato, spiega Miragliotta, nel 2021 è stato rappresentato da soluzioni di intelligent data processing, usate dalle aziende in applicazioni volte quindi alla manutenzione predittiva, forecasting della domanda, valutazione del rischio e individuazione di comportamenti fraudolenti. Altri utilizzi hanno riguardato invece applicazioni più vicine alle capacità dell’uomo, quindi la comprensione e la generazione del linguaggio, la visione e l’interazione attraverso assistenti virtuali. Più limitati sono, ad oggi, i segmenti di mercato che riguardano l’auto e la robotica autonoma.

Per quanto riguarda i settori di riferimento, il manifatturiero è il settore più rilevante, sia in termini di peso assoluto, sia dal punto di vista della crescita (quindi delle dichiarazioni degli investimenti delle imprese a breve termine.

Si nota, tuttavia, una differenza di approccio tra grandi aziende e piccole imprese. Nelle grandi aziende l’AI è infatti più diffusa: secondo i dati dell’Osservatorio, dopo diversi anni in cui il tasso di adozione si è aggirato intorno al 53-54%, nel 2021 si è registrato un aumento delle organizzazioni con progetti di AI avviati, che hanno raggiunto il 59%.

Di queste, il 72%% ha un massimo di 4 progetti avviati (il 23% conferma di avere solamente un progetto avviato), il 12% tra 5 e 10 progetti e il 16% più di 10 progetti.

Una crescita che, tuttavia, non si rispecchia nei modelli organizzativi delle imprese, che sembrano non aver ancora colto l’importanza di avere in casa le competenze necessarie per gestire tutti gli aspetti di un progetto di AI, dalla governance, allo sviluppo, fino a tutto il processo di monitoraggio e valutazione degli strumenti adottati.

Il 17% delle imprese intervistate dall’Osservatorio per la ricerca, infatti, non dispone di figure professionali dedicate a queste attività, nel 41% dei casi il team di AI è incluso nelle risorse IT e solo nel 13% dei casi rappresenta una divisione a se stante.

Per quanto riguarda il manifatturiero, negli ultimi anni si è avuto un assaggio di quelle che sono le potenzialità dell’AI, sia in termini di KPI interni (relativi, ad esempio, ad efficienza e flessibilità), ma anche per quanto riguarda i KPI esterni, come la qualità di servizio che l’AI può portare in un contesto competitivo segnato da grandi discontinuità.

E sono proprio questi i driver che, secondo quanto rilevato dalla ricerca dell’Osservatorio, hanno spinto l’adozione di strumenti di AI nella manifattura: per il 58% delle aziende, infatti, si è investito con lo scopo di ridurre i costi operativi. Nel 46% dei casi, invece, si è ricorsi all’AI per valorizzare i dati raccolti e nel 42% dei casi si è investo in AI per esplorare le opportunità offerte dalla tecnologia.

Per quanto riguarda le applicazioni, anche nella manifattura è diffuso il ricorso a chatbot e sistemi di raccomandazione, oltre a soluzioni di computer vision. “Un quadro promettente in cui crediamo che anche il rafforzamento delle misure previste a sostegno dell’innovazione delle imprese darà ulteriore slancio che potremo apprezzare quantitativamente nei prossimi due o tre anni”, commenta Miragliotta.

Intelligenza artificiale e produttività

“Per quanto riguarda la produttività, l’incremento che si registra dall’adozione dell’AI è significativo e misurabile. Bisogna però chiedersi se la velocità con cui noi progrediamo sarà abbastanza per stare in testa alla competizione”, aggiunge Miragliotta.

Proprio su questo punto ha fornito alcuni dati Sergio Scicchitano, Senior Researcher/Primo Ricercatore, INAPP Department “Firms and labour”, che ha sottolineato come, all’interno di un quadro europeo di ritardo rispetto ad altre potenze, l’Italia riporti un ulteriore ritardo di adozione.

“All’interno dell’UE il mercato dell’AI è stimato intorno ai 5 miliardi di euro. Come abbiamo visto, in Italia il mercato ha una dimensione ben diversa. Il nostro Paese sconta infatti una situazione di ritardo di adozione rispetto l’Europa, con il 35% delle aziende che adotta almeno una soluzioni di AI, contro una media europea del 41%”, spiega.

I dati Eurostat mostrano anche che circa il 46% delle nostre aziende non adotta ancora l’AI e non pianifica investimenti in questa tecnologia, percentuale che invece scende al 40% per l’Europa. Inoltre, come dimostrano i dati dell’Osservatorio, sono prevalentemente le grandi aziende che utilizzano l’AI (il 26,3%), mentre la diffusione è ancora limitata nelle PMI (solo il 7,9% adotta almeno uno strumento di AI).

“Credo non ci sia ancora piena consapevolezza dell’enorme potenziale dell’AI in termini di produttività. La letteratura internazionale mostra che l’AI aumenta produttività riducendo costi e integrando lavoro umano e favorendo innovazioni complementari. Credo che il suo potenziale sia tutto da esplorare ancora, quindi i veri effetti su produttività e sul mercato del lavoro in generale si potranno osservare nei prossimi anni”, conclude Scicchitano.

Un ritardo che l’Italia, così come sta accadendo in Europa, sta cercando di recuperare, sia attraverso la definizione di piani strategici e accordi volti a promuovere la ricerca, lo sviluppo e l’adozione dell’intelligenza artificiale – come nel caso della strategia nazionale per l’intelligenza artificiale –, sia accelerando sugli investimenti, con piani rivolti a sostenere la digitalizzazione delle imprese.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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