L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova ospita, nella sede del Center for Convergent Technologies di via Morego, un laboratorio dove la scienza dei materiali incontra le più urgenti sfide del nostro tempo: la sostenibilità ambientale, la sicurezza delle filiere e la salute. Nel laboratorio Smart Materials, dove lavora Despina Fragouli, un team multidisciplinare si occupa di sviluppare bioplastiche e materiali funzionali partendo da polimeri naturali, scarti dell’industria agroalimentare e persino miceli fungini. L’obiettivo è duplice: creare alternative performanti ai polimeri di origine fossile e progettare soluzioni che, a fine vita, possano biodegradarsi senza generare inquinamento secondario, in un’ottica di piena economia circolare.
“La nostra filosofia è dare una nuova caratteristica ai materiali polimerici: la sostenibilità”, dice Fragouli. “Sviluppiamo biocompositi, spesso partendo da scarti dell’industria agroalimentare, con l’obiettivo che a fine vita possano degradarsi senza generare inquinamento secondario. Non si tratta solo di essere ‘green’, ma di progettare funzionalità e un ciclo di vita virtuoso fin dall’inizio”.
Indice degli argomenti
Dai biocompositi sostenibili alla circolarità
Il punto di partenza della ricerca è l’ampio patrimonio di polimeri offerto dalla natura. Polisaccaridi come cellulosa, chitosano (derivato dai crostacei) e alginato (dalle alghe) vengono combinati con proteine come la fibroina della seta o la cheratina.
A queste matrici si aggiungono scarti vegetali, come le bucce di arancia e pomodoro o i fondi di caffè e cacao, trasformati da rifiuti in risorse preziose. Questi “biocompositi”, come li definiscono in IIT, vengono ingegnerizzati attraverso processi a base d’acqua o estrusione per ottenere le proprietà meccaniche e funzionali richieste dalle diverse applicazioni. Un filone di ricerca esplora anche i miceli, l’apparato radicale dei funghi, come materiali auto-assemblanti che crescono e si sviluppano in strutture fibrose, le cui caratteristiche possono essere modulate a seconda del substrato nutritivo fornito.
Packaging intelligente per la sicurezza alimentare
Una delle applicazioni più promettenti di questi materiali è nel settore del confezionamento alimentare.
La ricerca si muove su due direttrici: il packaging attivo e quello intelligente. Il packaging attivo consiste in film biodegradabili che integrano le proprietà intrinseche degli scarti vegetali. Ad esempio, composti antiossidanti presenti nel cacao o nel caffè vengono sfruttati per creare imballaggi che proteggono gli alimenti dall’ossidazione e dall’umidità, prolungandone la conservazione.
Si sviluppano poi materiali che possano fungere da indicatori di freschezza che offrono un’alternativa dinamica alla data di scadenza. Si tratta di sensori che comunicano direttamente con l’ambiente del cibo. Molecole naturali, come le antocianine estratte da frutta e verdura viola, o la curcumina, vengono incorporate in matrici porose o nanofibrose. Questi materiali cambiano colore in presenza delle ammine biogeniche prodotte durante il deterioramento degli alimenti, segnalando visivamente se un prodotto è ancora idoneo al consumo.
“Con il packaging intelligente proponiamo un’alternativa dinamica alla data di scadenza”, spiega Fragouli. “Sviluppiamo materiali che ‘dialogano’ con l’alimento: possono cambiare colore se il cibo non è più buono, dando al consumatore un’informazione diretta e affidabile sulla sua qualità. Questo non solo aumenta la sicurezza, ma ha il potenziale di ridurre l’enorme spreco alimentare che spesso deriva da un’errata interpretazione delle etichette”.

Spugne e filtri per la purificazione delle acque
L’esperienza nella modulazione della chimica superficiale e della porosità dei materiali viene applicata anche al trattamento delle acque.
Sfruttando la forte affinità di alcuni scarti naturali con gli inquinanti, il team di IIT ha creato soluzioni per la depurazione. Spugne porose realizzate con fondi di caffè si sono dimostrate efficaci nell’assorbire metalli pesanti come piombo e mercurio. Allo stesso modo, strutture a base di bucce d’arancia possono intrappolare inquinanti organici.
Un altro esempio significativo è una spugna di poliuretano la cui superficie è stata modificata per renderla super-idrofobica e oleofila. Questo materiale è in grado di assorbire selettivamente grandi quantità di olio (fino a 70 volte il proprio peso), separandolo dall’acqua. La sua funzionalità magnetica consente di guidarla a distanza su sversamenti di idrocarburi, e l’olio può essere recuperato con una semplice pressione meccanica, rendendo la spugna riutilizzabile per numerosi cicli.
Queste tecnologie si estendono anche a sistemi di desalinizzazione a basso consumo energetico, che sfruttano la luce solare per far evaporare l’acqua intrappolata in strutture porose, ottenendo acqua distillata pulita.
Materiali biocompatibili per la salute umana e del pianeta
Nel campo biomedicale, i polimeri naturali come fibroina, cheratina e chitosano diventano la base per cerotti intelligenti e medicazioni avanzate. Questi dispositivi sono progettati per rilasciare principi attivi, come antibiotici o agenti antibatterici, in modo controllato direttamente sulla ferita.
La loro principale caratteristica è la biodegradabilità: il materiale si dissolve progressivamente man mano che il processo di guarigione avanza. I test hanno mostrato un’accelerazione significativa nella chiusura delle ferite, anche in condizioni complesse come quelle dei pazienti diabetici.
L’applicazione di questi concetti non si limita all’uomo: in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca, sono stati sviluppati cerotti subacquei per curare le ferite dei coralli e combattere il fenomeno dello sbiancamento, dimostrando una versatilità che abbraccia la salute dell’intero ecosistema.
L’elettronica diventa verde e flessibile
Il crescente volume di rifiuti elettronici spinge la ricerca verso un’elettronica “verde”. Il laboratorio sviluppa inchiostri conduttivi combinando polimeri naturali con nanofiller a base di carbonio.
Questi inchiostri possono essere applicati tramite spray o stampa su substrati biodegradabili come la carta. Il risultato è un circuito flessibile, leggero e resistente: un foglio di carta conduttiva può essere accartocciato per poi tornare a funzionare perfettamente, aprendo la strada a sensori e componenti elettronici a basso impatto ambientale.
Una delle dimostrazioni più efficaci è stata la sua applicazione come elettrodo per il controllo di una mano prostetica, dove ha garantito la stessa efficacia di un elettrodo standard in titanio ma con un peso e un impatto ecologico notevolmente inferiori.
La ricerca al servizio dell’industria
Il trasferimento tecnologico è una missione fondamentale per il gruppo di Smart Materials, che collabora attivamente con le aziende attraverso progetti congiunti e laboratori condivisi.
Esempi concreti includono lo sviluppo, per un’azienda leader nel settore velico, di una vela da competizione più leggera e resistente, e la creazione, per un noto marchio di caffè, di cialde compostabili realizzate a partire dagli scarti di lavorazione dei chicchi. Sinergie queste che dimostrano come la ricerca di base sui materiali possa tradursi in innovazioni di prodotto concrete, capaci di generare valore economico e ambientale.