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L’industria che apprende: ecco come Lamborghini usa l’AI nei propri processi manifatturieri



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Il percorso di Lamborghini testimonia come l’uso dell’AI nel settore manifatturiero possa diventare uno strumento per gestire la complessità produttiva e valorizzare l’interazione tra artigianalità, dati e automazione

Pubblicato il 25 nov 2025



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Il ricorso all’intelligenza artificiale in ambito manifatturiero ha ormai superato la fase sperimentale ed è diventato parte integrante delle strategie industriali. Lo ha spiegato Ranieri Niccoli, Chief Manufacturing Officer di Automobili Lamborghini, nel corso dell’AI Operations Forum 2025 organizzato da Bonfiglioli Consulting. La sua testimonianza consente di leggere la trasformazione digitale non come un progetto tecnologico, ma come una ridefinizione strutturale del modo di produrre: un passaggio da sistemi reattivi a modelli predittivi, fondati sull’analisi dei dati e sulla collaborazione uomo-macchina.

L’evoluzione organizzativa e la gestione della complessità

Negli ultimi anni la manifattura di alta gamma ha dovuto affrontare una sfida sempre più diffusa: gestire una personalizzazione spinta senza compromettere l’efficienza dei processi. Lamborghini rappresenta un esempio significativo di questo equilibrio, avendo sviluppato una produzione con migliaia di varianti possibili per singolo veicolo e un alto grado di integrazione tra reparti.

Come ha ricordato Niccoli, la complessità non è un ostacolo occasionale, ma una condizione strutturale di ogni impresa che opera in segmenti a basso volume e alta specializzazione. Governarla richiede una trasformazione culturale, prima ancora che tecnologica: «La personalizzazione estrema non si controlla standardizzando tutto, ma imparando a interpretarla», ha osservato.

Il punto non è dunque l’automazione in sé, ma la costruzione di un modello di fabbrica che apprende, in grado di adattarsi ai cambiamenti e di utilizzare i dati per anticipare le criticità.

Il modello produttivo come ecosistema

Nel caso Lamborghini la produzione è concepita come un ecosistema interconnesso in cui la qualità nasce dall’interazione tra risorse umane, organizzazione e tecnologie. Il processo non separa le fasi artigianali da quelle digitali, ma le integra: la componente manuale resta determinante, ma viene supportata da sistemi informativi che riducono gli errori e consentono una tracciabilità completa.

Niccoli ha definito questo approccio “Manifattura Lamborghini”, ma la sua struttura riflette una tendenza più ampia: quella delle imprese che, pur operando in contesti di lusso o alta specializzazione, adottano criteri di efficienza e sostenibilità propri dell’industria avanzata.

L’obiettivo è coniugare la flessibilità tipica della produzione su misura con la precisione del dato, costruendo un linguaggio comune tra chi progetta e chi realizza.

Digitalizzare non per automatizzare, ma per comprendere

La trasformazione digitale iniziata oltre un decennio fa è servita innanzitutto a creare una base informativa coerente, capace di unificare i flussi produttivi e gestionali. L’automazione, in questo scenario, non viene descritta come sostituzione del lavoro umano, bensì come strumento per ridurre la dispersione informativa e semplificare la gestione delle varianti.

Il risultato è una fabbrica che può contare su dati unificati, accessibili e aggiornati in tempo reale, e su operatori che lavorano con sistemi di supporto in grado di guidare ogni fase produttiva. Questa impostazione ha permesso di superare la logica dei controlli ex post, spostando l’attenzione sulla prevenzione degli errori e sulla coerenza dei processi.

Secondo Niccoli l’effetto più rilevante non riguarda la tecnologia in sé, ma la sua capacità di liberare risorse cognitive: «L’obiettivo è che le persone si concentrino su ciò che genera valore, non sulla gestione della complessità».

Dati, predizione e apprendimento continuo

La progressiva digitalizzazione ha creato le condizioni per introdurre applicazioni di intelligenza artificiale a supporto del processo decisionale. Gli algoritmi vengono utilizzati per analizzare pattern produttivi, correlare dati storici e individuare condizioni che in passato hanno generato difetti o inefficienze.

In pratica, si tratta di sistemi predittivi che trasformano il dato in conoscenza e la conoscenza in prevenzione. L’obiettivo è evitare che un’anomalia emerga a valle della produzione, quando i costi di intervento sono più alti, anticipando invece la rilevazione delle cause attraverso l’analisi automatica di grandi volumi informativi.

Un principio analogo viene applicato alla pianificazione dei flussi, dove la capacità di calcolo dell’intelligenza artificiale consente di gestire simultaneamente centinaia di variabili legate ai tempi, alle risorse e alle priorità di produzione. Non si tratta di automazione rigida, ma di un supporto dinamico alle decisioni, che restituisce agli operatori la possibilità di adattare la produzione alle esigenze effettive del momento.

La governance dei dati come fondamento dell’AI nel settore manifatturiero

Niccoli ha sottolineato che l’introduzione dell’AI non è possibile senza una base dati solida e verificabile. La costruzione di un archivio digitale integrato, sviluppato nel corso di oltre dieci anni, ha permesso di raccogliere informazioni non solo di produzione, ma anche di progettazione, logistica e assistenza. È su questa infrastruttura informativa che si fondano le applicazioni di intelligenza artificiale.

Da qui deriva una lezione utile per l’intero comparto industriale: l’AI non si implementa, si coltiva. Non può esistere senza una governance chiara dei dati, una definizione dei ruoli e un obiettivo di miglioramento concreto.

Per questo, all’interno dell’azienda, ogni progetto viene valutato sulla base di un valore industriale misurabile: non una sperimentazione fine a sé stessa, ma un’iniziativa che produca benefici tangibili in termini di efficienza, qualità o capacità di personalizzazione.

Un caso di adattamento, non di celebrazione

L’esperienza raccontata da Niccoli non si presta a essere letta come una narrazione di successo unilaterale, ma come la testimonianza di un processo di adattamento progressivo. La manifattura contemporanea, anche nei contesti più esclusivi, si trova a ridefinire il proprio equilibrio tra persone e algoritmi, tra controllo e flessibilità.

Il percorso intrapreso da Lamborghini mostra che l’AI nel settore manifatturiero può diventare una leva di maturità organizzativa, purché sia inserita in una visione che parte dai dati, attraversa la cultura aziendale e arriva fino alle competenze delle persone. La digitalizzazione non è un traguardo, ma una forma di apprendimento collettivo che trasforma il modo stesso di interpretare la produzione.Nel racconto di Niccoli non emerge un’industria che si affida ciecamente alla tecnologia, ma un’impresa che cerca di integrare intelligenza e mestiere, riducendo la distanza tra analisi e azione. È questa la direzione in cui l’AI sembra spingere l’intero settore manifatturiero: verso fabbriche più consapevoli, capaci di imparare dai propri dati tanto quanto dalle proprie persone.

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