Microsoft crede nell’Intelligenza Artificiale e lancia Ambizione Italia

Microsoft crede nell’Intelligenza Artificiale e lancia Ambizione Italia, un programma che nasce prendendo atto dei dati sulla carenza di competenze e che punta a produrre un miglioramento nell’intera società. Presentato anche il progetto PHID nel quale Adecco investirà 6 milioni di euro

Pubblicato il 29 Set 2018

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L’intelligenza artificiale salverà l’Italia? Microsoft ci crede, e con lei un gruppo di partner tecnologici che oggi a Milano ha lanciato Ambizione Italia: un progetto di ecosistema che pone al centro le nuove competenze richieste dal mondo del lavoro. Un progetto di formazione pensato per ridurre la disparità fra gli skill disponibili e quelli davvero richiesti dall’industria, rivolto agli studenti ma non solo. La vera sorpresa della giornata però è stato scoprire che nell’intelligenza artificiale, nello sviluppo delle tecnologie e nella digitalizzazione ci crede anche il governo, che fino a oggi ci era sembrato un po’ latitante sui problemi connessi allo sviluppo tecnologico del Paese.

Durante la presentazione del progetto Emilio Carelli, deputato, giornalista ed esperto di comunicazione digitale, ha ribadito come lo sviluppo del digitale faccia parte da sempre del programma del Movimento 5 stelle, che lo ha inserito nel contratto di governo; e ha anche ricordato come poche settimane fa il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio abbia lanciato una “call for experts” per cercare 30 figure di altissimo livello che collaborino con il ministero nel definire una strategia italiana verso l’intelligenza artificiale. Inoltre, il governo starebbe valutando la possibilità di far partire progetti pilota di IA anche con piccole imprese e startup che da sole non sarebbero in grado di portare a compimento progetti complessi e di ampio respiro.

“Siamo fortemente convinti che l’IA avrà effetti dirompenti sull’industria, sul lavoro, sull’istruzione, con profonde implicazioni economiche, sociali e geopolitiche” ha dichiarato Carelli. “La corsa all’AI è già avviata, anche se l’Europa è forse in ritardo negli investimenti – ha proseguito – e proprio ieri a Bruxelles il governo italiano, presente con il ministro Luigi Di Maio, ha espresso apprezzamento per lo sforzo profuso dalla Commissione Europea nella costruzione di una strategia comune per l’intelligenza artificiale. L’Italia sostiene con convinzione questa iniziativa, che è sinergica con le iniziative assunte dal nuovo governo. La nostra posizione è che lo sviluppo dell’IA dovrebbe essere umano-centrico: l’intelligenza artificiale dovrebbe essere impiegata soprattutto per migliorare il benessere umano su scala globale. L’IA potrà infatti contribuire a rendere più efficienti i servizi della pubblica amministrazione, migliorando la salute e le condizioni di lavoro, riducendo gli sprechi e l’inquinamento, rendendo i processi produttivi più sostenibili e più competitivi. Infine, è imprescindibile che i sistemi di IA vengano sviluppati con la massima trasparenza rispetto alle decisioni che vengono prese dagli algoritmi usati. Infine, bisogna porre una questione etica su questi sviluppi tecnologici: la determinazione dei principi etici legati allo sviluppo dell’IA è una questione che dovrà essere discussa dai parlamenti”. Secondo Carelli, queste scelte non possono essere lasciate all’autoregolamentazione dei player del settore.

L’impegno unitario dei governi europei dovrebbe consentire all’Europa di giocare un ruolo di primo piano nello sviluppo delle tecnologie dell’IA. Il piano per l’Europa Digitale per il 2021-2027 metterà a disposizione 9,2 miliardi di euro per la digitalizzazione, che anche se saranno forse insufficienti vista la dimensione delle sfide, sono comunque un buon inizio e copriranno argomenti come il supercalcolo, l’IA, la cyber security e il rafforzamento delle competenze digitali.

Riguardo a quest’ultimo aspetto Carelli ha rivendicato l’aspetto formativo legato alla prossima introduzione del reddito di cittadinanza che “non è un premio ai fannulloni, tutt’altro: è uno strumento di solidarietà sociale che punterà tantissimo sulla formazione, e in questo senso si integra bene con l’iniziativa presentata oggi da Microsoft. Punterà sulla formazione e sulla riqualificazione di chi cerca lavoro, anche attraverso il potenziamento dei Centri per l’Impiego. Personalmente ritengo che l’intelligenza artificiale possa giocare un ruolo chiave in questo processo, offrendo soluzioni nuove sia all’orientamento di chi cerca lavoro, sia alla formazione”.

L’onorevole ha anche auspicato la creazione di sinergie fra il piano governativo e l’iniziativa presentata da Microsoft, nel quadro di un dialogo fra pubblico e privato che è vitale in un paese che ha bisogno di mettere insieme tutte le forze positive della società civile. “Secondo il governo del cambiamento, è fondamentale preparare il Paese a cavalcare le tecnologie digitali per aumentare la competitività sui mercati internazionali. In questo contesto l’IA potrebbe sicuramente rivestire un ruolo di acceleratore per crescita, produttività e opportunità d’impiego. Per tutte queste ragioni guardiamo con interesse all’iniziativa odierna di Microsoft, che conta di coinvolgere in pochi anni 2 milioni di studenti” ha concluso Carelli.

Accelerare sull’Intelligenza Artificiale

Silvia Candiani, AD di Microsoft Italia, ha poi delineato il contesto nel quale l’iniziativa è nata. “Si stima che di qui a due anni ci saranno circa 20 miliardi di oggetti interconnessi – spiega Candiani – dall’automobile ai semafori, dalle città intelligenti alla domotica alle fabbriche 4.0. Questo fa sì che il mondo sia sempre più digitale. Gli oggetti trasmettono informazioni in formato digitale e di conseguenza le aziende diventano sempre più digitalizzate nei loro processi. Ormai vediamo il mondo come un’unica piattaforma intelligente, con un “intelligent edge” abilitato da un “intelligent cloud” al centro che analizza le informazioni e permette alle persone di prendere decisioni sempre più informate e intelligenti su come fornire un servizio o produrre un oggetto. L’IA quindi sta diventando pervasiva a ogni livello, e ci permetterà di prendere decisioni migliori. È una grande opportunità ma anche una grande responsabilità, perché bisogna far sì che questo cambiamento avvenga in modo inclusivo, ovvero senza lasciare indietro le persone e senza separare ulteriormente chi ha determinate competenze da chi non le ha”.

Un recente studio del World Economic Forum e di McKinsey ha rilevato che l’IA potrebbe far raddoppiare la crescita dell’Italia, aggiungendo l’1% annuo al PIL, e lo stesso in altri Paesi. Questo però è particolarmente vero per l’Italia, sostiene Candiani, in quanto il nostro Paese per anni ha fatto ricorso all’outsourcing, ma ha sempre mantenuto qui la parte di creazione dei prodotti, l’ideazione e il progetto. Con l’intelligenza artificiale, una serie di compiti possono essere automatizzati, e quindi riportati qui consentendo (se il processo viene eseguito correttamente) di incrementare i fatturati e contribuire alla crescita del Paese, oltre ad avere riflessi positivi sull’occupazione.

Candiani ha poi mostrato alcuni progetti già operativi, di aziende operanti in vari ambiti: dalla sanità (Pillo) all’agricoltura (Crea, CNH), dai servizi di assistenza (Europ Assistance), dall’advertising (Publicis Media) alla formazione continua (MP), all’industria (Tenova).

“L’80% delle aziende considera la IA una priorità – puntualizza Candiani – ma solo il 15% sono partite con progetti pilota, contro la media europea del 30%. È prioritario accelerare”. È interessante notare che fra i fattori di successo dell’AI in Italia ci sia, oltre all’infrastruttura informatica adatta (cloud), all’approccio graduale all’adozione di soluzioni integrate e alla fiducia nella tecnologia come amplificatore del potenziale delle persone, un quarto requisito: la presenza di una leadership forte, capace di diffondere l’AI in tutta l’organizzazione. “Ma da tutte le ricerche emerge soprattutto un dato importante – prosegue Candiani – e cioè che il fattore che principalmente frena l’adozione dell’intelligenza artificiale è l’assenza di competenze. Oggi le competenze di chi è in grado di sviluppare modelli, di lavorare in modo olistico con l’IA, cioè prendere i dati, capirli e programmare l’IT necessaria a questi processi sono ancora rare. E non si tratta solo di assumere nuove persone, ma anche di riconvertire le persone che sono già in azienda”.

Partire dalle competenze

Il problema della carenza di skill non è solo italiano, ma nel nostro Paese è particolarmente grave. “Siamo 25esimi su 28 in Europa per quanto riguarda la competitività digitale e le competenze digitali – conferma Candiani – dietro di noi ci sono solo la Bulgaria e la Romania. La questione dunque è critica, e si ricollega al discorso del lavoro. È in un certo senso un paradosso che in Italia ci sia un 10,9% di disoccupazione (con punte del 31,7% fra i giovani, del 40% fra le giovani donne, e del 19,4% al Sud) e contemporaneamente ci siano 135mila posti di lavoro nell’IT che non sono coperti. Un mismatch che è raddoppiato negli ultimi due anni”.

Da questi dati è partito il progetto Ambizione Italia, che mira a dare competitività alle aziende ma anche al Paese. Perché è inevitabile che l’adozione dell’AI si trasformerà in una competizione fra sistemi Paese, nella quale i sistemi che sapranno sfruttare al meglio le nuove tecnologie saranno avvantaggiati rispetto a quelli che si troveranno a rimanere indietro.

Secondo Microsoft, è fondamentale partire dalle competenze. Bisogna lavorare sulle scuole perché insegnino le competenze richieste, ma anche su chi già lavora per migliorare la sua “impiegabilità” sui nuovi paradigmi. Ma per essere efficaci non bisogna trascurare altri aspetti. C’è da lavorare sulla trasformazione digitale delle imprese e delle amministrazioni pubbliche, ed è necessario confrontarsi sui principi etici dell’uso dell’IA.

“Noi abbiamo sempre sostenuto la visione dell’IA come ausilio alla persona, che viene messa in grado di svolgere meglio il suo lavoro, e non come tecnologia di sostituzione. Ma quali sono i principi per evitare che l’IA sia in qualche modo distorta? Come possiamo far sì che sia trasparente, che sia qualcosa a cui possiamo appoggiarci e che nel contempo crei valore per la società?” si chiede Candiani. Dalle risposte a queste domande dipende in ultima analisi il successo dell’IA. Che non sarà dato da parametri quali l’incremento di competitività, ma piuttosto dal miglioramento che produrrà nella società, da come riuscirà a rendere il progresso più sostenibile.

Le molteplici aree di intervento che verranno toccate dal progetto Ambizione Italia

L’impegno concreto

A fronte di tutte queste domande e delle tante carenze, Microsoft si è chiesta come poteva essere d’impatto per aiutare il processo di cambiamento, e da qui nasce il progetto Ambizione Italia. “Ci siamo dati degli obiettivi ambiziosi: arrivare entro il 2020 a “toccare” due milioni di persone. In concreto, ci proponiamo di arrivare ad avere 50mila persone certificate – dai cloud architect ai cyber security expert – con competenze spendibili e riconosciute, 500mila formate con nuove competenze, attraverso corsi nostri o di partner, e 2 milioni che ricevano un impatto dall’iniziativa, prendendo consapevolezza. Il tutto non da soli, ma con un piccolo numero di partner, visionari che hanno creduto in questo progetto insieme con noi, e che spero sia l’inizio di un processo che possa aggregare sempre più aziende” conclude Candiani.

I partner in questione sono The Adecco Group, LinkedIn, Grow It, Fondazione Mondo Digitale, Cariplo Factory e Invitalia. Ma Ambizione Italia è un piano operativo che è aperto a tutti coloro che vogliano contribuire al futuro del Paese. Microsoft ha annunciato che investirà nel piano 100 milioni di euro.

Gli obiettivi del progetto Ambizione Italia

La piattaforma Phid

La prima manifestazione concreta del piano di Microsoft e dei suoi partner sarà Phid, una piattaforma per la formazione professionale nella quale Adecco investirà 6 milioni di euro. La piattaforma, che sarà online verosimilmente entro la fine dell’anno, si rivolge non alle aziende ma alle persone: lo scopo è di permettere un’autovalutazione dei propri skill e un confronto fra questi ultimi e le competenze richieste dal mondo del lavoro, in modo da permettere a chi cerca un impiego, o vuole cambiare il ruolo attualmente ricoperto, di poter elaborare piani personalizzati di formazione che li rendano interessanti per il mercato.

Phid sarà un’azienda a sé stante, non si occuperà di ricerca del personale (quel segmento è coperto da altri player, come la stessa Adecco) e sarà multipiattaforma. Nel senso che oltre al portale Internet avrà anche degli spazi fisici: attualmente ne è previsto uno, che aprirà presto a Milano, ma se l’iniziativa avrà il successo previsto è facile ipotizzare l’apertura di altre sedi.

Inoltre, Phid porterà elementi di “gamification” nel processo: il check-up iniziale fornirà un punteggio, e l’utente vedrà aumentare i suoi punti in base alle competenze acquisite mano a mano. Su Phid abbiamo realizzato una breve videointervista con Andrea Malacrida, AD di Adecco Group Italia.

Per finire, una nota di colore. Durante il convegno, sotto lo schermo passavano in tempo reale i sottotitoli dei discorsi dei relatori. Ma quando i relatori parlavano italiano, i sottotitoli erano in inglese, e viceversa. L’enigma è stato svelato alla fine: non erano sottotitoli ma un servizio di traduzione in tempo reale, operato da un sistema di intelligenza artificiale, in grado di ascoltare una persona, trascrivere sotto forma di testo le sue parole e tradurle simultaneamente in una lingua a scelta. La traduzione non era perfetta ma sicuramente più che accettabile. A occhio, meglio di quella da testo a testo di Google Translate, per fare un esempio noto a tutti. È stata sicuramente la miglior dimostrazione che l’IA, ormai, non è più solo ricerca scientifica di frontiera, ma tecnologia spendibile nella vita di tutti i giorni.

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Renzo Zonin
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