Taisch: “Trasferimento tecnologico fondamentale per le PMI, ma servono più risorse”

Intervista a tutto campo con il prof. Marco Taisch, uno dei padri del Piano Industria 4.0 in Italia nonché dei Competence Center italiani, sull’importanza del trasferimento tecnologico per lo sviluppo delle piccole e medie imprese italiane. Il professore difende l’operato dei Competence Center, mentre critica la gestione italiana della partita degli European Digital Innovation Hub, suggerendo una possibile soluzione.

Pubblicato il 23 Giu 2022

Marco Taisch

Per diverse ragioni – su tutte la struttura industriale caratterizzata da moltissime micro, piccole e medie imprese – l’Italia non brilla nelle classifiche sull’innovazione digitale. Al di là dei numeri appare evidente l’importanza di rafforzare la “cinghia di trasmissione” che mette in collegamento la domanda di innovazione delle imprese con il patrimonio di competenze sviluppato dal mondo dell’Università e dei centri di ricerca applicata: una funzione questa che prende il nome di trasferimento tecnologico e che è uno dei temi su cui tra gli addetti ai lavori c’è unanimità di vedute sugli obiettivi, ma minor concordia sugli strumenti.

Di questo tema abbiamo parlato con Marco Taisch, professore di Sustainable Manufacturing e Operations Management del Politecnico di Milano, uno dei padri del Piano Industria 4.0 in Italia (è stato uno dei membri dell’Advisory Board), nonché dei Competence Center italiani, le strutture nate nell’ambito del piano proprio per erogare servizi di orientamento e formazione alle imprese sui temi della digital transformation e per fare da “braccio operativo” del Governo nel finanziamento dei progetti di innovazione.

Oggi Marco Taisch ha diversi punti di osservazione sul mondo della manifattura, in quanto Scientific Chairman della World Manufacturing Foundation, vice presidente di EFFRA nonché presidente del Competence Center Made 4.0, coordinatore del progetto Edih-L, la proposta lombarda per gli European Digital Innovation Hub, i poli europei di innovazione digitale.

EDIH, le scelte dell’Italia che hanno “tradito” il progetto iniziale

E proprio sulla partita degli EDIH, la cui selezione si è recentemente chiusa con tanto di coda polemica per alcune bocciature eccellenti, Taisch ha le idee chiare: “Creare dei Digital Innovation Hub europei con il compito di promuovere la digitalizzazione delle PMI era un’ottima idea che poggiava su due solide basi: primo, fare in modo che i centri avessero una matrice territoriale; secondo, rafforzare strutture esistenti in grado di offrire servizi di test before invest“, dice. “Tuttavia il risultato delle valutazioni ha preso una strada diversa decidendo di favorire progetti nazionali, e strutture da costruire ex novo“.

Di questa logica sarebbero quindi figlie le (discusse) scelte dei 13 EDIH italiani che riceveranno il finanziamento al 100% (50% dall’UE e 50% dall’Italia con risorse del PNRR), dei 17 che hanno ricevuto comunque il Seal of Excellence, ma dovranno accontentarsi della sola parte nazionale (tra questi l’EDIH-L) e degli 11 che invece sono rimasti fuori.

“Sono molto dispiaciuto di come siano andate le cose perché credo sia stato tradito lo spirito originario di questa iniziativa”, aggiunge Taisch. Che ora chiede che il Governo faccia la sua parte. “Gestire un’iniziativa coperta al 100% e una coperta al 50% sono due cose profondamente diverse. Con un finanziamento parziale saremmo costretti a trovare dei partner investitori per ogni iniziativa, il che non è semplice considerando che gli EDIH devono offrire servizi a beneficio delle imprese e non sempre remunerativi per chi li eroga. Per questo credo che il Governo e le Regioni dovrebbero trovare il modo di coprire, con le risorse del PNRR, anche il restante 50% di tutte le iniziative che hanno ottenuto il Seal of Excellence”.

Competence Center: tanto valore creato con le poche risorse a disposizione

Sul piano interno invece, Made Competence Center è in attesa, come gli altri Competence Center, delle “pagelle” fatte dal Ministero dello Sviluppo Economico che indicheranno le modalità con cui verranno rifinanziati gli 8 centri presenti in Italia, sempre con risorse a carico del PNRR.

Tra le critiche più spesso rivolte a questi centri dedicati al trasferimento tecnologico alle imprese vi è quella di non aver saputo raggiungere, nei tre anni di attività (invero meno effettivi visto che hanno dovuto costituirsi e iniziare a operare nel pieno della pandemia), un numero sufficientemente elevato di PMI.

Una critica che Taisch non condivide perché – dice – non tiene conto di quanto questi centri sono stati in grado di realizzare a fronte di un investimento iniziale basso: dei 72 milioni complessivi, infatti, circa un terzo era la “partita di giro”, cioè risorse che gli 8 Competence Center hanno distribuito ai progetti di innovazione per conto del Governo.

“Posso concordare che, se analizziamo la percentuale delle imprese raggiunte rispetto alle PMI presenti sul territorio, il numero possa sembrare basso, ma non bisogna dimenticare la qualità dei servizi che abbiamo offerto a fronte di risorse limitate. Voglio citare qualche numero: come rete Competence Center sono stati organizzati in poco più di un anno 731 momenti di orientamento (webinar, workshop ed eventi presso i Centri) per oltre 32 mila partecipanti con il coinvolgimento di circa 12.300 aziende. Per quanto riguarda la formazione abbiamo erogato 178 corsi per un totale di oltre 3.800 partecipanti, mentre sono ben 435 i progetti di trasferimento tecnologico che stiamo portando avanti, generati da 1.095 incontri one-to-one con le aziende. Abbiamo calcolato che il costo della formazione  erogata dal nostro Centro è di soli 30 euro pro capite”, commenta.

Altro elemento da non dimenticare è il fatto che i Competence Center costituiscono una delle componenti del sistema nazionale volto ad accompagnare le imprese verso la transizione digitale. Sistema che include anche le Camere di Commercio, i Punti Impresa Digitale e i Digital Innovation Hub: “Tengo a sottolineare la nostra capacità di fare sistema: abbiamo coinvolto associazioni di categoria e territoriali in oltre 172 incontri con il fine di estendere alle loro aziende associate i nostri servizi”.

Il giudizio sul PNRR

Mentre il sistema italiano brilla per la qualità della ricerca, nonostante i pochi fondi investiti nella ricerca pubblica, dall’altra parte le classifiche sull’innovazione relegano il Belpaese costantemente nelle retrovie dell’Europa, soprattutto a causa della scarsa produzione di brevetti e del ridotto numero di start-up.

“Questa è la conseguenza di un sistema economico costellato da micro e piccole imprese, che fanno innovazione non strutturata in brevetti, e della prevalenza di piccole e medie realtà che operano in ambito manifatturiero e non nell’ICT, dove è più semplice creare delle start-up”, spiega Taisch.

Che però esista l’esigenza di lavorare maggiormente sulla trasmissione del sapere dalla ricerca all’impresa è chiaro, al punto che nello stesso PNRR una delle due componenti della missione 4 è dedicata proprio al tema “Dalla ricerca all’impresa” (M4C2).

Ma le risorse previste dal PNRR su questo tema sono sufficienti e correttamente allocate? Iniziamo dal dato quantitativo: la M4C2 dispone di circa 11,29 miliardi di euro tra fondi della Recovery & Resilience Facility e React-EU.

Il grosso della torta “serve a finanziare le infrastrutture per la ricerca e sviluppo a basso TRL che hanno bisogno di infrastrutture”, sottolinea Taisch.

Alla direttrice dedicata al Rafforzamento di Ricerca e Sviluppo e delle iniziative IPCEI, infatti, sono destinati complessivamente 7,29 miliardi di euro.

L’altra componente della missione incentrata invece sul Trasferimento di tecnologia e sostegno all’innovazione ha una dotazione di 4,48 miliardi di euro così distribuiti

  • Creazione e potenziamento degli “ecosistemi dell’innovazione”, costruendo “campioni territoriali di R&S” (1,3 miliardi)
  • Potenziamento strutture di ricerca e creazione di “campioni nazionali di R&S” su alcune Key Enabling Technologies (1,6 miliardi)
  • Potenziamento ed estensione tematica e territoriale dei centri di trasferimento tecnologico per segmenti di industria (500 milioni)
  • Dottorati innovativi per le imprese e immissione di ricercatori nelle imprese (600 milioni)
  • Dottorati e ricercatori green e innovazione (480 milioni a carico del React-Eu)

Un quadro che certamente non è di semplice lettura, ma all’interno del quale i centri e le linee di intervento predisposte “non vanno a sovrapporsi – spiega Taisch – quanto piuttosto a operare su tecnologie diverse o ambiti diversi relativi alle stesse tecnologie”.

È questo il caso, ad esempio, dei cinque Centri Nazionali per la ricerca in filiera, presentati pochi giorni fa dal Ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, che avranno un ruolo ben diverso dai Competence Center e degli altri poli che sorgeranno sempre dedicati al trasferimento tecnologico.

“I Competence Center fanno trasferimento tecnologico su un particolare gruppo di tecnologie: le tecnologie digitali applicate alle imprese. I Centri Nazionali sono nati con il PNRR e fanno ricerca di base su tecnologie o aree tecnologiche dove il non possesso di competenze rischierà di mettere il paese in una situazione di deficit di know-how nel medio e lungo termine”.

Di qui il giudizio positivo: “Credo che da questo punto di vista la parte del PNRR destinata alla ricerca e all’innovazione sia stata disegnata correttamente, perché ha lavorato da una parte sulle sfide tecnologiche del futuro e dall’altra sugli ecosistemi per l’innovazione che lavoreranno molto sul territorio”.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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