Nell’era del digitale e con l’avvento dei robot le competenze non cognitive diventano sempre più importanti

Le soft skills e le abilità sociali ed emotive diventano sempre più importanti. Creatività, innovazione, imprenditorialità, empatia e lavoro di gruppo sono le competenze fondamentali per lavoratori che non devono temere l’avvento dei robot. Il rapporto “The changing nature of work and skills in the digital age”, realizzato dall’Eu Science Hub e dal Joint Research Centre della Commissione europea

Pubblicato il 06 Dic 2019

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La tecnologia trasforma, distrugge e crea attività e funzioni, portando a profondi cambiamenti nel mercato del lavoro. In questo scenario, in forte e veloce evoluzione anche per l’avvento di robotica e intelligenza artificiale, la strategia vincente è data da un mix tra competenze digitali e competenze non cognitive. Mentre, guardando all’orizzonte europeo, il panorama del lavoro e delle nuove skills si sta evolvendo in modo diverso all’interno dell’Ue, allargando il divario tra le regioni più ricche e dinamiche e quelle più arretrate e in difficoltà.

Sono alcune delle tendenze che emergono dal rapporto The changing nature of work and skills in the digital age, realizzato dall’Eu Science Hub e dal Joint Research Centre (Jrc), i centri di ricerca scientifica della Commissione europea. E su un punto l’analisi dell’Ue è definitiva: “le competenze non cognitive sono, e saranno sempre di più, fondamentali nel nuovo mondo dell’era digitale”.

Ma cosa sono le competenze e capacità non cognitive? Sono definite in diversi modi: soft skills, tratti della personalità, caratteriali, abilità umane, alfabetizzazione umana, abilità del 21esimo secolo, abilità di vita, competenze chiave o abilità sociali ed emotive.

Queste competenze non cognitive comprendono tra l’altro: apertura mentale, apertura all’apprendimento e al cambiamento, flessibilità, curiosità, innovazione, creatività, imprenditorialità, resilienza, pianificazione. Ma anche responsabilità, perseveranza, lavoro di squadra, comunicazione, iniziativa, socialità, empatia, collaborazione, controllo emotivo e positività.

In futuro, per la maggior parte dei posti di lavoro, si prevede che sarà necessario un livello moderato di competenze digitali e forti competenze non cognitive, ad esempio comunicazione e lavoro di squadra. Dato che i processi di produzione basati sulla tecnologia diventano sempre più complessi e interconnessi, ai lavoratori è sempre più richiesto di organizzare questi processi e di coordinarsi tra loro, spesso utilizzando strumenti digitali.

Un altro studio condotto sempre a livello europeo sostiene che, per far fronte a circostanze sconosciute e in evoluzione – che più caratterizzano gli ambienti di lavoro futuri – le varie attività richiederanno che i lavoratori siano dotati di competenze diverse, oltre a quelle tecniche: capacità cognitive e meta-cognitive, come ad esempio, pensiero critico, pensiero creativo, apprendimento.

Niente sarà più come prima (no panic)

Social media manager, host di Airbnb, influencer, specialista Seo, app developer, driver di Uber. Ma anche ingegnere di auto a guida autonoma, podcast producer e drone operator: questi sono solo alcuni dei lavori che non esistevano 10 anni fa. Cosa accadrà in futuro? Cosa faranno i bambini di oggi quando avranno 25 anni? Nell’Unione europea, la rivoluzione tecnologica sta provocando forti cambiamenti nel mondo del lavoro.

Alcuni posti di lavoro vanno persi a causa dell’automazione. Altri sono in fase di trasformazione e di creazione di nuovi. Di conseguenza, anche le competenze di cui abbiamo bisogno stanno cambiando. Alcuni lavori sono altamente vulnerabili allo sviluppo hi-tech: i lavori più esposti all’automazione sembrano essere quelli che richiedono livelli bassi di istruzione formale, quelli che non implicano interazioni sociali relativamente complesse e quelli che comportano compiti manuali di routine.

I tipi di posti di lavoro che si prevede cresceranno di più nell’Ue entro il 2030 sembrano essere quelli che richiedono un’istruzione superiore, un uso intensivo delle competenze sociali e interpretative, e almeno una conoscenza di base delle tecnologie ICT e Digitali. “In futuro, è probabile che sarà sempre più richiesto un livello moderato di competenze digitali abbinato a forti competenze non cognitive. La crescente importanza delle competenze digitali e non cognitive si riflette nell’aumento delle differenze salariali tra i lavoratori che sono dotati di tali competenze e quelli che non lo sono”, sottolinea il Report dell’Eu Science Hub.

Tuttavia, la carenza di competenze digitali rimane molto forte: un terzo della forza lavoro dell’Ue non ha competenze digitali o sono scarse, e un gran numero di lavoratori non è pronto a rispondere alla crescente domanda di competenze digitali.

L’automazione inciderà su milioni di posti di lavoro

I timori per la sostituzione di posti di lavoro con macchine e nuovi strumenti hanno sempre accompagnato le fasi di svolta tecnologica. “Un’osservazione generale della situazione esistente è che, a oggi, l’effetto del cambiamento tecnologico sull’occupazione sembra essere neutro o addirittura positivo, una volta che i processi di aggiustamento tra imprese e settori sono stati valutati in maniera adeguata”, rileva l’analisi del settore. Almeno per ora.

Le stime della quota di posti di lavoro che potrebbero essere automatizzati in futuro variano notevolmente: secondo alcuni studiosi, sarebbero almeno 700 le funzioni e professioni a rischio di impatto hi-tech, e il 47% dell’occupazione totale negli Stati Uniti è ad “alto rischio” di automazione. Mentre nei Paesi dell’Ue la percentuale di posti di lavoro ad alto rischio di informatizzazione varia dal 45% a oltre il 60%.

Altri studi stimano invece che solo il 9% dei posti di lavoro è ad alto rischio di essere automatizzato nei Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), con valori che vanno dal 6% in Corea al 12% in Germania e Austria. Altre valutazioni ancora indicano che la quota di posti di lavoro ad alto rischio di automazione varia dal 6% in Norvegia al 33% in Slovacchia, contro una media del 14% nei Paesi Ocse. Utilizzando una metodologia diversa, altri ricercatori stimano percentuali più alte di posti di lavoro completamente automatizzabili, che vanno dal 37% in Norvegia al 70% in Cecenia.

In più, un dato lavoro può essere più suscettibile all’automazione in alcuni Paesi o regioni che in altri, a seconda dell’organizzazione del lavoro. In Francia, ad esempio, meno del 50% delle professioni non manageriali, professionali e tecniche nel settore tessile e del cuoio potrebbe potenzialmente essere automatizzato entro il 2030, mentre in Polonia questa cifra si avvicina al 78%. A sua volta, l’organizzazione del lavoro può variare notevolmente da un territorio all’altro, anche all’interno dello stesso settore e professione. Ciò può dipendere in gran parte dalla misura in cui sono state adottate le ondate tecnologiche del passato, come le Ict e i robot industriali.

Le nuove opportunità di lavoro

Molte analisi suggeriscono che gli effetti della tecnologia sulla creazione di posti di lavoro possono compensare la distruzione di quelli diventati obsoleti. Ad esempio, per 24 economie dell’area Ocse, gli studi mostrano che, spostando l’occupazione nei settori in cui ha origine, l’automazione porta a aumenti indiretti dell’occupazione nelle industrie clienti e aumenti della domanda aggregata, con conseguente crescita netta dell’occupazione.

Come cambiano modalità e tempi di lavoro

Ma è più facile determinare quali posti di lavoro saranno interessati dall’automazione piuttosto che prevedere quali tipi di posti di lavoro saranno creati nei prossimi anni. Anticipare la futura creazione di posti di lavoro è in realtà estremamente difficile in quanto dipende da tecnologie che attualmente non esistono o sono ancora in fase di sviluppo. Ad esempio, circa il 30% dei nuovi posti di lavoro creati negli Stati Uniti negli ultimi 25 anni non esisteva o aveva appena iniziato a emergere all’inizio dello stesso periodo.

Le competenze non cognitive rendono di più

“L’eterogeneità dei livelli salariali e di guadagno, soprattutto tra i lavoratori altamente istruiti, dipende sempre più dalle caratteristiche individuali legate alle competenze non cognitive”, fa notare il Report sui nuovi lavori dell’era Digitale. E sottolinea: “la creatività, l’innovazione, l’imprenditorialità, l’empatia e il lavoro di gruppo sono le competenze fondamentali per diventare ‘a prova di robot’. Il premio salariale per le competenze non cognitive è aumentato nel tempo. Sebbene difficili da misurare, le competenze non cognitive sono state collegate a migliori prestazioni accademiche e lavorative. Una potenziale ragione di questo legame a livello di prestazioni lavorative è la crescente complessità e interconnessione dei processi produttivi, sia all’interno delle aziende che tra di esse”.

Ad esempio, negli Stati Uniti, i rendimenti delle competenze non cognitive sono molto aumentati negli ultimi decenni, indipendentemente dal livello di competenze cognitive. Inoltre, la quota di posti di lavoro che richiedono un elevato livello di interazione sociale è aumentata del 12% negli ultimi 30 anni. E il mix tra conoscenze tecnologiche e abilità non tecniche è sempre più forte.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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