Recovery Plan, la prima bozza del Governo Draghi: ecco che cosa cambia (e che cosa non) nella Missione dedicata al Digitale

Il nuovo Governo lavora a tappe forzate sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che deve essere presentato alla Commissione europea entro il 30 aprile. La nuova bozza presenta qualche segnale di discontinuità, con la stesura del documento direttamente in lingua inglese e un riferimento esplicito a target e milestone, ma anche tanti elementi di continuità. Abbiamo analizzato la prima missione, “digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, con particolare attenzione alle misure per le imprese e al piano Transizione 4.0. Ecco cosa cambia e cosa è rimasto invariato dalla versione precedente.

Pubblicato il 12 Mar 2021

Recovery Plan

Prosegue a ritmi serrati il percorso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il programma di investimenti che il Governo italiano dovrà presentare alla Commissione europea per accedere ai fondi messi a disposizione dal Next Generation Eu, lo strumento per rispondere alla crisi generata dalla pandemia.

I tempi, infatti, stringono (il termine di presentazione è il 30 aprile 2021) e il Governo Draghi sta lavorando per finalizzare il programma da presentare per poter accedere ai fondi destinati al nostro Paese che, come ha spiegato il ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, ammontano a circa 191,5 miliardi di euro, di cui il 37% andrà a finanziare progetti a sostegno della transizione verde e il 20% i progetti a sostegno della trasformazione digitale (20% delle risorse).

Dopo le numerose critiche alla bozza presentata da secondo Governo Conte (con la questione dei finanziamenti agli interventi già avviati che ha portato alla rottura con Italia Viva e alla caduta del Governo) non sono mancate le critiche anche ad alcune scelte fatte dal nuovo Esecutivo, come la decisione affidare una consulenza sul Piano alla società americana McKinsey, con un contratto di 25.000 euro.

Critiche a cui il ministro Franco ha risposto assicurando che la governance del Piano rimarrà a capo del Ministero e delle Amministrazioni competenti e assicurando che le informazioni relative al contratto verranno rese pubbliche nel rispetto della normativa per la trasparenza, esattamente come avviene per gli altri contratti di questo tipo.

Lo stesso ministro, in un’audizone davanti alle Commissioni V, VI e XIV del Senato e della Camera dei deputati, ha ribadito l’importanza di finalizzare la bozza del Piano per poter accedere sin da subito a una parte delle risorse, cioè ai “prefinanziamenti per un importo pari a circa il 13 per cento del valore complessivo del Piano”, che per il nostro Paese si traducono in 25 miliardi di euro.

In quell’occasione il Ministro ha anche confermato la volontà del Governo di proseguire i lavori sulla bozza dello schema elaborato dal precedente esecutivo e che vedeva l’articolazione del piano di investimenti in sei missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione e salute. “Tutte priorità per il Paese”, ha confermato il Ministro Franco.

Ciascuna missione è divisa in componenti (complessivamente 16) che sono a loro volta suddivise in progetti. Infine, ogni progetto è caratterizzato da una serie di interventi (o investimenti).

Il nuovo Recovery Plan è strutturato in maniera schematica e chiara: per ciascuna componente sono illustrati: descrizione della componente, sfide e obiettivi, riforme e investimenti previsti, dimensione green e digital (che devono rappresentare complessivamente il 20% e il 37% delle risorse); milestone, target e timeline; finanziamenti e costi.

Un’altra differenza con l’ultima bozza del Governo Conte (e la più evidente) è la scelta del Governo Draghi di lavorare direttamente in lingua inglese, forse anche in virtù dei tempi strettissimi, e il richiamo alle raccomandazioni specifiche date dalla Commissione europea al nostro Paese per il periodo 2019-2020.

La missione su Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura

Nella lettura della Missione 1 dedicata a “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” analizzando la tabella degli stanziamenti si nota che maggiori risorse sono state stanziate per la digitalizzazione e l’innovazione della Pubblica Amministrazione (11,75 miliardi, a fronte degli 11,45 stanziati dal Governo Conte), leggermente ridotte quelle per la componente “digitalizzazione, innovazione, competitività dei sistemi produttivi”, mentre sono rimaste invariate quelle per il turismo e la cultura (che ammontano a 8 miliardi). Per l’intera Missione 1 lo stanziamento totale ammonta 46,3 miliardi di euro, in lieve aumento rispetto ai 46,18 miliardi stimati nella versione precedente.

Il documento chiarisce esplicitamente le relazioni tra gli interventi programmati e le raccomandazioni della Commissione europea per il nostro Paese, ossia le indicazioni date dalla Commissione, ogni anno, sugli interventi da adottare per promuovere crescita, investimenti e lavoro, mantenendo finanze pubbliche sane. Nello specifico, il documento presentato tiene in considerazione:

  • raccomandazione 3 del 2019, dove si indicava all’Italia di concentrare la politica economica legata agli investimenti su ricerca e innovazione, e sulla qualità delle infrastrutture, considerando le disparità regionali, migliorare l’efficacia della pubblica amministrazione, anche investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali. La Commissione, inoltre suggeriva di affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e nei servizi alle imprese, anche attraverso una nuova legge annuale sulla concorrenza
  • raccomandazione 2 del 2020, che suggeriva interventi volti a rafforzare il mercato del lavoro e le politiche sociali, come fornire un’adeguata sostituzione del reddito e l’accesso alla protezione sociale, in particolare per i lavoratori atipici, mitigare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche attraverso accordi di lavoro flessibili e sostegno attivo all’occupazione. Infine, rafforzare l’apprendimento e le competenze a distanza, comprese quelle digitali
  • raccomandazione 3 del 2020, in tema di investimenti e liquidità. In questo ambito, la Commissione ha suggerito di promuovere interventi volti a garantire l’effettiva attuazione di misure per fornire liquidità al all’economia reale, comprese le piccole e medie imprese, le imprese innovative e i i lavoratori autonomi, ed evitare i ritardi di pagamento, anticipare i progetti di investimento pubblico maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica. Inoltre, concentrare investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare sulla produzione e l’uso puliti ed efficienti produzione e l’uso efficiente dell’energia, la ricerca e l’innovazione, il trasporto pubblico sostenibile, la gestione dei rifiuti e dell’acqua e il rafforzamento delle infrastrutture digitali per garantire la fornitura di servizi essenziali

Interventi e risorse per il sistema produttivo

Passando al dettaglio della seconda componente, quella dedicata a digitalizzazione, innovazione e competitività dei sistemi produttivi (M1C2), di cui fa parte anche il piano Transizione 4.0 , gli interventi previsti sono cinque:

  • Transizione 4.0, che richiede “sforzi massicci e strutturati al fine di superare barriere e ritardi persistenti”, volti a sostenere la transizione digitale del sistema produttivo con incentivi agli investimenti privati in beni strumentali tecnologicamente avanzati (materiali e immateriali) e in Ricerca, Sviluppo e Innovazione
  • Innovazione e tecnologia dei microprocessori
  • Digitalizzazione delle PMI e Fondo di Garanzia, per rafforzare la capacità di innovare delle PMI, favorendone anche il processo di integrazione nelle catene globali del valore e facilitandone l’accesso ai fondi per gli investimenti. Inoltre, obiettivo del Piano è anche cercare di superare l’elevata frammentazione del sistema imprenditoriale italiano, che costituisce un ulteriore freno alla crescita. Per questi interventi è previsto uno stanziamento di 800 milioni di euro dal fondo REACT-EU
  • Banda ultra larga, 5G e connessioni satellitari, con l’obiettivo di completare la rete nazionale di telecomunicazioni in fibra ottica e 5G su tutto il territorio nazionale e presso gli enti pubblici prioritari (scuole, strutture sanitarie, musei, siti archeologici, parchi nazionali, vie di comunicazione extra-urbane), per ridurre il divario digitale. In questa sezione rientrano anche investimenti volti a sviluppare tecnologie satellitari volte a rafforzare i sistemi di osservazione della Terra per il monitoraggio dei territori e dello spazio extra-atmosferico.
  • Politiche industriali per Supply Chain e internazionalizzazione come strumento di ripresa e resilienza del sistema produttivo, dato il tradizionale orientamento italiano all’esportazione e il ruolo strategico delle imprese esportatrici

Lo stanziamento totale è stato rivisto leggermente al ribasso, passando da 26, 73 miliardi della precedente bozza ai  26, 55 miliardi attuali. A cambiare è solo la voce relativa agli interventi Transizione 4.0, anche se in forma minima: invariati i fondi che andranno a finanziare progetti già avviati (3,10 milioni di euro), mentre i  fondi per i progetti nuovi passano dai 15, 88 milioni di euro a 15,70, per uno stanziamento totale di 18,80 milioni di euro (nella precedente bozza erano 18,98).  precedente bozza.

Transizione 4.0, cosa cambia nell’ultima bozza del PNRR

Confermati gli obiettivi degli interventi previsti da questo progetto, ossia aumentare gli investimenti delle imprese in nuovi beni capitali tecnologicamente avanzati (materiali 4.0 e immateriali) e incentivare la spesa privata in Ricerca, Sviluppo e Innovazione (R&S&I).

In linea con la versione  precedente, che abbiamo discusso in dettaglio in questo articolo, l’intervento conferma quanto sancito nella scorsa legge di bilancio e cioè l’aumento delle aliquote e dei massimali di agevolazione fiscale.

Per i beni strumentali materiali 4.0, sono previsti i seguenti aumenti:

  • per le spese inferiori a 2,5 milioni di euro, l’aliquota è al 50% nel 2021 e al 40% nel 2022
  • per le spese superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro, la aliquota è prevista al 30% nel 2021 e al 20% nel 2022
  • per le spese superiori a 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro, è stato introdotto un tasso del 10% nel 2021 e nel 2022

Per i beni strumentali immateriali:

  • l’aumento dell’aliquota dal 15% al 20%
  • l’aumento del tetto delle spese ammissibili da 700.000 euro a 1 milione di euro
  • il credito d’imposta viene esteso anche ai beni immateriali tradizionali, con il 10% per gli investimenti effettuati nel 2021 e del 6% per gli investimenti effettuati nel 2022

In linea con quanto previsto nella bozza precedente anche la parte relativa al credito d’imposta per gli investimenti in Ricerca, Sviluppo e Innovazione, attività legate a interventi 4.0, green economy e design. Nello specifico, le aliquote e i e massimali di agevolazione fiscale sono:

  • Ricerca, Sviluppo e Innovazione passa, come già anticipato in legge di bilancio, dal 12% al 20% con un aumento dell’ammontare massimo di beneficio spettante da 3 a 4 milioni di euro
  • per investimenti in innovazione tecnologica e in design e ideazione estetica il credito di imposta passerà dal 6% al 10%, con un aumento dell’ammontare massimo del beneficio da 1,5 a 2 milioni di euro
  • per gli investimenti in innovazione digitale e green il credito d’imposta aumenta dal 10% al 15% con un massimale di 2 milioni (precedentemente 1,5 milioni)
  • per investimenti nel design e concezione estetica è previsto un aumento del tasso dal 6% al 10% con un massimale di 2 milioni (precedentemente 1,5 milioni)

Transizione 4.0, i tempi previsti per l’attuazione

Il documento precisa le date entro le quali dovranno essere raggiunte i traguardi, con l’impegno del 100% delle risorse entro il 2024. Per monitorare l’andamento dei lavori sarà istituito un comitato tecnico-scientifico entro il terzo trimestre del 2021.

Entro il 2026, il Piano si prefigge di aumentare il numero di imprese che acquistano beni capitali ad alta tecnologia di 60.000 unità l’anno, che rappresenta un aumento del 20%, mentre il numero di imprese che investono in attività di R&S&I dovrà raggiungere le 25.000 unità l’anno.

La governance per le misure rimane in mano al Ministero dell’Economia e dello Sviluppo Economico. Le misure previste nel piano sono “in gran parte in continuità con il passato, anche se con modifiche che semplificano e ampliano la loro portata”. Come precauzione, la stima tiene conto conto dell’impatto finanziario di misure analoghe negli anni precedenti.

In particolare, per il Piano di Transizione 4.0 il valore è ottenuto stimando il vantaggio fiscale su una quantità potenziale di beni di investimento in beni strumentali coerente con quello della versione precedente, integrato con il fabbisogno di risorse attribuibile al software gestionali (agevolabili a partire dal 2021).

Per il credito d’imposta R&S 2020, sono state prese in considerazione le dichiarazioni dei redditi 2018 relative all’anno fiscale 2017.

Innovazione e tecnologia dei microprocessori

La seconda area di intervento è rivolta alle filiere industriali hi-tech, “la componente più preziosa di di ogni sistema industriale nazionale”, in quanto sono una fonte cruciale di investimenti in R&S, manodopera qualificata e di condivisione e trasferimento di conoscenze tecnologiche che sostengono altri comparti produttivi insieme all’intero territorio.

Filiere importanti anche per le ricadute in altri settori, come l’aerospaziale, i macchinari avanzati, la chimica fine e la microelettronica, di cui beneficia l’intero sistema industriale, in cui l’Italia ha una buona performance, in termini di attori e competenze di eccellenza. Tuttavia, la sua posizione è ancora più debole rispetto ai suoi principali partner commerciali: l’Italia è, infatti, al 15° posto tra i maggiori esportatori mondiali di prodotti hi-tech, con una quota di mercato di circa il 2%, molto inferiore a quella della Germania, che sfiora il 10%.

Gli interventi proposti mirano quindi a incrementare la competitività delle imprese italiane in Europa, sostenendo e concentrando gli sforzi a favore di quei territori a forte specializzazione tecnologica, che ospitano ecosistemi di innovazione basati su partnership di valore tra grandi imprese, sistema delle PMI, università e centri di R&S, con una particolare attenzione agli investimenti nel Sud Italia, che saranno considerati prioritari.

Di fatto, i microprocessori costituiscono la base materiale per lo sviluppo della maggior parte dei settori e delle applicazioni d’avanguardia, come l’intelligenza artificiale, l’automazione, il 5G, il sistema aerospaziale e di difesa, la mobilità elettrica. La microelettronica rappresenta, quindi, un comparto fondamentale per lo sviluppo e la competitività dell’intero sistema industriale.

L’obiettivo degli interventi delineati in questa parte del documento è quello di sostenere la crescita di questa filiera nazionale e lo sviluppo delle ultime frontiere tecnologiche, come quella dei microchip in carburo di silicio (SiC) che avranno un ruolo fondamentale nella prossima rivoluzione della mobilità elettrica.

La misura, che prevede bandi di gara o regime su richiesta, offre un sostegno finanziario agli investimenti in macchinari, impianti e attrezzature di produzione con contributi pari al 40% delle spese ammissibili. Le risorse stanziate ammontano complessivamente a 750 milioni di euro (250 milioni di euro all’anno per un periodo di tre anni) che produrranno poi investimenti diretti complessivi nelle filiere hi-tech per 1,875 milioni di euro, a cui si aggiungono ulteriori investimenti, derivanti da impatti positivi sulle attività satellitari.

La timeline delineata dal documento prevede l’attivazione dello sportello unico entro il secondo trimestre del 2021, la selezione dei progetti e delle startup entro il quarto trimestre del 2023 e la produzione di un rapporto da parte della autorità competente nel secondo e quarto trimestre del 2021 e successivamente annualmente, fino al 2026. L’obiettivo fissato per il 2026 attivare nelle filiere hi-tech investimenti pari a 1,875 milioni di euro.

Per questo intervento la responsabilità è affidata al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Connettività, come si raggiungeranno gli obiettivi della Gigabit Society

La proposta consiste in una serie di misure complementari volte a estendere la copertura della banda ultra larga fino a 1 Gbit/s per sostenere la realizzazione di reti in aree strategiche, in linea con le raccomandazioni europee per il raggiungimento degli obiettivi della gigabit society. Le misure messe in campo dal Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa comprendono:

  • Piano Italia 1 Gbit/s. Per una maggiore diffusione delle nuove reti in fibra sul territorio nazionale, grazie alle risorse del Fondo di Recupero. Prevede il raggiungimento di circa il 30% delle 8,6 milioni di unità abitative ancora interessate dal digital divide rispetto agli obiettivi delineati dalla gigabit society, mentre il restante 70% delle risorse necessarie sarà raccolto da altre fonti di finanziamento
  • Piano Scuola, che ha l’obiettivo di fornire a tutte le strutture scolastiche italiane servizi di connettività a banda larga fino a 1 Gbit/s in download, per supportare le esigenze di connettività per l’erogazione e la fruizione del sistema didattico per studenti e docenti, in particolare per le esigenze che emergeranno all’inizio dell’anno accademico 2020-2021
  • Piano per le strutture sanitarie. L’obiettivo del progetto è quello di interconnettere oltre 12.000 strutture sanitarie con personale e pazienti, per rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario
  • Piano delle fibre per i parchi naturali
  • Piano di fibre per musei e siti archeologici, con l’obiettivo di dotare tutti i musei e i siti archeologici del territorio italiano di una rete wi-fi libera, gratuita e ampiamente distribuita
  • Diffusione del 5G negli impianti sportivi pubblici
  • Diffusione del 5G lungo le linee di comunicazione extra-urbane

Gli obiettivi fissati per il 2026 mirano alla connessione alla rete (con una velocità di almeno 100Mbits/s e fino a 1 Gbit/s) di 2,5 milioni di unità residenziali, 9.000 strutture scolastiche, 12.300 strutture sanitarie,100 parchi naturali, 200 musei e siti archeologici, mille centri sportivi e 300.000 km di strade extra- urbane. La responsabilità dell’implementazione di queste misure è affidata al Mise.

Ancora non delineati (nel documento sono riportati come “working in progress”) gli interventi che ricadono negli ambiti di politiche industriali per la Supply Chain e l’internazionalizzazione e nella valutazione delle componenti green e digitali degli interventi predisposti.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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