Il Digitale assorbe la crisi: il mercato crescerà del 7,1% all’anno nel periodo 2021-2024

Una crescita media annua del 7,1% se si utilizzeranno appieno le risorse messe a disposizione dal PNRR e se si attueranno le riforme programmate: sono queste le previsioni contenute nel rapporto di Anitec-Assinform sul mercato digitale. Secondo il presidente di Confindustria Bonomi l’Italia si trova a vivere un “momento magico” di cui occorre approfittare per superare, grazie al Digitale, le disuguaglianze che la pandemia ha accentuato

Pubblicato il 07 Lug 2021

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La pandemia ha reso inevitabile il ricorso al Digitale, rendendo il mercato in grado di assorbire gli impatti della crisi meglio rispetto a quanto fatto dall’economia in generale, chiudendo il 2020 con una flessione dello 0,6%. E il futuro è roseo: nel 2021-2024 il mercato digitale crescerà in media del 7,1% annuo.

È quanto emerge dal rapporto annuale “Il Digitale in Italia 2021” Vol. 1, realizzato da Anitec-Assinform in collaborazione con NetConsulting cube.

Il rapporto, giunto alla cinquantaduesima edizione, evidenzia il contributo cruciale delle tecnologie digitali nel garantire la continuità delle attività produttive, mentre l’accelerazione alla digitalizzazione delle imprese (anche in seguito all’adozione massiva dello smart working), ha permesso all’Italia di recuperare anni di arretratezza nell’adozione del digitale rispetto agli altri Paesi europei.

Tuttavia, molto resta da fare affinché si possa trasformare questa risposta all’emergenza in un approccio strutturato alla digitalizzazione, che deve essere rivolta al superamento delle disuguaglianze esistenti (anch’esse accelerate dalla pandemia), alla costruzione di un’adeguata cultura di impresa, un diverso approccio alla formazione e all’efficientamento del sistema Paese.

I dati del mercato digitale

L’andamento del mercato digitale nel 2020 è stato migliore rispetto a quello dell’economia nel suo complesso: anche nel 2020, infatti, si è verificata una crescita nell’incidenza del mercato digitale sul PIL, che nel triennio 2017-2020 è passata dal 4,0% al 4,3%.

Il digitale ha avuto un ruolo cruciale nel rispondere alle sfide sollevate dalla pandemia, come dimostrano i diversi indicatori analizzati nel rapporto, a partire dalla spesa in beni e servizi digitali che, nonostante l’anno particolarmente difficile, ha registrato un calo lieve: -0,6% (per un valore complessivo di 71,5 miliardi di euro), a fronte di una flessione del PIL dell’8,9%.

A conferma dell’aumento della digitalizzazione tra le imprese, anche medie e piccole, il numero di lavoratori da remoto è passato da 570.000 nel 2019 a oltre 6 milioni durante il primo lockdown di marzo 2020 (registrando un aumento del +1.000%).

Un aumento che ha riguardato vari settori dell’economia, ma anche della società: nel 2020, infatti, oltre 1 milione di persone si sono connesse a Internet per la prima volta, mentre gli utenti complessivi sono cresciuti del 2,2%, arrivando a toccare i 50 milioni.

Si sono registrati aumenti significativi per l’e-commerce, con 2 milioni di nuovi utenti nel 2020, per i pagamenti digitali (+29%), per l’Internet banking (+28%) e un aumento del 28% nelle vendite dei notebook.

Anche sul fronte della Pubblica Amministrazione i dati confermano un forte incremento dell’utilizzo dei servizi digitali, sia per l’accesso a certificati e per le domande di contributi a fondo perduto (sostegni), che per l’accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico.

In particolare:

  • I certificati SPID hanno superato i 20 milioni ad aprile 2021, quasi 14 milioni in più rispetto ad aprile 2020;
  • a marzo 2021 erano 19 milioni i cittadini in possesso di carta d’identità elettronica (CIE) mentre nel 2020 sono stati oltre 5,5 milioni gli accessi registrati ai servizi online tramite CIE, a cui si aggiungono altri 1,8 milioni rilevati a gennaio 2021;
  • i pagamenti attraverso la piattaforma PagoPA hanno registrato una crescita del +93% a maggio 2021 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Sul fronte dei comparti tecnologici, la diminuzione più rilevante ha riguardato le componenti più tradizionali del mercato, come i servizi di rete (-6,4%) e la componente software (-2,3%). In controtendenza la spesa in dispositivi e sistemi, che ha registrato una crescita del +1,3%, trainata dall’adozione massiva dello smart working.

Più significativi gli aumenti per il mercato dei contenuti e la pubblicità digitale (+3,6) e soprattutto dei servizi ICT: +3,3%, da attribuire alla necessità di garantire il funzionamento di sistemi e applicazioni, oltre che di implementare soluzioni digitali in grado di soddisfare le mutate esigenze del consumatore finale.

Si conferma, inoltre, la dinamica a due velocità già osservata negli scorsi anni: da una parte la componente più tradizionale del mercato, con una crescita annuale stabile tra il 2 e il 3%, dall’altra la componente dei Digital Enablers, che ha registrato una crescita del 7,1% nel 2020, trainata da Cloud e Cybersecurity, e in ulteriore accelerazione fino a livelli tra l’11,7 e il 12,5% negli anni successivi.

“Dai dati contenuti nel Rapporto è evidente come, seppur con effetti e intensità diverse, in ogni settore l’industria digitale è stata ‘infrastruttura servente’. L’industria ICT del nostro Paese ha giocato un ruolo chiave nel rendere possibile a PA, persone, imprese di non fermarsi ed ha potuto farlo grazie al suo dinamismo, alla sua estrema flessibilità e alla sua diffusa presenza lungo tutta la penisola e in ogni filiera produttiva”, commenta Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform.

Nel 2021-2024 il mercato digitale potrebbe crescere del 7,1% annuo

Una dinamica che, secondo il rapporto, continuerà anche nel periodo 2021-2024, anche se la crescita sarà fortemente influenzata dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ha destinato circa 50 miliardi di euro alla digitalizzazione.

Per questo motivo, sono stati elaborati quattro scenari di andamento del mercato digitale nel prossimo triennio (2021-2024). Il primo scenario prende in considerazione la crescita organica del mercato, vale a dire senza tenere in considerazione gli impatti derivanti dal PNRR. In questo scenario, si prevede che nel 2024 il mercato raggiungerà un valore di 83,1 miliardi di euro (dai 74 del 2021).

Con l’utilizzo del 100% delle risorse messe a disposizione dal PNRR, invece, si prevede che nel 2024 il mercato raggiungerà un valore di 92,4 miliardi di euro, che scenderebbe a 90,9 miliardi nel caso che si riuscissero a utilizzare solamente il 70% delle risorse a disposizione (terzo scenario) e a 88,7 miliardi se si riuscissero a utilizzare solamente il 50% delle risorse che il PNRR dedica al digitale (quarto scenario).

Se si utilizzasse già nel corso del 2021 tutta l’allocazione dei fondi previsti per gli investimenti in digitale dal PNRR, dunque, il mercato potrebbe aumentare di 3,6 miliardi, raggiungendo un volume di 77,6 miliardi di euro, contro i 74 miliardi previsti in base alla sola crescita fisiologica.

Questo porterebbe il mercato digitale nel 2021 a una crescita dell’8,5% rispetto a una del 3,5% stimata senza il contributo dei fondi del PNRR. Nel periodo complessivamente analizzato, il pieno utilizzo delle risorse e l’attuazione delle riforme previste nel PNRR porterebbero a una crescita media annua del mercato del 7,1%.

I settori che potranno avere maggiori impatti dall’impiego dei fondi previsti dal PNRR per il digitale sono Pubblica Amministrazione, Sanità, Industria, Telecomunicazioni, Travel & Transportation ed Energy & Utilities.

A fronte di queste grandi occasioni, andranno affrontate sfide altrettanto importanti. Il 2020 ha infatti accelerato anche il divario esistente nell’adozione delle tecnologie digitali tra le aziende di medie e piccole dimensioni e le grandi organizzazioni.

Mentre la spesa in digitale sostenuta dalle grandi aziende (con oltre 250 addetti) ha registrato una crescita del +1,2%, equivalente a 24.998,8 milioni di euro, il trend per le PMI è opposto.

Le medie imprese (50-249 addetti) hanno infatti registrato un calo del 2,4%, (7.666 milioni di euro), mentre nelle piccole imprese (1-49 addetti) la diminuzione è ancora più marcata: -5% (8.847,4 milioni di euro).

Bonomi: “Usare il Digitale per ridurre i gap che frenano la crescita”

“Sfide che il settore dell’ICT dovrà aiutare il Paese ad affrontare”, sottolinea Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, che sottolinea l’urgenza del momento e le grandi possibilità che possono venire dal PNRR.

Nonostante le grandi difficoltà innestate dalla crisi generata dalla pandemia, infatti, secondo Bonomi il nostro Paese si trova a vivere (grazie anche alle risorse messe a disposizione dal Next Generation Eu) un “momento magico”.

Sarà necessario, sottolinea Bonomi, utilizzare queste risorse per superare le quattro grandi disuguaglianze che da tempo frenano la crescita del Paese: disuguaglianze di genere, generazionali – in Italia un giovane su quattro appartiene ai Neet, ovvero ai giovani che non sono impiegati, non cercano lavoro e non sono impegnati in un percorso di formazione – il gap territoriale tra Nord e Sud del Paese e quello di competenze (il mismatch di competenze tra domanda ed offerta in Italia ha raggiunto i livelli più alti dell’utimo decennio).

“Se falliamo in questi obiettivi, falliremo nel fornire una risposta adeguata ai nostri cittadini”, sottolinea Bonomi.

Vanno quindi sciolti i diversi nodi, gli inibitori della crescita del sistema Paese, anche e soprattutto grazie alle riforme tanto attese che sono pianificate nel PNRR, come riforma della Pubblica Amministrazione, della giustizia, del fisco e delle politiche attive del lavoro.

Ma non solo: sarà cruciale, sottolinea Bonomi, impostare la ripresa partendo da una nuova collaborazione tra il pubblico e il privato, con il pubblico che deve essere in grado di sostenere e attirare gli investimenti dei privati.

Un approccio strutturato e sistemico alla trasformazione digitale

I passi in avanti fatti con Gaia X (il progetto con cui si punta a costruire un’infrastruttura europea di cloud e di dati per sostenere e favorire la crescita del mercato digitale europeo), con l’affidamento a Confindustria della gestione dell’hub regionale italiano rappresentano passi in avanti verso la creazione di queste nuove partnership, sottolinea Bonomi.

E proprio il progetto europeo rappresenterà un tassello fondamentale per la crescita del mercato, nell’ottica di trasparenza, sovranità e soprattutto attraverso un approccio strutturato all’utilizzo delle nuove tecnologie. Tutti fattori di cui c’è un estremo bisogno, data l’importanza che queste tecnologie rivestono ora nelle vite dei cittadini, sia per creare il giusto approccio imprenditoriale che permetta di trarre valore aggiunto dalla grande quantità di dati a cui le aziende europee hanno ora accesso, come sottolinea Francesco Bonfiglio, Ceo di Gaia X. 

“Con Gaia X stiamo creando qualcosa di diverso e vedo una convergenza di interessi, finanziamenti e comunione di intenti mai vista prima d’ora. Attraverso l’hub italiano e in unione con tutti gli altri hub regionali stiamo costruendo una catena del valore che non ha precedenti”, commenta.

Un’unità necessaria ai singoli Stati, per affrontare le sfide delle rivoluzioni digitali e green, ma anche all’Unione Europea nel suo insieme, dove la crescita e la sovranità del mercato digitale restano ancora frenate dalle differenze che si registrano a livello dei singoli Stati membri.

La bussola che ci guiderà verso la digitalizzazione: combinare un approccio sistemico e sviluppo dal basso

Alla digitalizzazione dei servizi pubblici e alla creazione di infrastrutture digitali sicure e sostenibili si dovrà unire un approccio “dal basso”, con il coinvolgimento delle imprese (in favore di un diverso approccio agli investimenti del digitale e nell’utilizzo delle tecnologie) e di tutto il sistema Paese nella creazione delle giuste competenze  per affrontare le sfide future.

In questi processi di trasformazione, il settore della finanza e del banking può e deve avere un ruolo di supporto alle imprese, sottolinea Regina Corradini D’Arienzo, Head of Corporate Banking Division presso BNL Gruppo BNP Paribas.

“Persistono differenze enormi tra grandi imprese e PMI, differenze a cui noi esponenti del mondo bancario dobbiamo prestare attenzione cambiando, ad esempio, le logiche con cui analizziamo le aziende. Dobbiamo porci come loro partner  e aiutarle negli investimenti, altrimenti queste aziende tra qualche anno non saranno più competitive”, commenta.

Cambiamenti che possono essere affrontati soltanto con la giusta consapevolezza su temi cruciali, come quello della cyber security, “tema su cui dobbiamo fare ancora molto prima di tutto in termini di consapevolezza e in secondo luogo in termini di risposte ed azioni adeguate”, aggiunge Corradini D’Arienzo.

Preparazione è la parola chiave anche secondo Giovanni Lo Storto, Direttore Generale della Luiss Guido Carli di Roma. Preparazione che vuol dire creare la giusta cultura di impresa, capire gli investimenti chiave e stimolarli – in Italia, ad esempio, gli investimenti in venture capital sono nettamente inferiori rispetto ai numeri registrati in Francia e Germania – ma anche puntando sulla formazione dei giovani.

Un cambiamento che richiede un cambio di passo da parte di tutti gli attori sociali: dai politici, che devono essere in grado di puntare sulle riforme giuste e avere il coraggio di scartare le proposte inadeguate, agli stessi genitori che devono comprendere la validità dei percorsi di formazione “non tradizionali” (come nel caso degli ITS), agli istituti che devono comprendere il ruolo chiave e abilitatore di quelle competenze imprescindibili per gestire le trasformazioni attuali e future del mondo del lavoro.

“Oggigiorno possedere competenze base di programmazione è importante quanto saper leggere e scrivere. Dobbiamo anche formare i nostri ragazzi nell’ottica di collaborazione e non più incentrare il sistema educativo sulla competitività tra studenti, per poi ritrovarci a dover costruire in azienda competenze di team building”, commenta.

Un cambiamento su cui insiste anche Federico Visentin, Presidente di Federmeccanica, che sottolinea l’importanza per le imprese di comprendere che la digitalizzazione non riguarda solamente i processi, ma che non può prescindere dalla capacità di creare nuovi modelli di business proprio grazie alle tecnologie. “Se non saremo in grado di fare questo rimarremo sempre indietro rispetto agli altri Paesi europei”, sottolinea.

Il cambiamento delle competenze richieste alla forza lavoro non deve riguardare, pertanto, soltanto gli operatori, ma deve interessare anche la classe dirigente.

“Dobbiamo, soprattutto, passare dalle parole ai fatti”, conclude Visentin. Ed è questo elemento di urgenza uno dei fili conduttori dell’evento che ha accompagnato la presentazione del rapporto di Anitec-Assinform e che si ritrova nelle parole di tutti i partecipanti, quasi come un monito: gli ingredienti per favorire la crescita e lasciare alle generazioni future un Paese più resiliente, verde e digitale ci sono tutti, adesso è il momento di agire.

Il documento

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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