Il Piano Transizione 4.0 va rivisto per stimolare gli investimenti in beni immateriali e permettere così alle imprese di cogliere davvero i benefici di Industria 4.0: è questo il messaggio che arriva dal Ministro per le Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, al convegno per la presentazione del rapporto sul mercato digitale di Anitec-Assinform.
Il ministro ha ribadito la necessità di rivedere il piano, sia per recepire le esigenze imposte dal mutato contesto economico, che per indirizzare meglio le strategie di investimento – e quindi di crescita – delle imprese.
Imprese che, come hanno sottolineato anche i dati diffusi dal Mise sull’utilizzo degli strumenti di Transizione 4.0, in questi anni hanno concentrato i loro investimenti in prevalenza sui beni materiali, a scapito degli investimenti in soluzioni software 4.0.
Così facendo, spiega il ministro, le imprese rischiano di non cogliere “i benefici di una rivoluzione industriale che è imperniata, al contrario, sugli aspetti immateriali: la potenza di calcolo e la connettività, il cloud computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione, la capacità di estrarre valore dai dati raccolti, la cybersecurity, sono solo alcuni degli assi portanti del 4.0”.
Il Piano Transizione 4.0 – dice Urso – oggi “non si discosta troppo dall’impostazione del 2017, a distanza di oltre 6 anni necessita di una profonda revisione per recepire le esigenze imposte dal mutato contesto economico”.
Per questo motivo, il Ministro Urso ha annunciato che inizierà, a partire da inizio del 2023, a mettere mano al piano “attraverso un metodo di lavoro inclusivo e di ascolto”.
In una successiva intervista al Corriere della Sera il ministro ha anche spiegato che il piano ha bisogno di essere rifinanziato e che a tale proposito “abbiamo attivato una interlocuzione con la Commissione per utilizzare le risorse del PNRR anche dopo la scadenza del 31 dicembre”. Lo scenario che si apre quindi è duplice: da un lato sfruttare il “residuo” del PNRR verosimilmente per alzare le aliquote già dal 2023 (ma non in legge di bilancio); dall’altro lavorare a una revisione del piano per il biennio successivo.
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Il mercato del digitale cresce nonostante le difficoltà: nel 2022 varrà 76.836 milioni di euro
L’intervento del ministro giunge nell’ambito della presentazione del rapporto “Il Digitale in Italia” realizzato a partire da un’indagine di Anitec-Assinform in collaborazione con NetConsulting cube.
L’indagine ha sottolineato che, nonostante la difficile congiuntura economica, il mercato del digitale italiano chiuderà l’anno in crescita del 2,1% sul 2021, arrivando a toccare un valore di 76.836 milioni di euro, con una crescita del 3% rispetto ai primi sei mesi del 2021.
Ad avere la crescita percentuale più sostenuta sono stati i settori dei Servizi ICT (+7,2%), spinti soprattutto dal mercato Cloud (+25,5%), e dei Contenuti e pubblicità digitale (+7,1%).
L’unica eccezione è rappresentata dai Servizi di rete (-3,9%), in calo da alcuni anni, con il settore dei Dispositivi e Sistemi che non avrà sostanziali variazioni.
Digitale, il 2022 potrebbe segnare un nuovo ciclo per il settore
Dati che potrebbero indicare l’inizio di un nuovo ciclo positivo per tutto il settore, come spiega il presidente di Anitec-Assinform, Marco Gay.
“Ora ci attendono nuove sfide, e l’obiettivo che ci diamo è quello che le nuove tecnologie possano conseguire un doppio risultato: oltre a trainare e spingere in avanti l’economia, avere anche impatti significativamente positivi sull’ambiente. Nonostante le incertezze dovute allo scenario geopolitico, alle dinamiche inflattive e agli effetti del PNRR, è prevedibile che nei prossimi anni la trasformazione digitale in atto proseguirà dando un rinnovato slancio al mercato e portando benefici a persone e famiglie”, commenta.
“Il 2022 può pertanto segnare l’inizio di uno scenario completamente nuovo per il digitale, in cui l’aspetto competitivo e quello normativo e politico convergono all’interno di una nuova visione strategica che mette la trasformazione digitale al centro dell’evoluzione economica del futuro prossimo”, aggiunge.
La crescita riprenderà dal 2023 a ritmi più sostenuti
Per quanto riguarda invece le previsioni per i prossimi anni, nel 2023 si stima un aumento del mercato digitale italiano migliorativo rispetto al 2022, con una crescita pari al 3% e un ammontare complessivo di 79.138 milioni di euro.
Per i successivi anni si ipotizza invece un aumento più sostenuto: +4,8% nel 2024 (82.909 milioni di euro) e +5,3% nel 2025, con un mercato che nel 2025 potrebbe superare gli 87 miliardi di euro.
Nel periodo 2023-2025 tutti i comparti sono previsti in crescita, ad eccezione ancora una volta di quello dei Servizi di rete. Inoltre, tra il 2022 e il 2025, i Digital Enabler è prevedibile che continuino ad essere un elemento di traino straordinario per lo sviluppo del mercato digitale italiano, grazie alle tante iniziative di trasformazione digitale che continueranno a nascere nelle aziende.
La crescita del mercato continuerà ad essere trainata dai Digital Enabler
Tra il 2022 e il 2025, i Digital Enabler continueranno ad essere un elemento di traino straordinario per lo sviluppo del mercato digitale italiano, complici le tante iniziative di trasformazione digitale che, nonostante il periodo di incertezza, continueranno a nascere nelle aziende.
Nel dettaglio, il rapporto identifica tre cluster di tecnologie. Nel primo si collocano soluzioni e piattaforme che hanno raggiunto valori di mercato rilevanti e che hanno ancora buone prospettive di crescita.
È il caso del Cloud Computing, che dovrebbe superare quota 10 miliardi di euro nel 2025 grazie ad una crescita media annua nel periodo 2022-2025 del 24,5%.
Nel secondo cluster si collocano Cybersecurity (1,6 miliardi di euro, +14%) e Big Data (1,6 miliardi di euro, +12,7%): la prima prosegue la sua crescita costante sulla spinta dell’esigenza di proteggere i dati e le applicazioni dalle incessanti minacce; il mercato dei Big Data continua invece ad essere sostenuto dall’esigenza di gestione e valorizzazione dei dati.
Nel terzo cluster ricadono infine soluzioni e tecnologie di nicchia (come piattaforme per la gestione web e tecnologie wereable), o perché caratterizzate da un utilizzo molto specificoo perché i loro casi d’uso non hanno ancora trovato piena concretizzazione, come nel caso di AI – che entro il 2025 dovrebbe raggiungere un valore di 442 milioni di eruo – e la Blockchain che arriverà a toccare un valore di 43 milioni di euro, in crescita del 26,5%.
Il focus sulla sicurezza informatica
La seconda parte del Rapporto sul “Digitale in Italia” è dedicato al tema della cybersecurity. Il documento mette in evidenza come gli attacchi informatici siano continuati a crescere numericamente, a livello globale, nel corso del 2022, rappresentando una seria minaccia per la trasformazione digitale in corso.
Da una parte, sono proprio una diretta conseguenza della crescente digitalizzazione e della diffusione dello smart working; dall’altra, l’aumento è imputabile anche all’esplosione del conflitto russo-ucraino.
Aziende e Pubbliche amministrazioni sono pertanto particolarmente esposte e la sicurezza informatica è divenuta centrale nelle loro strategie. Il trend del mercato Cybersecurity risulta in forte espansione (+13,5% nel 2022, con una previsione di crescita media nel periodo 2021-2025 del 14%), mentre un ruolo importante per la difesa e la gestione degli attacchi lo avrà anche la normativa e la Strategia di cybersicurezza nazionale.
“La sfida dei prossimi mesi, anche per il nuovo Governo sarà governare accelerazione tecnologica, sostenibilità e aggiornamento delle competenze al fine di gestire e ottimizzare le opportunità offerte dal PNRR. Mai come in questo momento di preoccupazione sui segnali recessivi dell’economia e di incertezza per il perdurare del conflitto in Ucraina, i governi possono influenzare il futuro competitivo e la crescita delle economie nazionali”, comment Gay.
“Per favorire tali obiettivi serve che mantengano sostenuti gli investimenti in tecnologie digitali e rendano il lavoro più efficiente grazie alla formazione di competenze ICT e digitali avanzate. E serve che continuino a promuovere la ricerca e sviluppo e l’avvio di attività imprenditoriali innovative e ad elevata intensità tecnologica”, conclude.