Il 47% delle PMI ha ancora un approccio passivo verso la digitalizzazione e il 7% la rifiuta

La ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI sullo stato della digitalizzazione delle piccole e medie imprese del nostro Paese restituisce la fotografia di un sistema di PMI che si muove a due velocità: da un lato, vi è un 53% di piccole e medie imprese che investe nel digitale e che riesce a coglierne i benefici. Dall’altro, persiste un 47% di PMI che si approccia al digitale in modo passivo, tra cui un 7% che lo rifiuta totalmente.

Pubblicato il 06 Apr 2022

PMI

Il 47% delle PMI italiane ha ancora un approccio “troppo timido” e passivo rispetto alla trasformazione digitale, con un 7% di “irriducibili” che rifiuta in modo netto qualunque forma di cambiamento aziendale legato all’introduzione di nuove tecnologie abilitanti: è quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano.

La ricerca – presentata nel corso del convegno di apertura della 16°edizione della Fiera A&T, in programma dal 6 all’8 aprile all’Oval Lingotto di Torino – restituisce la fotografia di un’Italia delle PMI a due velocità.

PMI ancora troppo passive nei confronti della digitalizzazione

Su un campione analizzato di 1038 realtà rappresentative, infatti, c’è un 53% di piccole e medie imprese che considera la transizione digitale un vantaggio competitivo da perseguire con convinzione, di contro un 47% che si mostra timido, quasi costretto a innovare, perché conviene.

Tra questi poi ci sono “gli irriducibili analogici” che rifiutano in modo netto qualunque forma di cambiamento aziendale legato all’introduzione di nuove tecnologie abilitanti (7%).

Le differenze sostanziali tra una piccola e media impresa a trazione digitale e una ancora troppo timida rispetto alla velocità dei mercati odierni, incidono sia su una maggiore propensione all’internazionalizzazione, sia su effetti positivi rispetto ai risultati economici.

La fotografia mostra quindi una realtà industriale italiana che, sotto il profilo della conoscenza e dell’attuazione di strategie legate alla trasformazione tecnologica, dei processi e degli asset intangibili – oggi core business tanto quanto la vendita di impianti, prodotti e servizi –, risulta ancora molto indietro rispetto al resto d’Europa.

Già lo scorso anno la ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI aveva mostrato che, nonostante i passi in avanti compiuti in risposta alla pandemia, soltanto il 14% delle PMI italiane si avvicinava al digitale con un approccio strategico, un 57% adottava un approccio tattico – vale a dire che investiva nel digitale per raggiungere determinati scopi –, mentre un 29% dimostrava un approccio reattivo, ovvero investiva nel digitale soltanto come stimolo a fattori esterni (quali la pandemia).

Per questo, la Fiera A&T ha scelto, nell’anno della ripartenza e con le opportunità straordinarie previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, di mettere al centro della propria proposta fieristica le più importanti filiere industriali del Paese, ecosistemi territoriali capaci di guidare le imprese, a compiere gli step necessari per crescere e svilupparsi in modo globale.

La manifestazione nei tre giorni ha proprio come obiettivo quello di mettere nelle migliori condizioni imprenditori, manager e giovani rappresentanti dell’industria, di capire cosa e come innovare le proprie aziende, con quali strumenti e competenze.

Attraverso l’esposizione delle tecnologie di ultima generazione, i convegni, gli eventi, i workshop specialistici, sarà possibile compiere il passo che dall’ideale conduce al fattibile, perché la maturità digitale si raggiunge non solo implementando processi e produzioni, ma anche cambiando la vision aziendale, dando ciò una rilevanza strategica agli asset intangibili, ovvero alla dematerializzazione documentale, al cloud, alla cyber security, ai processi di vendita, al data analytics.

Cybersecurity e cloud: c’è ancora tanto da fare

Proprio questi cinque step sono stati fonte di analisi da parte dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Quello che emerge è una accelerazione da parte delle PMI, anche a causa degli effetti provocati dalla pandemia, nella digitalizzazione dei processi di vendita B2B e B2C, considerati un “salvagente” per garantire la continuità aziendale.

Accelerano anche gli investimenti nel data analytics, con circa 9 PMI su 10 che hanno scelto soluzioni innovative finalizzate all’analisi dei dati aziendali.

Approccio analitico che però rimane ancorato a modelli troppo semplici che non consentono operazioni di aggregazione qualitativa.

Gli anelli deboli del processo trasformativo rimangono la cybersecurity, dove manca la reale percezione della sicurezza come leva gestionale, testimoniata anche dal fatto che meno di 1 PMI su 4 ha all’interno del proprio organico figure specializzate.

L’adozione del cloud, con particolare riferimento all’accesso ai dati aziendali da remoto, resta limitata per il 71% delle PMI del nostro Paese e in molti casi inesistente, mentre anche per quanto riguarda l’archiviazione e gestione documentale, molte piccole e medie imprese continuano a perseguire modelli di archiviazione cartacea.

Coloro che invece si avvalgono in questo ambito di nuove tecnologie, nella maggior parte dei casi si affidano a formati elettronici non integrabili all’interno di un’unica piattaforma. In sostanza tante porte, tante chiavi: un vero problema per chi si trova nella condizione di dover accedere.

I presupposti per la digitalizzazione del sistema Paese

Da Torino, dalla Fiera A&T, partono messaggi molto chiari per gli imprenditori, che devono avere più coraggio e considerare l’innovazione tecnologica non una strategia, ma una lungimirante visione aziendale.

Ma molto c’è da fare anche a livello di Sistema Paese, che deve garantire rete infrastrutturale adeguata e pervasiva su tutto il territorio nazionale, una PA agile e digitale, che abiliti ecosistemi innovativi, un sistema del credito efficiente e funzionale alle esigenze delle imprese.

Il momento è quello giusto a patto che si riescano a cogliere le opportunità, come le risorse straordinarie previste dal PNRR, che devono essere distribuite non a pioggia, ma secondo una logica di filiera.

La digitalizzazione del sistema delle piccole e medie imprese italiane, inoltre, deve avvenire attraverso progetti che coinvolgano trasversalmente diverse tipologie di attori dell’ecosistema industriale.

Si deve investire in modo convinto sulla formazione di specialisti, ma anche di figure manageriali capaci di gestire e guidare la nuova rotta digitale delle imprese italiane.

“La ricerca presentata questa mattina mostra in modo inequivocabile quanto ancora esistano freni culturali verso un modello di piccola e media impresa totalmente digitalizzata, come processo e come visione di sviluppo”, commenta Luciano Malgaroli, CEO della Fiera A&T.

“Servono politiche e investimenti industriali concreti e lungimiranti, che coinvolgano interi ecosistemi, ovvero le nostre più importanti filiere conosciute in tutto il mondo per l’eccellenza dei loro prodotti, frutto non solo di creatività ma per capacità produttiva, flessibilità distributiva, qualità della produzione, affidabilità della fornitura grazie all’uso di strumenti e tecnologie innovative, Intelligenza Artificiale e manutenzione predittiva di macchine e impianti”, aggiunge.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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