La collaborazione fa la forza e apre la strada verso una robotica a portata di PMI

Nel mondo della robotica continuano a conquistare nuove fette di mercato i cobot, possibile grimaldello per un cambiamento culturale che apra la strada verso una ‘democratizzazione’ della robotica. A discuterne, nella nuova puntata di Italia 4.0, il professor Paolo Rocco del Politecnico di Milano, Gualtiero Seva di Fanuc Italia, Stefano Cattorini del Competence Center Bi-Rex di Bologna, ed Ettore Vichi di Biesse Group.

Pubblicato il 18 Nov 2020

cobot

Un viaggio nel mondo della robotica, dalle macchine industriali per arrivare all’ultima generazione dei robot collaborativi, i cobot, attraverso le testimonianze di chi opera nel comparto. Il tutto “condito” con una visita sul campo, all’interno dello show room dello stabilimento Fanuc di Lainate, nel milanese. È questo il focus dell’ultima puntata di Italia 40, la trasmissione di Class CNBC in onda questa sera sul canale 507 di Sky (e in streaming sul canale video di Milano Finanza).

A raccontare questo percorso, assieme al direttore di Class CNBC, Andrea Cabrini, ci saranno Gualtiero Seva, account manager divisione robotica di Fanuc Italia, Paolo Rocco, docente di controlli automatici e robotica al Politecnico di Milano, Stefano Cattorini, generale manager del Competence Center Bi-Rex di Bologna, Ettore Vichi, Sales Director Sanding & System di Biesse Group, mentre dall’interno della sede di Fanuc di Lainate, intervistato da Simone Cerroni, ci sarà Marcello Madella, application engineer della divisione robotica di Fanuc Italia.

I numeri della robotica

Si parte dai numeri della robotica industriale, che vedono il nostro paese al sesto posto a livello mondiale e al secondo in Europa, dopo la Germania, per numero di robot installati con una densità di 212 robot ogni 10 mila abitanti.

Un mercato che a livello globale, dopo molti anni di crescita a doppia cifra, nel 2019 ha rallentato, registrando un -12%. Ma che vede invece l’Italia in controtendenza, con una crescita del 13% nel 2019 rispetto al 2018.

Il comparto vede prevalere tra i fruitori l’automotive, che assorbe il 34% della produzione, seguito dall’elettronica con il 25% e dalla lavorazione dei metalli che mantiene una quota del 10%.

Per quello che riguarda le applicazioni dei robot industriali, invece, resta dominante la manipolazione, con il 73,3%, mentre si attestano a quote più basse la saldatura (12%) e l’assemblaggio (8%).

“Nel 2019 abbiamo visto una lieve frenata nelle vendite rispetto agli anni precedenti”, spiega il professor Rocco. “Parliamo di 370 mila unità vendute contro le 420 mila dell’anno precedente, dopo anni di crescita a doppia cifra. Il parco macchine installato nel mondo, comunque, è cresciuto sensibilmente e si attesta a quota 2,7 milioni di unità. Il mercato italiano è andato in controtendenza crescendo del 13% e nel 2019 abbiamo circa 11 mila unità vendute. La robotica industriale si conferma un mercato crescente. I dati del 2020 sono ancora parziali, le previsioni di Siri e Centro Studi Ucimu parlano di un calo di vendite in Italia del 18% con 7.437 nuovi robot, ma si tratta di un anno particolare e tutto fa pensare che, una volta passato il momento critico, il mercato riprenderà in modo vigoroso”.

A dare una spinta positiva, comunque, sarà anche il rinnovato piano Transizione 4.0 che metterà sul tavolo tutta una serie di incentivi a supporto della digitalizzazione delle imprese.

“La decisione del governo di confermare gli incentivi all’investimento del piano 4.0 – prosegue Rocco – potrà avere un impatto positivo sugli investimenti delle imprese. Io vedo un fermento notevole, in particolare a livello delle piccole e medie imprese che magari non si sono ancora affacciate all’automazione ma che sentono il bisogno di farlo e vogliono trovare gli strumenti adatti. Nell’ambito della robotica collaborativa, ad esempio, cresce sempre di più l’interesse delle Pmi. Benissimo, quindi, gli incentivi e il tentativo di aiutare il tessuto produttivo italiano a rinnovarsi per rimanere competitivi”.

I Cobot e la democratizzazione della robotica

Gualtiero Seva Fanuc

In forte crescita quindi, anche se resta ancora un mercato relativamente nuovo, tutto  il segmento dei robot collaborativi, quelli che garantiscono standard di sicurezza tali da permetterne l’uso a contatto con l’operatore umano, che hanno raggiunto una quota di mercato del 4,8% sul totale dei robot venduti.

“Nel panorama della robotica si è affacciato il cobot, che ribalta il concetto tradizionale della robotica, che prevedeva un programma ben definito e un robot che faceva tutto e solo quello che veniva programmato”, spiega Seva (Fanuc). “Con il robot collaborativo, invece, andiamo verso un’idea di interazione con l’uomo che, in questo momento di pandemia in cui abbiamo la necessità di mantenere la distanza tra gli operatori, è sicuramente strategico. Macchine che, integrate con tecnologie di elaborazione dati e intelligenza artificiale, daranno, sicuramente, un impulso molto forte. Chiaramente, come in tutte le applicazioni tecnologiche, sta molto in chi le progetta andare a trovare funzioni e applicazioni nuove. Ma in questo momento siamo a un punto in cui la creatività, anche quella italiana, ci permette di usare strumenti che sono ormai maturi in campi che fino a qualche tempo fa erano ritenuti impossibili”.

L’innovazione della tecnologia del robot collaborativi, come primo impatto, “è quella di togliere le barriere con robot sempre più sicuri e utilizzare al meglio lo spazio disponibile in officina”, prosegue Seva. “I robot tradizionali sono progettati per andare al massimo della velocità, con ritmi di produzione molto serrati, ma in totale autonomia. Nei collaborativi, invece, si affianca all’operatore che deve fare operazioni di assemblaggio, composizione, ispezione per rendergli la vita più facile.  Il nostro robot da 35 kg, ad esempio, era nato in una linea automotive per sollevare la ruota di scorta e inserirla nel bagagliaio. Operazione fastidiosa per l’uomo, perché la ruota di scorta è pesante, ingombrante. Da qui, però, è nata l’ipotesi di fargli fare operazioni più complesse, dove poter collaborare attivamente con l’uomo per operazioni che richiedono maggiore precisione. E questa è la grande sfida che stiamo affrontando: rendere i robot più facili da usare, con un tipo di programmazione meno strutturata, che vada ad imparare dall’esperienza dell’operatore”.

Mentre i robot tradizionali sono in grado di operare ad altissima velocità, hanno cadenze molto elevate con volumi di produzione importanti, ma sempre uguali, i robot collaborativi sono più piccoli, magari più lenti, ma riescono meglio a seguire le esigenze dell’operatore e a imparare. “Questo è un grimaldello che permette di portare l’automazione anche nelle piccole e medie imprese”, chiosa Seva. “Perché se il robot ad alta velocità va nelle grandi aziende, storicamente del settore automotive, il cobot sta entrando nelle piccole e medie, e questo è fondamentale per cambiare la cultura dell’automazione”.

“La robotica collaborativa è attraente per le Pmi per diverse ragioni”, aggiunge Rocco. “Per la facilità di installazione, il risparmio sia in termini economici che di spazi, la facilità di messa in servizio e di programmazione. Tutti elementi che rendono questi robot particolarmente interessanti per chi nella Pmi abituata a produzioni manuali vuole passare a un livello iniziale di automazione. Si tratta della ‘democratizzazione della robotica’, che diventa alla portata di tutti quelli che operano nei processi produttivi. C’è, però, il fatto che le operazioni collaborative non sono ancora del tutto standardizzate e la robotica collaborativa sconta, in questo momento, la caratteristica di essere ancora una tecnologia giovane. Mentre tutti sappiamo cosa può fare un  robot per la saldatura o per la verniciatura, non è ancora chiarissimo che cosa voglia dire il robot collaborativo per l’assemblaggio o per altre operazioni. Quando riusciremo a fare questo salto e a definire e standardizzare le operazioni collaborative allora davvero scoppierà il boom della robotica collaborativa”.

L’intelligenza artificiale e il “TikTok” della robotica collaborativa

A dare nuovi stimoli, comunque, ci sono anche le applicazioni di intelligenza artificiale che possono permettere di fare passi avanti notevoli in questo comparto.

“L’intelligenza artificiale aiuta in vari modi, soprattutto nel momento in cui la si associa al robot collaborativo”, sottolinea Rocco. “Se in un’applicazione integriamo un sistema di visione cognitiva che permette di vedere che cosa fa l’operatore, è possibile adeguare il cobot  alla persona che ha davanti, permettendogli di sincronizzarsi con la velocità dell’uomo. Questo sarà un grosso passo avanti perché il robot potrà imparare dal comportamento umano. La combinazione tra robotica e intelligenza artificiale e l’introduzione della consapevolezza di quello che si può fare con il collaborativo, quindi, darà sicuramente un impulso notevole alle applicazioni collaborative”.

“Il salto di qualità l’avremo nel momento in cui renderemo più semplice l’utilizzo del robot collaborativo – aggiunge Seva – nel momento in cui riusciremo a fare in modo che un operatore normale possa utilizzarlo quotidianamente. Recentemente abbiamo introdotto un nuovo modello di collaborativo, il CRX, che fa un passo in avanti in questa direzione. In questo caso abbiamo lavorato sul metodo di programmazione e, oltre a quello classico che si fa scrivendo un programma e a quello in cui sposto fisicamente il robot e memorizzo la posizione, abbiamo pensato anche a una programmazione a icone. Tutti i millennials, ormai, lavorano con gli schemi a blocchi e in questa maniera riusciamo ad avvicinarci a queste nuove generazioni di operatori che nascono digitali. Abbiamo creato una sorta di TikTok dei robot”.

Una cultura della robotica per vincere la diffidenza

Ma se le macchine sono ormai pronte per questo passaggio epocale verso una automazione più spinta, così non è ancora per le persone, che spesso vivono l’ingresso del robot in fabbrica con qualche timore.

A focalizzare questo tema Ettore Vichi del Biesse Group di Pesaro, che da 50 anni si occupa di progettazione e fornitura di macchine per i produttori di arredamenti, serramenti, componenti per l’edilizia nautica ed aerospace. “Bisogna fare un cambio culturale all’interno delle aziende – spiega – e, soprattutto, far passare il concetto che il robot non porta via il lavoro alle persone. Al contrario l’insediamento dell’automazione, nella fattispecie dei robot, porta l’azienda a fare un salto collaborativo e qualitativo che richiede competenze specifiche, moderne, per progettare, mantenere e pilotare le tecnologie che entrano in azienda. I millenials sono più proiettati alla gestione di interfacce semplici e l’imprenditore deve essere pronto a recepire l’innovazione. Noi notiamo che attualmente sono le  Pmi quelle più attratte dall’innovazione e dalla robotica e stiamo spingendo come gruppo per inserire nei nostri impianti più automazione e robotica. Anche perché, in questo momento di incertezza e di alti e bassi, la piccola e media impresa è quella che è ripartita più velocemente sul fronte degli investimenti in modo quasi inaspettato”.

Il ruolo dei Competence center: al Bi-Rex due progetti di robotica collaborativa

In prima linea in questa partita verso la digitalizzazione anche i Competence center, le otto strutture create dal Ministero dello Sviluppo Economico per dare un impulso alla digitalizzazione delle imprese. Centri che in molti casi hanno avviato linee pilota dove poter testare le nuove tecnologie. Tra questi il Bi-Rex di Bologna, che ha tra le sue linee di indirizzo anche quella legata alla robotica collaborativa.

“Abbiamo realizzato una smart factory in miniatura – spiega il general manager, Stefano Cattorini – una linea di produzione all’avanguardia in grado di integrare le tecnologie 4.0 con quelle digitalmente interconnesse, da quelle più tradizionali fino a quelle più avanzate come la robotica collaborativa o i veicoli a guida autonoma. Il tutto in un ambiente che raccoglie in un data center locale, aperto anche al public cloud, tutti i dati provenienti dai sensori delle macchine, permettendo alle Pmi di trovare soluzioni e fare un’attività di ‘test-before-invest’. La robotica è una delle 4 aree fondamentali in cui è divisa la nostra linea pilota, con una parte di simulazione di processi logistici 4.0, stazioni di assemblaggio, movimentazione di semilavorati, robotica collaborativa”.

Un’area che è a disposizione anche dei progetti che hanno partecipato ai bandi aperti dal Competence Center per una collaborazione di sviluppo sperimentale e ricerca industriale volti sopratutto alle Pmi. “Abbiamo premiato, nel nostro primo bando due idee progettuali che saranno sviluppate proprio nella nostra linea pilota. Il primo progetto è un cobot mobile e modulare ottenuto integrando un veicolo robotizzato e una piattaforma con braccio robotico il cui obiettivo è quello di preparare componenti, materiali e utensili che verranno, poi, utilizzati secondo i diversi compiti assegnati dall’operatore. Il secondo progetto è, invece, quello di una cella riconfigurabile di assemblaggio collaborativo con sistemi di percezione e integrazione con la robotica mobile. Di fatto si applicano meccanismi di intelligenza artificiale che permettono al robot di riconoscere le forme differenti dei diversi oggetti e questo ha diversi use case, dal confezionamento al montaggio e alla marcatura”.

Dal giallo al bianco, tre generazioni a confronto aspettando l’e-learning

Ma la trasmissione è stata anche l’occasione per conoscere le diverse tipologie della robotica che sono evidenziate all’interno dello show-room di Lainate di Fanuc: uno spazio per permettere ai clienti di avere una panoramica di tutte le nuove tecnologie di robotica, affiancato a un’academy dove è possibile anche fare formazione per diffondere tecnologia e conoscenza del mondo dell’automazione.

Un percorso raccontato da Simone Cerroni e Marcello Madella, application engineer di Fanuc Italia, in un viaggio tra robot a tre colori. I robot gialli, come l’M2000, un gigante che ha una portata al polso di 1.700 kg, uno sbraccio di quasi 5 metri e che viene utilizzato per spostare scocche di auto nell’industria automotive; i robot verdi, denominati CR, i collaborativi, che movimentano pesi inferiori e a minore velocità per permettere una interazione sicura con l’uomo; e poi i modelli di ultima generazione, i CRX, più piccoli e contraddistinti dal colore bianco, che possono essere comandati anche da tablet e possono raggiungere velocità più elevate, fino a 1 metro al secondo, mantenendo comunque i parametri di sicurezza necessaria al contatto con l’operatore.

“Il prossimo step sarà l’e-learning – conclude Madella – l’auto apprendimento neurale che permetterà di acquisire informazioni vocali o attraverso il gesto. Già esistono applicazioni in questo senso dove il robot può essere fermato e comandato con i gesti della mano e questo penso che sarà il futuro”.

Valuta la qualità di questo articolo

C
Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 3