Un robot avatar e una mano robotica soft: il Joiint Lab mostra a BiMu nuove frontiere di interazione uomo-robot

Il Joiint Lab (il laboratorio congiunto tra l’Istituto Italiano di Tecnologia e il Consorzio Intellimech, promosso da Confindustria Bergamo, Kilometro Rosso e l’Università degli Studi di Bergamo) ha partecipato alla 33ma edizione di BiMu con alcune dimostrazioni delle tecnologie sviluppate. Tra queste, un robot avatar che consente di combinare il know-how dell’operatore alla potenza della macchina e una mano robotica soft che adatta automaticamente la presa in funzione dell’oggetto con cui interagisce.

Pubblicato il 15 Ott 2022

Robot avatar

Unire il mondo della ricerca universitaria e dell’impresa per sviluppare insieme tecnologie ed applicazioni per l’automazione del futuro: è questo l’obiettivo del Joiint Lab, un laboratorio congiunto tra l’Istituto Italiano di Tecnologia e il Consorzio Intellimech, promosso da Confindustria Bergamo, Kilometro Rosso e l’Università degli Studi di Bergamo.

Uno spazio comune dove aziende e ricercatori collaborano per rispondere alle sfide dell’industria e testare nuovi casi applicativi della robotica, in particolar modo della robotica collaborativa, in un territorio ricco di imprese che lavorano nell’ambito della meccatronica e che hanno riconosciuto la robotica come l’abilitante dell’innovazione del domani.

La missione e l’organizzazione del laboratorio

“Le aziende ci portano conoscenza delle sfide industriali e dei loro prodotti e mettono all’interno del laboratorio il loro personale, noi dall’altra parte mettiamo a disposizione la conoscenza della tecnologia. Da questo incontro nascono nuove declinazioni delle tecnologie nei contesti industriali, quindi si va a sviluppare insieme il potenziale di nuove tecnologie – come ad esempio i robot collaborativi, la robotica soft, nuove interfacce– , in contesti reali”, spiega Francesca Negrello, responsabile operativa del laboratorio.

Un circolo virtuoso che permette di valutare come la tecnologia può risolvere problemi reali e che consente, a partire dai risultati di questi progetti, di alimentare nuova ricerca.

Il laboratorio lavora su quattro macro-filoni che nascono proprio dalle problematiche concrete che hanno riportato le aziende:

  • sviluppare metodologie e strumenti per rendere veramente flessibile la robotica collaborativa, facilitando la programmazione e l’utilizzo anche da parte di utenti non esperti di programmazione
  • introdurre l’automazione robotica nella logistica, per applicazioni a basso valore aggiunto, come asservimento macchine o prelievo componenti dal magazzino
  • introdurre la robotica collaborativa all’interno delle operazioni di processo
  • nuove modalità di interazione uomo-robot incentrate sulla possibilità di remotizzare le attività anche in ambito industriale grazie a un robot avatar

I progressi in campo di robot avatar e soft robotics

Il laboratorio ha partecipato alla 33ma edizione di BiMu, la biennale dedicata alla macchina utensile che si è svolta presso gli spazi espositivi di Fiera Milano a Rho dal 12 al 15 ottobre, con alcune delle tecnologie sviluppate per rispondere a queste sfide.

Tra queste vi è il robot avatar che consente di sfruttare i robot non solo come sistemi autonomi, ma anche come un’interfaccia fisica remota (un avatar, appunto) dell’operatore.  L’operatore si può collegare al robot con delle interfacce indossabili, come un visore per la realtà virtuale o una tuta che ne traccia i movimenti, e che gli permette di comandare il robot senza programmazione, andando a fare la gestualità che richiede l’attività specifica.

“In questo modo possiamo portare al robot la competenza e il know-how del lavoratore, mentre l’operatore viene potenziato dalla forza della macchina e può, ad esempio, sollevare carichi pesanti oppure sfruttare la sensoristica per rilevare fughe di gas o radiazioni”, spiega Negrello.

Un’unione che crea qualcosa più potente dei singoli e che il laboratorio ha mostrato in fiera grazie a un prototipo che sta testando presso alcune aziende proprio per valutare i possibili casi d’uso, che spaziano dalla manutenzione di infrastrutture ad interventi volti a migliorare la sicurezza in alcune fasi di processo, all’assistenza remota per la manutenzione di prodotti e linee.

Il robot ha infatti una sembianza semi-antropomorfa, che permette all’operatore di entrare in un sistema che ha caratteristiche simili a quelle del proprio corpo: ad esempio, se l’operatore muove le braccia, le braccia dell’avatar si muoveranno in accordo al suo movimento. Questo consente all’operatore di avere un’esperienza più immersiva e trasparente rispetto alla macchina e gli permette di realizzare anche da remoto interventi che tradizionalmente sono svolti in presenza.

“L’operatore vede nel visore attraverso le due telecamere posizionate in prossimità degli ‘occhi’ dell’avatar, mentre il movimento delle mani è controllato attraverso un joystick che controlla anche la base mobile”, spiega Negrello.

Un avatar che porta tutta la tecnologia sviluppata da Alterego – il robot dimostrativo sviluppato dal laboratorio –, su larga scala, sfruttando componenti che già si trovano sul mercato – come la base mobile, i manipolatori che costituiscono le braccia del robot e i sistemi di visione che costituiscono gli occhi–, unendo così tecnologia già pronta a quel tassello mancante sviluppato dal laboratorio, come nel caso del collo del robot, capace anche questo di simulare il movimento umano fornendo all’operatore un feedback visivo più accurato.

Alterego, il precursore del robot avatar sviluppato dal Joiint Lab

Nei prossimi mesi il laboratorio proseguirà l’attività di sviluppo del robot avatar iniziando a coinvolgere il personale delle aziende: non programmatori e sviluppatori, quindi, ma il personale dotato di know-how del processo, con l’obiettivo di arrivare nell’arco di 2023 a realizzare dei test in fabbrica.

In fiera il Joiint Lab ha presentato anche una mano robotica soft, risultato dell’attività di ricerca “pura” del laboratorio (quindi nell’ambito di una tesi di dottorato di un ricercatore del laboratorio), oggi arrivata a maturità e prodotta da una spin-off.

“L’idea di fondo è quella di usare la tecnologia della robotica soft per semplificare l’uso di una mano. Abbiamo una mano antropomorfa con 19 gradi di libertà e che grazie alle sue articolazioni elastiche e un’idea presa in prestito dal mondo della neuro-ingegneria, diventa molto semplice da usare”, spiega Negrello.

“Ha una chiusura coordinata delle dita che, grazie all’elasticità della mano, si adatta alla forma dell’oggetto con cui interagisce. Ha quindi un elevato grado di complessità che viene gestito da un solo comando, perché è la mano che è intelligente nella sua meccanica e questo è uno degli esempi delle tecnologie che stiamo testando attivamente”, conclude.

Una capacità di interazione che rappresenta un cambio di paradigma rispetto alla robotica tradizionale e che permette di usare il sistema sfruttando gli stessi paradigmi che utilizziamo nel movimento del nostro corpo e nell’interazione con l’ambiente.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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